Se il mistero e il segreto hanno sempre permeato e attraversato il cinema di Lee Chang-dong, con Burning si arriva a esplorare i confini più reconditi dell’inesplicabile e dell’incomprensibile. Burning non ripercorre a ritroso la storia di un uomo come in Peppermint Candy, non segue la storia di due emarginati come in Oasis, Burning è qualcosa che brucia lentamente, che arde senza mai mostrarsi, un grande puzzle che incastra pezzi che non hanno incastri.
Lee Chang-dong parte da Haruki Murakami e arriva a Julio Cortázar, parte dall’ambiguità narrativa orientale e finisce per costruire un sanguigno mondo argentino, con l’amore e linguaggio e il mistero che si mescolano per dar vita a un incendio di luoghi e di corpi irreversibile. Burning, dal 23 dicembre disponibile sul catalogo MUBI, è arrivato dopo otto anni dall’ultima opera di Lee Chang-dong, è arrivato per chiudere il cerchio di una poetica cinematografica che lascia spazi vuoti e linee incapaci di incontrarsi.
Burning è un film che brucia
Burning inizia con una rincorsa, con la cinepresa che insegue di spalle il vagabondare di Jong-su, il suo camminare a testa bassa in una città troppo grande per lui e la sua caduta nell’orbita di una ragazza che aveva dimenticato, il suo cadere in un amore ritrovato e arrivato all’improvviso, quegli amori che neanche si degnano di bussare alla porta. Hae-mi è un oggetto caleidoscopico, un vero mistero, colei che balla nuda al tramonto credendo e sperando di essere un uccello per volare via, colei che piange facilmente, che si addormenta ovunque.
È lei a far partire il gioco, a coinvolgere e far innamorare Jong-su, a entrare nella sua povera vita come un treno in corsa, a tornare da un viaggio in Africa insieme a Ben, spezzando così un legame fragile appena nato e costruendo un triangolo amoroso fatto di imbarazzo, distanze sociali e lotta di classe. A cambiare le prospettive e le dinamiche del gioco sarà sempre Hae-mi, che con la sua scomparsa smuoverà gli altri due vertici del triangolo e li costringerà a ballare un valzer a tinte thriller dove i confini della realtà e del mistero diventeranno sempre più sfumati e vicini.
Un lento gioco tra fuoco e mistero
Burning è un film di personaggi, di interazioni e legami che si costruiscono e si sfilacciano. Jong-su è un ragazzo chiuso, un aspirante scrittore specchio dell’invisibile povertà che prova invano a uscire dai suoi ranghi sociali. Ben è il suo opposto, personificazione di una ricchezza spudorata che brucia serre e vuole incendiare quel poco che è rimasto alle altre classi sociali.
Entrambi sono soggiogati da Hae-mi, personaggio alieno che non sembra appartenere a questo mondo, una maga cortázariana che vuole giocare con le sue regole, costruite sulla superficialità e l’infantilità di una persona che vuole solo evadere verso la felicità. La sua aurea ipnotica e la sua sparizione innescano una lotta di classe involontaria, uno scontro relazionale che mette da parte un amore mai sbocciato e lascia spazio al tentativo di prevaricazione della propria prospettiva su quella dell’altro.
Lee Chang-dong è maestro nel muoverli, nel farli giocare, nello spostarli come maschere per poi bruciarli e farli ardere come pedine di una scacchiera più grande di loro. Lee Chang-dong costruisce incertezze, continue velature di mistero che aleggiano in una narrazione che non contempla appigli. Esiste il gatto? È mai esistito il pozzo? Hae-mi è veramente innamorata di Jong-su o l’ha solo sfruttato? È scappata o è morta? È vero quello che si può immaginare? Domande che il film pone continuamente e costantemente lascia aperte perché l’incomprensione del mondo è al centro di tutto, e allora all’interno di questa incomprensione si può solo giocare, muoversi a tentoni, bruciare, perché come ha scritto T.S Eliot:
Noi viviamo, noi respiriamo soltanto se bruciamo e bruciamo.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!