fbpx
fidanzata in affitto copertina

Fidanzata in affitto, effetto Jennifer Lawrence

10 minuti di lettura

“Sei pronto per il viaggio?”

L’ispirazione su cui epiloga il nuovo film di Gene Stupnitsky ben funziona da metafora a ritroso di ciò che Fidanzata in affitto aspira ad essere: un viaggio. Tra scontri generazionali, sessualità, irriverenza, demenzialità e quel pizzico di coraggio eversivo di chi sa di potersela cavare soltanto non prendendosi troppo sul serio.

A partire dall’incipit di narrazione, quel vero annuncio su Craigslist che barattava un auto in cambio della verginità del proprio figlio, Fidanzata in affitto (in sala dal 21 giugno) prende la direzione della spudoratezza esilarante, disseminando spunti di buoni sentimenti, schiaffeggiando il politicamente corretto ma rimanendo fedele, sempre, all’indomabile leggerezza delle sue premesse da commedia.

Fidanzata in affitto, tra isterismi generazionali

fidanzata in affitto lawrence fredman

Jennifer Lawrence è la fidanzata in affitto che dà il titolo al film. Maddie è una donna smaliziata, corpo e mente di un’emancipazione femminile che passa per la riappropriazione di una libera sessualità, sulla quale l’accento è caricato nel tentativo di edificazione -invertita- dei ruoli di genere che daranno il ritmo alla commedia. Erotica, goliardica, smaccata e riallacciata a quel filone cinematografico che negli anni duemila faceva la fortuna dell’intrattenimento.

Prendete American Pie, sgonfiatene la scorrettezza, stravolgetene le coordinate e inseritelo nel 2023: Fidanzata in affitto è figlio di questi tempi, ma i suoi riferimenti è bravo a canalizzarli. Nell’immaginario contemporaneo che da Euphoria va a Sex Education, il film di Stupnitsky sa dove posizionarsi, sbeffeggiando quanto serve gli estremismi della Gen Z e strizzando l’occhio, senza timore, ad ogni criticità ossessiva dei Millennial.

Fidanzata in affitto è prima di tutto questo: un ritratto divertito di attualità che danza al passo degli isterismi di due generazioni a confronto. Da una parte la superficialità emotiva di una trentenne raggelata dal proprio passato familiare, dall’altra la rigidezza morale di un ragazzino impaurito, vittima di una iper-protettività castrante e succube di una performatività che non può che trasfigurarsi in aspirazione all’invisibilità.

Le premesse narrative di Fidanzata in affitto

fidanzata in affitto benanti broderick

I mondi di Percy (Andrew Barth Feldman) e Maddie collideranno per volere dei genitori di lui, grazie a quell’annuncio che spingerà lei a setacciare qualsiasi strada pur di risolvere i propri problemi economici. La premessa narrativa di Fidanzata in affitto vuole che, al rischio di vedersi espropriata la casa, Maddie reagisca lanciandosi in un’avventura apparentemente semplice: sedurre un giovane inesperto. Per racimolare i soldi necessari a rientrare dai debiti, la ragazza ha bisogno di riappropriarsi del suo secondo lavoro da autista di Uber, impossibilitato dalla recente confisca della macchina.

Qui subentra l’inserto su Craigslist, quel delirante tentativo di svezzare il proprio figlio in vista del college. Programmatori indomiti del propria vita familiare, Laird (Matthew Broderick) e Allison (Laura Benanti) ingaggiano la donna nella speranza disperata di stemperare l’estraneità atipica di un adolescente che non beve, non fuma, non va alle feste ed è pericolosamente intelligente, affettuoso e sensibile. Un disastro annunciato per la pubertà. Forse?

Se il ribaltamento degli stereotipi legati alla sessualità maschile e femminile dà benzina al racconto -anche se ad oggi sullo schermo non è un vero elemento di novità-, va da sé che l’impresa di Maddie si rivelerà meno facile del previsto, vedendosi declinata la seduzione a favore di un ricercato sentimentalismo. Abbandonata ogni strategia, l’intensificarsi della relazione porterà alla nascita di un confronto di diversa natura. Primo fra tutti, quello interpretativo.

I tanti volti di Jennifer Lawrence

fidanzata in affitto lawrence maddie

Fidanzata in affitto è a tutti gli effetti un film trainato da Jennifer Lawrence. L’occasione di mettere alla prova un talento sfaccettato, trasversale, incalzato da spinte opposte che spaziano dal gioco sulla propria sensualità, all’impeccabilità della prova comica fino all’intensità, sempre misurata, dei picchi drammatici.

Fra le altre cose, il film di Stupnitsky è anche una riflessione sull’immagine divistica della stessa attrice: non più, da tempo, la giovane promessa di Hollywood ma una donna adulta, consapevole e capace di reinventarsi sempre con straordinaria scioltezza, riconfermando ancora una volta il proprio ruolo in un’industria che guarda con sospetto all’avanzare dell’età, soprattutto se femminile.

È proprio sull’età che si diverte a vagheggiare la commedia, serpeggiando con sarcasmo la “vecchiaia” di Maddie, incollocabile in una società intollerante alla sregolatezza personale e professionale. Al polo opposto posiziona un giovanissimo attore, abile nello spalleggiare la sua partner ma a tratti oscurato da un’innegabile disparità di esperienza.
L’interesse del film sta nel fatto che in questa stessa divergenza, diegetica e non, si riversi il senso di un racconto che aspira ad essere guardato con sensibilità differenti, punzecchiato nelle singolarità di ciascuna generazione.

Fidanzata in affitto, da rom-com a coming of age

fidanzata in affitto fredman lawrence

Se da un lato Stupnitsky demistifica con satira il politicamente corretto della Gen Z, svestendone con intelligenza radicalismi e contraddizioni, dall’altro racchiude nella caratterizzazione di Percy l’introspezione emotiva di chi, nutrendosi delle complessità di quella stessa forma mentis, riconosce nel rispetto e nella conoscenza di se stessi e degli altri l’unica strada al consolidamento delle relazioni umane.

Quel che manca a Maddie è un’esaustiva maturità sensibile, viziata da un semplicismo che la spinge a destinare alle persone intorno a sé quel senso di precarietà introiettata dal suo vissuto: la morte della madre, un padre assente, il marchio di una figlia nata da una relazione extraconiugale e abbandonata in cambio di soldi e silenzio. Quel che manca a Percy è un’autonomia individuale che gli consenta di esistere nel mondo secondo regole proprie, recidendo il controllo soffocante dei propri genitori e superando la paura opprimente del giudizio altrui.

La strada la troveranno nel mezzo, compensando le proprie solitudini in quel viaggio che dopo il primo atto sposterà l’asset di Fidanzata in affitto da commedia sexy a coming of age, seminando profondità ma raccogliendo poco i frutti di quei buoni sentimenti che ne debiliteranno la portata sovversiva.

No Hard Feelings

fidanzata in affitto percy maddie jennifer lawrence

Fidanzata in affitto sceglie la strada dell’impertinenza, si arma di coraggio nel mettere in piedi una commedia sgraziata, sfrontata e incentrata su un sesso quasi inesistente, esasperatamente parlato e sovraccaricato da tutte le manie del nostro presente. Dalle manie il film riparte, ridicolizzandole pezzo per pezzo, canzonandosi con autoironia e centrando l’obiettivo più importante: divertire. Gag, equivoci, tempi comici, doppi sensi, tutto è pensato per funzionare in armonia all’interno di una macchina narrativa perfettamente oliata.

Tuttavia, pur nella gradevolezza di una storia a basso tasso di pretese, Stupnitsky lascia spazio a qualche spunto incompiuto, dissolvendo in un discorso vagamente moraleggiante un messaggio che meglio avrebbe alloggiato nella provocazione.
A scanso di equivoci, però, nessun rancore: dalla gabbia del perbenismo il film si svincola con spirito disimpegnato, scommettendo sulla sfacciataggine di un linguaggio differente. Niente di rivoluzionario, solo una leggerezza che sa come rendersi piacevole. Ma dalle rom-com, a volte, è più di quanto ci si possa aspettare.


Seguici su InstagramTik TokTwitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club

Laureata in Cinema e Comunicazione. Perennemente sedotta dalla necessità di espressione, comprensione e divulgazione di ogni forma comunicativa. Della realtà mi piace conoscere la mente, il modo in cui osserva e racconta le sue relazioni umane. Del cinema mi piace l’ascolto della sua sincerità, riflesso enfatico di tutte le menti che lo creano. Di entrambi coltivo l’empatia, la lente con cui vivere e crescere nelle sensibilità ed esperienze degli altri

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.