Squid Game 2, la nuova stagione della serie culto creata dal regista sudcoreano Hwang Don-hyuk, è approdata su Netflix dopo 3 anni di attesa, registrando ancora una volta un sorprendente record in tutto il mondo, arrivando a 68 milioni di visualizzazioni nei primi quattro giorni di disponibilità. La prima stagione si è conclusa con la decisione del protagonista Seong Gi-hun (Lee Jung-jae) di non partire per gli Stati Uniti e di tornare indietro per sventare il diabolico gioco. Infatti, si troverà nuovamente all’interno del bunker con nuovi giocatori e giocatrici, tentando disperatamente di fermare le stesse brutalità che hanno subito i partecipanti dell’edizione precedente.
Ad attenderlo vi è nuovamente Front Man (Lee Byung-hun), il quale, però, decide di camuffarsi tra i giocatori per seguire da vicino le gesta di Gi-hun, alternando momenti in cui mette in difficoltà sia se stesso che i giocatori, ad altri in cui si schiera senza destare sospetti.
Cosa è cambiato in Squid Game 2
Le molteplici novità di Squid Game 2 non riguardano soltanto i nuovi giochi, ma anche la modalità con la quale il regista rappresenta i caratteri dei personaggi e l’andamento della trama. Dove prima vi era una caratura più mitica, questa viene meno in funzione di una superbia eccessiva, che sfocia in una retorica pressoché stucchevole con dialoghi scontati. Ogni personaggio presenta diverse sfaccettature e Gi-hun, in particolare, risulta molto cambiato. Il ritorno del protagonista all’interno del gioco non rappresenta più un motivo per rimediare ai debiti, ma diventa il pretesto per cercare vendetta, il che, però, diventa un paradosso quasi prevedibile.
Non cambia la crudeltà dei giochi e non cambia nemmeno l’obiettivo finale. Tuttavia, stavolta viene data ai concorrenti la libertà di scegliere se proseguire con i giochi o fermarsi definitivamente, con il diritto di ricevere il denaro diviso equamente in base a quanti di loro sono rimasti. Ciò che sorprende è la metafora del gesto, la quale lascia intuire facilmente la classica divisione tra contemplatori e lottatori, animi che sono intrisi nella natura umana e che il regista ha voluto sottolineare ancora una volta per sferrare una forte critica al sistema capitalistico e, per certi versi, anche verso l’industria dello spettacolo.
Squid Game 2, una nuova forma di capitalismo
La filosofia di Squid Game 2 è sempre la stessa: chi insegue i soldi muore, oppure vive con un profondo senso di rammarico e frustrazione. Se pensiamo a quanto il regista abbia faticato e sofferto per creare la serie (ha dichiarato di aver perso 9 denti a causa del forte stress durante le ultime riprese), appare lungimirante il registro narrativo che ha voluto adottare. Lo spirito del capitalismo in questa stagione cambia veste e assume sempre più i connotati di una caotica anarchia, dove la classica dicotomia noi-loro viene superata dalla presa di coscienza dei partecipanti, i quali decidono di ribellarsi.
Il paradosso risiede nella psicologia di Gi-hun, che, entrato come salvatore, prosegue il suo percorso nel gioco come un antieroe costretto ad accettare il sacrificio altrui, rivelandosi come un individuo non molto diverso dagli uomini in tuta e dallo stesso Front Man. Quest’ultimo sceglie di camuffarsi tra gli sciagurati indebitati per instaurare un rapporto di fiducia tra lui e il protagonista, con l’intento reale di ingannarlo per costringerlo a prendere consapevolezza del paradosso del gioco, anche se Gi-hun non è ancora consapevole della sua vera identità.
In Squid Game 2, le persone sono disposte a fare tutto pur di ottenere il denaro, anche a costo di continuare a giocare dopo aver visto con i propri occhi la scia di sangue lasciata dall’uccisione dei perdenti, divenendo anch’essi autori del massacro.
La critica corale in Squid Game 2

Dunque, se la prima stagione si è contraddistinta per aver sfruttato la banalità del male per rappresentare l’avidità dell’uomo, in Squid Game 2 il male appare esasperato e molto forzato. In questa visione apocalittica, la critica alla società diventa corale, perché dimostra che ne facciamo parte, attivamente, pure noi. Ma ha funzionato davvero? Probabilmente a metà. Nonostante una fotografia impeccabile, la scelta di usare prettamente tonalità scure per rappresentare l’ambiente della storia e l’ottima interpretazione di alcuni personaggi, Squid Game 2 reca delle storture che lasciano diverse questioni aperte, alcune di esse prive di una logica narrativa che sia funzionale allo sviluppo dei personaggi.
In questa nuova stagione, il regista si è concesso il privilegio di osare, donando allo spettatore uno scenario di violenza pura, come se avesse voluto comunicare sia il senso di frustrazione provato in questi anni di gestazione della serie, sia quello di denuncia rivolta alla società coreana.
Come detto in precedenza, Squid Game 2 sferza una critica anche alle rigide leggi del mercato delle piattaforme streaming, tra cui Netflix stessa, che stringono in una morsa la creatività degli autori in funzione di profitti spropositati, affinché gli spettatori si compiacciano del prodotto che consumano. Forse il successo di questa serie risiede proprio nella capacità – seppur implicita – di svelare l’immagine di una realtà precaria, dove è apparentemente difficile stabilire chi è l’impostore (analogamente a ciò che avviene nel film Parasite). Tuttavia, si preferisce restare incantati dalla virale canzoncina Round and round, senza prestare attenzione all’allegoria per la quale è stata utilizzata nella scena del gioco della giostra.
Per scoprire il destino di Gi-hun e dei restanti concorrenti, non ci resta che aspettare l’uscita della terza stagione, già annunciata per quest’anno.
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