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Fly Me to the Moon, la Luna è una conquista d’amore

Fly Me to the Moon, la Luna è una conquista d’amore

6 minuti di lettura

Disponibile nelle sale italiane dall’11 luglio, Fly Me to the Moon è la nuova commedia romantica di Greg Berlanti, che sullo sfondo della corsa allo spazio che portò l’Apollo 11 sulla Luna, racconta la storia d’amore tra Cole Davis, direttore della NASA, e Kelly Jones, affascinante e brillante pubblicitaria. Protagonisti della pellicola sono, su tutti, Channing Tatum e Scarlett Johansson, una coppia stellare – tanto per rimanere in tema – affiancata da attori del calibro di Woody Harrelson e Jim Rash

Un cast da blockbuster insomma, per una commedia volutamente nostalgica che, come succede sempre più spesso – Tutti tranne te è un esempio recente -, seduce lo spettatore grazie ai propri protagonisti, ma finisce per lasciare un po’ di amaro in bocca. Prodotto da Apple Studios, Fly Me to the Moon gioca con la teoria del complotto lunare – il pay off sulla locandina originale recita “Will they make it or fake it?” – e racconta con una satira vagamente malinconica uno degli eventi più importanti nella storia degli Stati Uniti, rivelandosi tuttavia raramente all’altezza delle interessanti premesse.

Fly Me to the Moon: tornare ad amare la Luna

Channing Tatum e Scarlett Johansson in Fly Me to the Moon

Siamo nell’America di fine anni ‘60, in piena crisi socio-culturale. Da una parte la Guerra Fredda con l’Unione Sovietica, dall’altra la Guerra del Vietnam, con le notizie in TV che scandiscono le giornate degli americani. La corsa allo spazio ha creato soltanto disillusioni e la promessa del primo uomo sulla Luna non è stata ancora mantenuta. La comunicazione della NASA ha bisogno di una rivoluzione. Dopo la tragedia dell’Apollo 1, gli americani “devono tornare ad amare la Luna”, ed è per questo che Moe Berkus (Woody Harrelson), agente segreto del governo, affida la propaganda dell’Apollo 11 a Kelly Jones.

Nonostante un’attrazione fisica piuttosto evidente, Kelly inizialmente dovrà scontrarsi contro la reticenza di Cole Davis, direttore della NASA, che non vede di buon occhio il suo approccio spietato e progressista. Tuttavia, giorno dopo giorno, i due inizieranno a frequentarsi sempre più spesso, entrando in sintonia l’uno con l’altra. Cole imparerà a fidarsi di Kelly, mentre Kelly comprenderà quanto Cole ami il proprio lavoro.

Ormai sempre più vicini al lancio dell’Apollo 11, Moe Berkus farà un’ulteriore richiesta a Kelly, rischiando di incrinare irrimediabilmente il suo rapporto con Cole. Per evitare infatti che possa rivelarsi l’ennesimo fallimento, la brillante pubblicitaria dovrà inscenare l’allunaggio all’interno di un teatro di posa, e trasmetterlo in TV al posto della missione vera e propria, tenendo ovviamente Cole e la NASA all’oscuro di tutto.

Destrutturare il mito per idealizzarlo

Un'immagine di Fly Me to the Moon di Greg Berlanti

Il sottotitolo italiano di Fly Me to the Moon è Le due facce della Luna, e in effetti questa dicotomia è ben presente in molti aspetti del film. Come abbiamo sottolineato precedentemente, Greg Berlanti mette in scena una farsa cospirativa che gioca con la teoria del complotto lunare, e quindi una prima dicotomia è proprio quella tra realtà e finzione, tra la vera missione spaziale e il finto allunaggio. E in questo Fly Me to the Moon si lascia andare a un’evidente satira nei confronti di quella corrente cospirazionista che da sempre mette in dubbio l’allunaggio dell’Apollo 11, inserendo anche alcune citazioni complottistiche, come quella secondo la quale sarebbe stato Kubrick a filmare la farsa. 

Se dovessimo dare un significato a Le due facce della Luna probabilmente sarebbe questo, ma in realtà la dicotomia più significativa di Fly Me to the Moon è un’altra, e nasce dal desiderio di destrutturare il mito della corsa allo spazio e nel frattempo idealizzarlo, esaltando quel patriottismo insito nella società americana. 

Greg Berlanti realizza una commedia romantica, ma nonostante questo sceglie di non romanticizzare la narrazione, sottolineando al contrario la dimensione capitalistica dell’evento, da una protagonista che rappresenta l’incarnazione stessa del capitalismo, fino a quella destrutturazione che passa per il bisogno di vendere la conquista della Luna.

È questo l’aspetto più interessante di Fly Me to the Moon, che come commedia romantica, al contrario, non riesce mai a convincere pienamente. Allo stesso modo Fly Me to the Moon deve molto all’interpretazione di Scarlett Johansson, capace di catalizzare l’attenzione dello spettatore come quasi nessun altro riesce a fare – qui in un ruolo cucito intorno alla sua presenza scenica -, e soprattutto di incarnare perfettamente l’essenza del film. Ed ecco che, in conclusione, troviamo anche l’ultimo dualismo. La conquista della Luna, per conquistare la persona amata


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Sono Filippo, ho 22 anni e la mia passione per il cinema inizia in tenera età, quando divorando le videocassette de Il Re Leone, Jurassic Park e Spider-Man 2, ho compreso quanto quelle immagini che scorrevano sullo schermo, sapessero scaldarmi il cuore, donandomi, in termini di emozioni, qualcosa che pensavo fosse irraggiungibile. Si dice che le prime volte siano indimenticabili. La mia al Festival di Venezia lo è stata sicuramente, perché è da quel momento che, finalmente, mi sento vivo.

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