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May Dicember

May December, la moglie fuggita col giardiniere

12 minuti di lettura

L’arte è furto. Ma non il tipo di furto per cui un autore può rubare da opere precedenti senza vergogna, per un proprio tornaconto personale. Piuttosto si tratta di ridistribuzione delle risorse, democratica e spesso finemente congegnata. Manet fu derubato da Monet, poi lui da Cézanne, Cézanne da Picasso e così via fino ad arrivare ad un tipo di arte ridotta alle sue minime parti.

Uno dei più noti “saccheggiati” della storia del cinema è Douglas Sirk: regista di origine tedesca, emigrato in America cercando asilo politico durante il periodo nazista, portò con sé un ricco bagaglio culturale di simboli e concetti classicamente europei, proprio come fecero Billy Wilder, Erich von Stroheim, Otto Preminger e molti altri.

Ma nel caso di Sirk la questione si fa estremamente affascinante: Sirk è infatti considerato il padre del melodramma cinematografico, il creatore di tutti i film più classicamente iconici del genere; Come le Foglie al Vento (1956), Lo Specchio della Vita (1959), Secondo Amore (1955) sono considerati il punto di partenza di un genere intero dal quale sono poi nati decine di registi, ognuno con la propria reinterpretazione del melodramma: Jacques Demy, Rainer Werner Fassbinder, Pedro Almodovar, Aki Kaurismäki solo per citare alcuni dei più famosi e disparati.

Perché alla fine, rubare in maniera democratica è proprio reinterpretare, risignificare immagini già esistenti e magari lontane fra loro. E non c’è cosa che Todd Haynes, regista di May December, sappia far meglio.

May December e il richiamo al lavoro sperimentale di Haynes

May December con Julianne Moore e Natalie Portman

May December, uscito nelle sale italiane il 21 marzo dopo un travagliato iter festivaliero durato più di un anno, vede lo sforzo congiunto di Todd Haynes alla regia e di Natalie Portman e Julianne Moore nei due ruoli principali. La prima è un’attrice che decide di convivere per un breve periodo con la persona che dovrà interpretare nel suo prossimo film, una donna di mezza età che ha avuto un rapporto sessuale con un ragazzo di appena 14 anni dal quale sono poi nati due gemelli, concepiti in carcere. L’attrice condivide il tetto con questa strana famiglia, il cui equilibrio sarà messo a repentaglio dalla presenza di un’estranea.

Da un punto di vista strettamente tecnico, May December funziona alla perfezione: la fotografia grigia ma patinata che tanto ricorda il look di certi fotoromanzi, il montaggio sempre discreto ma silenziosamente efficace, la regia ricca di trovate – prima fra tutte, quella di far interagire le due protagoniste nei momenti più concitati solo quando mediate dai loro riflessi in uno specchio – rimanda al lavoro sperimentale che ha reso Haynes uno dei registi americani più dirompenti e underground degli ultimi 40 anni.

Balza subito all’occhio un ritorno delle atmosfere della suburbia americana di plastica che il regista aveva già dipinto nel suo capolavoro Safe (1995), uno dei film più claustrofobici e disturbanti mai prodotti negli States, oppure ancora una nuova riflessione sul “nucleo famigliare tradizionale” già iniziata in Poison (1991), debutto di Haynes e inizio del movimento del Queer Cinema, e nel corto Superstar: The Karen Carpenter Story (1987).

May December, la discesa nell’anima del melodramma

Una scena dal film May December di Todd Haynes

Eppure, come accennato all’inizio, May December è anche la sublimazione di una intera carriera fatta di devozione e omaggi al lavoro di Douglas Sirk. Carol (2015) e Lontano dal Paradiso (2002), sempre diretti da Haynes, sono modernizzazioni del melodramma classico americano, i cui archetipi tornano a presentarsi con insistenza e con sottili variazioni anche in tutti gli altri titoli citati fino ad ora: gravidanze indesiderate, tradimenti, ritorsioni, triangoli d’odio e d’amore, rapporti illeciti e soprattutto gli inespressi desideri sessuali di un’intera fascia di popolazione.

Già per Sirk era chiaro che attraverso il melodramma, il genere popolare per eccellenza, fosse possibile raccontare con finezza la complessità delle emozioni e delle pulsioni umane e come queste si rapportino con le aspettative e le regole imposte dalla società; questo è il nocciolo della narrazione melò, il mellifluo desiderio che si scontra con la rigidità del mondo circostante: lo è stato per Fassbinder in La Paura mangia l’Anima (1974), per Demy in Les Parapluies de Cherbourg (1964) e continua ad esserlo per Kaurismäki in quasi ogni suo film.

Anche in May December il punto è come questa famiglia, nata dalla violenza di una donna adulta nei confronti di un minorenne, riesca a difendersi dal giudizio di chi gli sta attorno, attrice compresa: il personaggio di Natalie Portman afferma, parlando della recitazione: “Dopo un po’ comincia a sembrare reale”, ma non lo è mai per davvero.

Fin da subito è facile intuire quanto le sia impossibile capire l’affetto che lega i due amanti e quanto abbia intenzione di provare attivamente a metterlo in crisi. Nella sua testa il lavoro di ricerca (come la donna si muove, quali trucchi usa, che torte cucina) è una lenta discesa nell’anima contorta di questa persona, quando in realtà si tratta solo di orpelli attoriali per illudersi che il cinema riesca davvero a catturare la realtà.

Cosa resta dopo il melò?

Julianne Moore e Charles Melton in May December

Ma quindi questo amore, c’è oppure no? La ricetta per un melò di tutto rispetto è bella che pronta in May December: di fatto l’evento scatenante pregresso al film è l’incontro sessuale proibito e inconsueto fra due persone a cui non è consentito amarsi, proprio come in Secondo Amore (1955), capolavoro di Sirk, l’evento cardine era l’amore segreto fra una ricca vedova borghese e il suo giovane e aitante giardiniere proletario.

Non a caso, la colonna sonora di May December è direttamente presa da uno dei melodrammi più famosi mai prodotti in Inghilterra, Messaggero d’Amore (1971) di Joseph Losey, al cui centro era proprio un amore “sbagliato” fra diverse classi sociali. Ostracizzati dalla società, allontanati dalla comunità, il sogno erotico poteva finalmente essere vissuto senza pudore nell’immancabile “e vissero tutti felici e contenti” con cui i melodrammi classici finivano.

In May December, sembra di assistere a ciò che succede dopo il finale di un melodramma: quali vite sono state stravolte, cosa succede quando l’amore inconsueto e tanto agognato diventa routine e comincia ad affievolirsi, come si vive con la propria coscienza dopo aver inseguito il proprio egoistico desiderio di carnalità.

Il punto a cui Haynes conduce lentamente il pubblico in May December è che forse, non c’è mai stato niente di romantico in queste storie: il romanticismo stava tutto nel vederle sullo schermo e nel non doverle mai effettivamente vivere sulla propria pelle. La vuotezza dell’attrice, il suo illudersi di star carpendo l’anima dei suoi personaggi, riflettono appieno come il cinema romanticizzi sempre situazioni che di per sé non hanno nulla di romantico. Qui non c’è nessun amore proibito, c’è solo uno stupro. Non c’è nessun lieto fine, solo il brutto film dai toni quasi pornografici che l’attrice finirà col girare dopo aver conosciuto i reali protagonisti.

May December, “it starts feeling like it’s real”

Charles Melton in una scena di May December

May December dimostra che il cinema stesso è tossico e manipolatorio nel suo distorcere la realtà, almeno quanto la donna si rivela essere tossica nei confronti della sua vittima-marito. Ma senza il melo – resta solo il – dramma. Dramma che nelle esperte mani di Haynes in May December si trasforma in vera e propria tragedia degna non più della satira di Sirk ma della complessità di Ingmar Bergman e dei suoi capolavori più psicologici: non più Lo Specchio della Vita (1959) ma Come in uno Specchio (1961), non più il dissacrante scambio di persone in Magnifica Ossessione (1954), ma lo scambio di personalità e la fusione di individui in Persona (1966).

Tutto deve essere finemente cesellato nel delineare i personaggi con un’efficacia che li renda reali e tangibili, che non li intrappoli nei ruoli a loro assegnati dal genere cinematografico di cui fanno parte: la scrittura è ciò che più eleva May December ad esperienza imperdibile, così fine nel cogliere le psicologie dei personaggi e così abile nel giocare coi generi narrativi tradizionali.

La moglie è fuggita col giardiniere: grande scandalo! Di sicuro non potranno più fare la spesa nel supermercato cittadino senza essere messi alla gogna. Eppure quello che gli altri non sanno è che la moglie e il giardiniere si fisseranno muti al risveglio dalla prima notte d’amore: chi è questa donna? Perché sono scappata? I rimorsi e i dubbi li divoreranno lenti, fino a erodere anche l’attrazione reciproca che un tempo li legava. Forse guardando un film assieme si convinceranno di potercela fare, di essere fatti l’uno per l’altra e cominceranno a riflettere sul loro amore pensando: “comincia a sembrare reale.”


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Appassionato e studioso di cinema fin dalla tenera età, combatto ogni giorno cercando di fare divulgazione cinematografica scrivendo, postando e parlando di film ad ogni occasione. Andare al cinema è un'esperienza religiosa: non solo perché credere che suoni e colori in rapida successione possano cambiare il mondo è un atto di pura fede, ma anche perché di fronte ai film siamo tutti uguali. Nel buio di una stanza di proiezione siamo solo silhouette che ridono e piangono all'unisono. E credo che questo sia bellissimo.

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