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Watchmen, fumetto e serie tv tra distopia e realtà

14 minuti di lettura

«Who Watches the Watchmen?». Immaginate di camminare per una via anonima, magari di una grande metropoli e di scorgere sopra un muro un graffito con su scritto: «Who Watches the Watchmen?» (Chi sorveglia i sorveglianti?). La vostra mente inizierebbe a vagare, cercando, in cuor vostro, il reale significato che si cela dietro quella frase. Sicché, sempre la vostra cara mente inizierebbe a focalizzarsi su una parola: Watchmen. Chi sono gli Watchmen?

Dall’immaginario di Alan Moore, Watchmen è una miniserie a fumetti. In teoria le vicende esposte rientrano nell’universo fumettistico DC Comics, ma i fatti narrati sono del tutto esterni a quel mondo. I protagonisti si fanno chiamare Watchmen e sono dei comuni umani che “giocano” a fare i supereroi. Maschera, mantello, arti marziali, essi hanno il compito di proteggere il mondo dai criminali. Fatta eccezione per uno di loro, la peculiarità di quei supereroi è quella di essere privi di poteri.

Se Alan Moore ha creato un vero e proprio universo narrativo, nel quale i supereroi sono presentati nel loro aspetto più umano e quotidiano; e se sempre, grazie a lui, per la prima volta i suddetti eroi, decostruiti nel loro archetipo più convenzionale, si trovano ad affrontare questioni etiche e personali, si deve proprio al suo genio.

Genio che ha portato il fumettista britannico ad avere una certa fama, il cui pubblico ha saputo venerare quest’opera, vista come una vera e propria pietra miliare. Nel 2009 il regista Zack Snyder ha realizzato un ottimo prodotto cinematografico, basandosi interamente sui fatti narrati nel fumetto.

Dieci anni dopo, invece, Damon Lindelof ha deciso di realizzare una vera e propria serie TV. Accolta con un certo scetticismo ed entusiasmo, Watchmen raccoglie quell’eredità fumettistica intessuta all’interno di un prodotto del tutto innovativo. In questo articolo verranno analizzati alcuni punti essenziali della miniserie, avvisandovi, tuttavia, che saranno presenti spoiler.

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Watchmen, la miniserie

Watchmen

Se, a seguito del primo annuncio, Watchmen sembrava una serie che riprendesse il mondo descritto e creato da Alan Moore, alla visione del primo teaser i vari entusiasmi furono del tutto stravolti. Le idee si perdevano in mille interrogativi: ci sono nuovi Watchmen? Ci saranno i soliti supereroi? Chi sono quelli che indossano le maschere?

In effetti, la miniserie Watchmen è ambientata negli Stati Uniti in un 2019 del tutto alternativo. Ormai sono passati 34 anni dal misterioso avvenimento che colpì New York nel 1985. Il Dottor Manhattan è ancora in esilio volontario su Marte. I vigilanti mascherati sono ancora illegali, a seguito del Decreto Keene del 1977.

Tuttavia, in alcune città la presenza della maschera non sembri destare problemi. Tra queste, la città di Tulsa (Oklahoma) accoglie una vera e propria polizia mascherata, aiutata da alcuni vigilanti-detective, anch’essi celati sotto false identità. Ed è qui che l’intera narrazione si svolge, presentando i vari protagonisti. Tra questi abbiamo Sorella Notte, nota anche come detective Angela Abar (Regina King).

L’azione della donna, coadiuvata da altri strambi personaggi come Terrore Rosso (Andrew Howard) e Specchio (Tim Blake Nelson), si scontra con quella del Settimo Cavalleria, un gruppo clandestino, i cui membri indossano la maschera del celebre vigilante Rorschach. A dirigere le azioni contro il gruppo terroristico vi è il commissario Judd Crawford (Don Johnson).

Tuttavia, sarà la morte di quest’ultimo a dare avvio alle vicende presenti nella serie. Trovato impiccato ad un albero, Sorella Notte cerca di ricostruire chi e cosa si cela dietro la morte del commissario. Se è suicidio o omicidio, sembra che tutto parta da lì, da quella morte misteriosa. Attorno alla donna, si affiancano volti nuovi e, soprattutto, volti noti, i vecchi Watchmen di sempre, chi in veste del tutto nuova, e chi, invece in abiti di sempre.

Nuovi Watchmen…

Watchmen, Sorella Notte e Specchio

Senza ombra di dubbio, è qui che vige l’elemento di assoluta novità: nuovi eroi mascherati. Nel mondo di Watchmen, tutto ciò che hanno lasciato i vecchi vigilanti mascherati viene ereditato, creando, in alcuni casi, un vero e proprio culto da seguire, sebbene l’idea di maschera dia spazio a numerose riflessioni in merito.

Sorella Notte è la paladina che sin dai primi minuti della serie assume un ruolo ben delineato. È una donna forte, tenace, sicura delle sue qualità e in grado di far impallidire ogni criminale. Ha un passato tenebroso, che volutamente decide di conoscere ingerendo il Nostalgia, un farmaco che fa rivivere i ricordi passati. In quelle visioni scopre la sua origine: è nipote di Giustizia Mascherata (Louis Gossett Jr.), storico membro fondatore dei Minutemen. Il suo è un personaggio chiave, la cui funzione sarà importante soprattutto nelle battute finali della serie.

Specchio è un vigilante solitario, anche lui a servizio della polizia di Tulsa. All’inizio, la sua caratterizzazione risulta molto enigmatica, anche in virtù della sua ostinazione nel torturare i criminali con metodi alquanto bizzarri. Sicché, vi sarà un’intera puntata incentrata su di lui in cui si scopre che egli ha subito il fatidico dramma del 1985, soffrendo di stress post-traumatico. Ha una personalità fortemente paranoica e crede che la Terra sarà invasa da un momento all’altro dagli alieni, proprio come fece quello strano calamaro gigante, comparso improvvisamente a New York 34 anni fa.

Infine il Settimo Cavalleria, un gruppo terrorista fautore della supremazia bianca. Essi si sono impossessati del diario di Rorschach, la cui verità del 1985 è presente al suo interno. Indossano maschere che ricordano quella del noto vigilante, e hanno come scopo quello di “proteggere” il piano del senatore Joseph “Joe” Keenes Jr. (James Wolk): acquisire i poteri di Dr. Manhattan.

… e vecchi Watchmen

Watchmen, Ozymandias

Ma qual è l’eredità che lasciano i vecchi Watchmen? È una domanda che scorre in sotterranea, man mano che la trama si dispieghi, assistendo, inoltre, al destino dei vecchi vigilanti mascherati. Ozymandias (Jeremy Irons), alias Adrian Veidt, è costretto a vivere in (auto)esilio, poiché il peso di ciò che fece nel 1985 ancora lo perseguita, benché la domanda resti sempre: «Ho fatto la cosa giusta?».

Spettro di Seta II (Jean Smart), alias Laurie Blake, ha deciso di sfruttare le sue qualità di eroina per arruolarsi nel FBI, divenendo un’agente che dà la caccia ai vigilanti mascherati. Ironia della sorte, colei che accettò volentieri il Decreto Keene nel 1977, da vigilante mascherata, membro degli Watchmen, diventa il primo incubo degli eroi mascherati sparsi per gli Stati Uniti, rifiutando per sempre di indossare gli abiti che l’hanno resa famosa. Infatti, sebbene la sua storia si intreccia con quella della serie, sarà l’unico ex Watchmen a non indossare il vecchio costume.

Ma, tra tutte, la domanda che perseguita ogni spettatore è la seguente: dov’è Doctor Manhattan (Yahya Abdul-Mateen II)? Il dio, a cui tutti ambiscono di possederne i poteri, vive sotto mentite spoglie: è il marito di Sorella Notte, la cui identità resta celata anche a lui stesso a seguito di un patto che stringe con la donna. Infatti, per amore, lui vuole essere Cal Abar, il suo fedele marito e padre di famiglia, dimenticando di vestire i panni del celebre supereroe blu che tutto sa, e che è ovunque in ogni tempo e in ogni spazio.

Quis custodiet ipsos custodes?

Watchmen, Sorella Notte

Watchmen, al di là della trama, al di là dei collegamenti col fumetto, al di là del fanservice, è un serbatoio teorico e concettuale davvero immenso. Ogni personaggio è approfondito nel dettaglio più minuzioso. Lindelof sembra cogliere quella perfetta eredità che Alan Moore ha saputo donare alla sua opera: dare un volto umano al supereroe, rovesciando del tutto lo stereotipo.

Ogni Watchmen, che sia vecchio o nuovo, si trova ad affrontare questioni interne, che siano etiche o che siano morali, ritrovandosi faccia faccia con i rispettivi temibili fantasmi. Nella serie, più volte, ritorna il concetto di maschera, fattore per eccellenza che contraddistingue l’eroe del fumetto.

Nella miniserie, sin dai tempi di Giustizia Mascherata, la maschera acquista quel duplice fascino che se da un lato cattura, dall’altro respinge. Gli Watchmen trovano nella maschera un’identità, un’ideale per cui credere e combattere. Si sentono al sicuro, invincibili, protetti dalle impurità del mondo intero.

Ma col tempo essa corrode e corrompe. La maschera diventa la stessa che avvolge il fattore più umano, più intimo, più profondo di loro stessi, interiorizzando sentimenti mai provati prima d’ora: rabbia, rancore, odio, ma anche amore, pace e felicità. Indossare una maschera equivale a scendere nel profondo e stringere un patto con il proprio Io più nascosto.

Pertanto, alcuni di loro volutamente decidono di indossare o meno la maschera, quindi sono artefici del loro destino. Per questo, ad esempio, il Settimo Cavalleria, che ha reso il diario di Rorschach il nuovo Mein Keimpf, preferisce mantenere l’anonimato per i suoi scopi più disumani: permettere alla razza bianca di dominare su quella nera. Di contro, invece, è proprio il Dottor Manhattan, il quale abbandona la sua “maschera” per vivere da umano, per capire (finalmente) cosa sia l’amore.

Più interessante è osservare come anche l’intero mondo di Watchmen sia celato da una maschera, dal momento in cui la storia sembri essersi camuffata costantemente. Chi conosce le vicende che partono dal ciclo dei Minutemen sa benissimo che qualcosa non torna. L’intera storia viene ridimensionata e scritta in base alle esigenze, come un cliché postmoderno.

Watchmen

Il tutto perché la verità non deve mai uscire allo scoperto, dal momento che può risultare scomoda, qualora decidesse di tangere le coscienze collettive. Per questo in Watchmen una forza superiore (un bene, un’ideale, un’organizzazione?) dall’alto detta le sue regole, affinché l’umanità resti all’oscuro dei piani che altrove vengono decretati.

Nella miniserie, infatti, molti personaggi hanno degli obiettivi ben precisi da raggiungere, come se li avessero creati già da molto tempo prima che le vicende prendessero avvio. E pertanto la trama principale ha la funzione di sviare lo spettatore, di smarrire la verità, per poi piombarci all’improvviso e coglierlo impreparato.

Al di là di tutto, Watchmen è un prodotto che vale davvero la pena recuperare. È un’opera ambiziosa e allo stesso tempo originale, capace di donarci interessanti spunti riflessivi.


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Classe ’93, vivo a Taranto, città che un tempo era l’angolo di mondo che più allietava il poeta latino Orazio. Laureato in lettere, trovo nella letteratura un grande appagamento dagli affanni quotidiani. La mia vita è libri, scrittura, film e serie TV. Sogno di fare della cultura il mio pane quotidiano.