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American Night: Alessio Della Valle e il suo quadro pop!

American Night potrebbe sorprendervi con le sue citazioni alle opere d'Arte, con le sue rivisitazioni di Schubert e numerose atmosfere noir.

9 minuti di lettura

Immaginate di essere in una galleria d’Arte, nella quale si trovano opere di ogni genere. Ad un tratto, venite abbagliati da una luce al neon che punta su un quadro semi-nascosto, che a tutti gli effetti non è il protagonista della galleria, eppure cattura la vostra attenzione, e perché no: vi sorprende. Ecco: American Night, uscito nei nostri cinema il 19 Maggio, fa questo.

American Night NPC Magazine

Non si prende lo spazio mediatico e pubblicitario che si prenderebbe un grande film ai quali siamo oggigiorno abituati, a tratti la sua uscita in sala passa in sordina dal momento che la campagna marketing è stata alquanto altalenante e non costante. Eppure, non avendo avuto un ingresso in sala in pompa magna, riesce a imporsi nel grande agglomerato di pellicole che popolano oggigiorno le sale.

Alessio Della Valle, che troviamo alla regia e alla sceneggiatura di quello che potremmo definire a tutti gli effetti un film pop, regala allo spettatore la sua personale visione del mondo dell’Arte contemporanea, dei suoi inganni, della violenza che può celarsi dietro la tela. Perciò, pennelli alla mano e cominciamo!

A qualcuno piace Marilyn: di cosa parla American Night

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New York, giorni nostri. Il corriere Shaky (Fortunato Cerlino) ha un solo compito: consegnare una borsa, con all’interno la “Marilyn Rosa” di Andy Warhol, in un noto diner della grande mela. Fin da subito il diner diventa il motore di tutta la vicenda. Ed è proprio dentro a quella che è difatti un’atmosfera tarantiniana, che si dà il via ad una catena di eventi che porteranno alla scomparsa del quadro, e all’intreccio delle vite dei nostri due protagonisti: il mercante d’Arte, ed esperto di falsi pittorici, John Kaplan (Jonathan Rhys Meyers), e il neo boss della mafia di New York, e aspirante artista, Don Michael Rubino (Emile Hirsch).

Ma come si sa, ciò che conta in un quadro sono i suoi particolari, alcuni volutamente celati altri palesemente svelati agli occhi del pubblico. Spesso si tratta di citazioni ad opere pre-esistenti, cinefile o non, o di personaggi comprimari che però comunque riescono ad imporsi in un film che ha la parvenza di volersi presentare come un film corale; ma che comunque mantiene il focus sui suoi due veri protagonisti.

Risulta difficile non menzionare i personaggi di Sarah Flores (Paz Vega), la femme fatale del film, di Vincent (Jeremy Piven), uno stuntman che soffre di vertigini, di Katie (Annabelle Belmondo), una ladra mercenaria pronta al tradimento se necessario. Perché American Night ci presenta tutto questo già dai primi minuti, travolgendo lo spettatore in pieno, senza dargli il tempo di prendere fiato. E sebbene inizialmente troviamo difficile collegare tutti i puntini lasciati in giro da Alessio Della Valle, alla fine della pellicola egli sarà in grado di trovare il filo rosso che gli permetterà di uscire dal labirinto della galleria d’Arte dell’American Night.

“Let’s make…chaos!”

Marilyn era solita a chiudere uno dei suoi più grandi successi musicali con l’iconica frase “Let’s make love!” (“Facciamo l’amore”), qui invece, possiamo dire che Alessio Della Valle racchiude la sua opera, d’Arte, cambiando il finale della nota canzone.

American Night si presenta allo spettatore come una storia in tre parti che vedono l’intrecciarsi dell’Arte, della Vita e del Caos (Chaos). Ed è propria su quest’ultima parola che dobbiamo soffermarci maggiormente: perché in un primo momento American Night può risultare caotico e confusionario, ma forse non è del tutto vero.

Dobbiamo, così come suggerito dal film, avvicinarci maggiormente all’opera, e osservarla da vicino, per poter viverla appieno. Così come accade guardando un quadro, Alessio Della Valle (grazie al raffinato montaggio di Zach Staenberg, reso celebre per il montaggio di Matrix e Lord of War) ritorna sui primi minuti del film più e più volte, ripresentando allo spettatore varie scene però, di volta in volta, arricchite con maggiori dettagli, permettendo così allo spettatore di ricollegare i vari punti nodali espressi nell’arco narrativo precedente.

All’inizio allo spettatore tutto ciò può risultare inaspettato e difficile da seguire, poi però, dopo aver spiegato le regole del gioco, il tutto acquisisce la sua forma e la sua personale ed eccentrica, per non dire a tratti kitsch, estetica, regalando al pubblico sequenze ben congeniate e impreziosite dalla colonna sonora di Marco Beltrami (I, Robot, Logan-the Wolverine, Ford v. Ferrari; solo per citarne alcuni).

Sbavature di colore!?

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American Night vuol anche essere un omaggio ai suoi predecessori del genere. I cinefili più accaniti si divertiranno a cogliere le varie citazioni a opere come Pulp Fiction (1994), Kill Bill (2003-2004) entrambe del cinefilo per eccellenza Quentin Tarantino (non a caso nel cast troviamo il noto attore feticcio del regista, ovvero Michael Madsen). O atmosfere che richiamano, a tratti, quelle già viste in pellicole come Lock&Stock (1998) o Snatch (2000), entrambe del noto inglese Guy Ritchie.

Ma la forma e l’estetica del film bastano a far tralasciare allo spettatore le sbavature di tinte ad olio nella grande tela della trama? Se American Night approfondisce alcuni aspetti e temi tramite montaggio e regia in modo originale e divertente, dal punto di vista della sceneggiatura vengono talvolta tralasciati alcuni nodi importanti di alcuni personaggi, cercando di far rientrare tali incongruenze nella grande famiglia dei cosiddetti cliffhanger, ovvero i tanto amati colpi di scena!

American Night vede poi un cast d’eccezione, ma alcuni personaggi rimangono in secondo piano quando in realtà dovrebbero essere il fulcro della narrazione: uno su tutti il villain, Don Michael Rubino, interpretato da Emile Hirsch, che sì è spinto da una motivazione originale ma è il come viene trasmessa allo spettatore che forse non regge il paragone e il bilanciamento con la sua nemesi, ossia il protagonista John Kaplan (Jonathan Rhys Meyers). Ciò che poi suona di già visto è la rappresentazione della mafia di New York, che siamo ormai (forse) stanchi di vedere sul grande schermo.

Ma queste sbavature non distruggono l’opera, perché American Night è anche tanto altro. Ciò non toglie che però tali, spiacevoli, dettagli non passino inosservati ad una seconda visione, anche all’occhio meno abituato e attento. Ma non lascatevi scoraggiare da quanto appena detto, perché American Night potrebbe sorprendervi con le sue citazioni alle opere d’Arte (ovviamente perlopiù italiane), con le sue citazioni e rivisitazioni della musica classica di Schubert, con il risuono in sala dell’ormai iconico brano Joker and the Thief dei Wolfmother, con i cameo più o meno azzeccati di Maria Grazia Cucinotta e Michael Madsen e con i suoi personaggi tormentati ed irrisolti che, come in ogni film noir e neo-noir che si rispetti, devono essere sempre presenti.


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