Negli ultimi anni- gli ultimi trent’anni, per essere precisi- la scena cinematografica italiana non ha goduto di ottima salute, questo è sotto gli occhi di tutti: eppure, è da qualche tempo che grazie a finanziamenti delle regioni e a produttori più intraprendenti, nelle sale stanno cominciando a fare timidamente capolino una serie di progetti interessanti, spesso debutti di registi o registe alle prime armi con la voglia di rinnovare (o almeno aggiornare) i tempi, il look e le tematiche del cinema nostrano.
Ebbene, film di questo tipo possono appartenere solo a due categorie, con rare vie di mezzo: o si tratta di un Piccolo Corpo, gioiellino diretto da Laura Samani, o di un Io e Spotty, aberrante incubo low-budget di Cosimo Gomez. Sfortunatamente, Billy, diretto da Emilia Mazzacurati ed uscito nelle sale il 1° giugno 2023, è molto più vicino alla seconda categoria che alla prima.
Billy, ritmi dilatati e trame sconclusionate
Ora, occorre specificare che Billy è comunque ben lontano dall’incompetenza di Io e Spotty, nel quale l’esecuzione era solo l’ultimo di mille problemi: con Billy almeno si ha la sensazione di assistere ad un progetto nato dal genuino bisogno di un’anima artisticamente sensibile di esprimere sé stessa e condividere il suo originale sguardo sul mondo; infatti, a voler subito evidenziare gli aspetti più positivi del film, va riconosciuto a Mazzacurati di avere conferito al film un look ed un’atmosfera “diversi” (per quanto tristemente dettati da uno scarno budget): tutto ha un’aria familiare ed al contempo infantilmente semplificata o ingigantita, come se a guardare fosse un bambino.
Dei negozi spiccano le insegne luminose, del cielo -e della luna- gli aspetti più misteriosi ed ipnotici, dei personaggi le caratteristiche più grottesche ma tutto sommato inoffensive, sondate senza malizia o giudizio di chi le osserva. Insomma, un mondo originale abitato da figure malinconiche eppure gioiose della loro assurdità, primo fra tutti il protagonista Billy (Matteo Oscar Giuggioli), che deve destreggiarsi fra i turbamenti della madre Regina (Carla Signoris), della rockstar rassegnata Zippo (Alessandro Gassman) e di un pompiere innamorato (Giuseppe Battiston), senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni o dai suoi traumi infantili.
Partendo da questi traumi, ma espandendo il discorso a tutte le turbe degli altri personaggi, si riscontra il primo insormontabile problema del film: la tristezza di questi individui è soltanto abbozzata e mai veramente esplorata. I loro problemi sono meccanicamente elencati senza una spiegazione che li accompagni, come se fossero sufficienti a giustificare lo sforzo empatico richiesto al pubblico. Di certo non aiuta che il film risulti grezzo anche nella gestione dei tempi narrativi, decisamente troppo dilatati, responsabili di appesantire l’esperienza in modo purtroppo irrimediabile. Guardando Billy si avrà la sensazione di assistere ad almeno tre o quattro esasperanti finali prima che i titoli comincino effettivamente a scorrere.
La crisi tutta italiana del cinema low-budget
Per concludere è doveroso specificare come al centro dell’intera trama sia il rapporto tra una madre problematica, distratta ed egoista, ed un figlio invece passivo, non auto sufficiente ed impotente davanti alle follie materne. Per quanto il finale riesca a dare un senso di chiusura alla storia, sarebbe stata fondamentale una sequenza di confronto fra questi due personaggi, un momento in cui il film mettesse in pausa le sue stravaganze e lasciasse che un dialogo ben scritto o uno scambio di sguardi ben recitato, risolvessero questo conflitto centrale; una sequenza che purtroppo manca completamente, lasciando il film claudicante e parzialmente irrisolto.
Tuttavia, per quanto Billy risulti abbastanza noioso e tutto sommato insipido, sarebbe molto interessante -e di fondamentale importanza- vedere un secondo progetto della regista, per assister all’evolversi di uno stile e per misurarne l’effettiva originalità. Forse il vero nocciolo del problema di questi nuovi film indipendenti italiani è che molto raramente viene concessa una seconda possibilità ad un autore emergente: il cinema non ha formule magiche e un film come Billy ci ricorda che anche con ottime idee e le migliori intenzioni, non sempre si cattura quella magia garantita dall’esperienza. Sarebbe sano che la nostra industria cinematografica consentisse di sbagliare e poi correggere il tiro.
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“Piccolo corpo” più che un gioiellino era un bluff (riuscito), “Billy” è un bluff che non ha funzionato
Beh, riconosco che i tempi fossero anche lì decisamente dilatati, forse un pelo troppo perché l film ne esca illeso, però ha uno spessore tematico e tecnico che altri film recenti usciti in Italia semplicemente non hanno. Anche io ho preferito altro al debutto della Samani, ma a voler essere oggettivi c’è poco da fare, è un film scritto e girato più che dignitosamente.