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Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti (2024), il remake che funziona

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8 minuti di lettura

Nei cinema italiani è arrivato Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, remake statunitense dell’apprezzato omonimo horror danese-olandese del 2022. S’incarica della regia James Watkins (The Woman in Black, Black Mirror ep. 3×03), mentre è una star come James McAvoy a capitanare il ristretto cast composto da Mackenzie Davis (Blade Runner 2049, Terminator: Destino Oscuro), Scoot McNairy (Blonde, True Detective) ed Aisling Franciosi (Lyanna Stark ne Il Trono di Spade, Demeter – Il risveglio di Dracula). Speak No Evil è una produzione Blumhouse.

Scopriamo insieme perché, stavolta, non sia l’ospite a puzzare dopo tre giorni, ma il padrone di casa.

Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, la stessa trama?

Il cast di Speak No Evil

Ben (McNairy) e Louise (Davis), americani residenti a Londra con la figlioletta Agnes (Alix West Lefler), conoscono e legano durante una vacanza in Toscana con la famigliola inglese composta da Paddy (McAvoy), Ciara (Franciosi) e il piccolo Ant (Dan Hough), quasi muto a causa di un difetto congenito alla lingua.

Terminato il soggiorno, gli inglesi li invitano a passare un finesettimana nella loro casa di campagna nel Devon. Nonostante un’iniziale riluttanza di Louise, i tre accettano: quello che inizialmente sembra un weekend spensierato nella natura, però, si trasforma lentamente in un incubo quando i comportamenti di Paddy e Louise iniziano a mettere gradualmente a disagio i loro ospiti, in un crescendo sempre più minaccioso e violento.

Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, le differenze con il film originale

Paddy (James McAvoy) e Ciara (Aisling Franciosi), Speak No Evil

Dai trailer sembrava trasparire che questo Speak No Evil fosse un rifacimento quasi shot-by-shot, ma Watkins non è stato pigro. Ci sono alcune scene pari all’originale, sì, ma grazie a una durata maggiore (di una ventina di minuti circa), Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti può scavare maggiormente nei suoi protagonisti – ad esempio il pesante disturbo d’ansia di cui soffre Agnes, che sarà un fondamentale snodo di trama, o i problemi irrisolti tra Ben e Louise -, nelle loro relazioni e motivazioni, che nel film originale erano appena accennate.

La pellicola madre era estremamente europea nella sua messa in scena: campi molto larghi e un punto di vista quasi distaccato, più esterno, senza immergersi nella psicologia dei mostri che rappresentava e rendendoli forse quindi ancora più spaventosi nel loro apparire estremamente comuni. Il taglio più interiore del remake, al contrario, li rende antagonisti più tridimensionali, sacrificando il mistero in favore di un maggiore approfondimento: non si tratta di una scelta meno efficace. Di contro, l’avere tutti i protagonisti anglofoni elimina la barriera linguistica che c’era tra la famiglia danese e quella olandese, che contribuiva al senso di oppressione ed esclusione, con solo l’inglese a fare da ponte.

Paddy (James McAvoy), Speak No Evil

La tensione si dipana efficacemente per tutta l’ora e tre quarti di durata, esplodendo in una conclusione sicuramente più all’americana. James Watkins non ha una filmografia particolarmente ampia, ma può vantare l’episodio Zitto e Balla di Black Mirror, che i fan ricorderanno bene per i 52 minuti di fiato sospeso. Se nell’originale la violenza arrivava in maniera lenta e disturbante, qui il terzo atto del film diventa un inaspettato home invasion più canonico, ma senza dubbio con dell’azione coinvolgente ed elettrizzante che spinge fino alla fine, chiudendosi su una nota anche piuttosto grottesca.

Non accettate inviti a cena se McAvoy vi guarda così

Paddy (James McAvoy) e Ciara (Aisling Franciosi), Speak No Evil

Avere un lead come James McAvoy fa tutta la differenza del mondo. L’attore scozzese catalizza col suo carisma ogni scena di Speak No Evil in cui compare, complice la presenza scenica impressionante: è fisicamente enorme, sui livelli di Split e Glass, opere da cui riprende anche alcune caratteristiche espressioni da psicopatico. Fin da Le Cronache di Narnia, passando per il suo professor Xavier, infatti, McAvoy è sempre stato eccellente nell’interpretare personaggi borderline, dei quali riesce a restituire il lato oscuro con un semplice, inconfondibile sguardo – nota a margine, forse qui anche troppo: in certi frangenti in cui la coppia dovrebbe mantenere un’apparenza normale, McAvoy regala un paio di occhiate che farebbero scappare chiunque con un minimo di raziocinio.

Il resto del cast di Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti però non viene oscurato; in particolare, troviamo Mackenzie Davis nel ruolo di una madre molto più combattiva rispetto alla sua controparte danese. Il film del 2022, infatti, aveva ricevuto critiche per le scelte assurde dei propri protagonisti, estremizzate per rappresentare quanto si è disposti a tollerare pur di mantenere una facciata di cortesia.

Qui, al netto di alcune mosse che sono più che altro una “tassada film horror, i personaggi hanno modo di comportarsi in maniera più sensata e completa (per chi lo ha già visto, parliamo di far scrivere un bambino non in grado di parlare, o arrivare alla rivelazione finale in maniera meno “facile”), oltre che di reagire.

Nota di merito, infine, per i giovanissimi Alix West Lefler e Dan Hough, gli interpreti dei piccoli Agnes e Ant, che con un ruolo più attivo non sfigurano affatto in scena coi loro colleghi più esperti.

Ben (Scott McNaiey), Louise (Mackenzie Davis) e Agnes.

Spesso i remake subiscono il peso del confronto, venendo svalutati come film a sé. I paragoni (qui inevitabili: sono passati appena due anni) non sono in un’ottica di qualità, ma di scelte narrative. Watkins costruisce il suo Speak No Evil attraverso le differenze dall’opera madre, che permettono al film di stare in piedi da solo. Il risultato è un horror meno autoriale e più pop, di più facile accesso, da non intendere in senso negativo.

Presentare una diversa chiave di lettura permette al pubblico di apprezzare due visioni diverse di un’opera, piuttosto che lanciarla direttamente in competizione, lottando contro lo stereotipo per cui l’originale debba essere sempre migliore. Speak No Evil – Non parlare con gli sconosciuti, infatti, è efficace sia come film indipendente che come rifacimento, senza paura di deviare dal percorso conosciuto, ma sperimentando e modificando per raccontare la propria storia.


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Classe 2000, marchigiano ma studio Comunicazione all'Università di Padova. Mi piacciono la pallacanestro, i cani e tanto tanto cinema. Oh, e casomai non ci rivedessimo, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!

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