La rivoluzione messicana di Michel Franco sgorga inaspettata e si consuma in fretta. A Nuevo Orden bastano 86 minuti per condurre la lotta di classe alla guerra civile. Le cause delle rivolte sono infatti fuori dallo schermo e rendono il film presentato alla Mostra del Cinema di Venezia un monito per il presente. Approfondito è invece l’aspetto brutale ed efferato di un nuovo ordine costituito dal popolo in rivolta.
Sulla violenza di «Nuevo Orden»
Michel Franco parla per immagini. Siamo lontani dalla rivoluzione logorroica di certi approcci europei. Una violenza segue l’altra in un Messico gettato alle fiamme. I ricchi vengono ammazzati, le case distrutte, i riscatti richiesti e pagati. Il coraggio di Nuevo Orden è nel ritmo. Dal matrimonio che apre le vicende si chiude su un’esecuzione capitale.
Nel mezzo una galleria di orrori che si perpetuano in nome di ideologie mai espresse. A sorprendere è l’organizzazione con cui la rivolta si compie. I soldati marciano accanto al popolo e ogni ricco viene schedato, derubato e ucciso. Non ci sono mezzi termini, il messaggio è chiaro. Osserviamo anche un censimento della ricchezza. «Vivi in una villa o in un palazzo?» chiede un soldato con l’arma puntata su una donna. La ridistribuzione non è però equa e l’animale umano è riproposto nella sua meschinità.
La lotta non ha sfumature
Michel Franco, che parla di distopia ma comprende l’urgenza del film, è disposto a sacrificare ogni rapporto con il pubblico. Nei primi splendidi minuti siamo invitati a scoprire le celebrazioni di una famiglia altolocata. Alcuni ci stanno simpatici, altri meno. I dialoghi ce li ripropongono meno scontati di come offerti dalla rivolta (poveri contro ricchi). La dolce Marianne (Naian González) vorrebbe aiutare un ex dipendente di famiglia giunto alla casa per chiedere soldi. Il fratello, vero farabutto, lo invita a uscire di casa. Ma il quadretto è del tutto temporaneo. Quando la vernice verde – il simbolo della rivolta – irrompe tra le mura della proprietà, il film si salda alle premesse rivoluzionarie. Per un attimo le sfumature reggono e alcuni personaggi si trovano incastrati. Marianne è in tal senso un elemento sacrificale. Il suo destino ci dice che non si scherza, la rivoluzione non parla: spara.
Il calco della rivoluzione
Nuevo Orden diventa una galleria degli orrori. Corpi ammassati, bruciati, violentati. L’horror accennato parla il linguaggio della realtà. Michel Franco non è magnanimo e il film riesce a eccedere. La violenza potrebbe sconvolgere il pubblico impreparato, ma se seguita conduce a messaggi chiari.
La rivoluzione riscrive l’ordine costituito copiandone gli schemi. A un certo punto la casa dei ricchi viene distrutta. Il quadro d’arte contemporanea che domina il soggiorno viene imbrattato di vernice. Rosso, verde, blu si sommano ai toni di un dipinto astratto. Visto da lontano, il quadro sembra lo stesso. Il nuovo Ordine è un calco, ed esalta gli aspetti drammatici della società distrutta.
La forza del film è tutta qui. Negli stimoli puri che offre allo spettatore. Quando le strade messicane sono rase al suolo capiamo quanto piccolo sia questo film rispetto al mondo narrato. Sembra La notte dei morti viventi. Uno sguardo particolare a un sovvertimento pronto a sconvolgere il mondo. Non a caso, il film di Romero uscì nel 1968. Anni di rivolte e nuovi (presunti) ordini.
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