The Sin, pellicola d’orrore di Dong- seok Han presentata al Torino Film Festival, è un soggetto dal gusto metacinematografico che combina il cinema di genere, quello sperimentale e quello di puro intrattenimento. The Sin racconta di quanto il peccato sia radicato nella nostra cultura, sia che vaghi in mezzo a noi indisturbato sia che ritorni per tormentarci ed eventualmente riportarci sulla retta via.
Possibilmente, senza spolparci vivi.
Sono onnipresenti i temi della vendetta e della vergogna, molto trattati e approfonditi dal cinema coreano. In questo film, inoltre, vengono anche esplorati i temi della religione e del fanatismo: nel cinema e nella serialità horror, tematiche del genere sono molte conosciute grazie a film come Train To Busan o serie televisive come la controversa e cruda Hellbound.
Di cosa parla The Sin
Si-Yeong, una giovane ballerina con alle spalle un’adolescenza problematica e uscita recentemente illesa da un grave incidente automobilistico, viene assunta da una produzione indipendente per un film sperimentale sulla danza, ambientato in un edificio abbandonato. Durante la lavorazione le emicranie e le visioni che tormentano la giovane s’intensificano sempre di più, alcuni membri della troupe spariscono in circostanze sospette e un gruppo di persone mascherate seguono a distanza le riprese e tracciano simboli sacri sui tetti degli edifici circostanti.
L’orrore irrompe nel set sotto forma di cadaveri rianimati e rabbiosi che attaccano la troupe; inizia così una fuga disperata verso l’esterno che metterà a dura prova l’attrice e rivelerà alcuni oscuri segreti del suo passato e la vera natura dei suoi poteri.
The Sin, un mix di ambientazioni e tematiche molto diverse fra loro
Dong- seok Han, grande appassionato di cinema horror, azzarda a combinare una serie di stili artistici e contesti culturali in una pellicola d’azione e mistero dalla trama complessa e particolareggiata: sceglie di ambientare la storia, per dargli un tratto autoriale forte, in un set, luogo in cui si trova più a suo agio e con cui strizza l’occhio al pubblico di cinefili da art house e agli amanti dei film a scatole cinesi. In aggiunta, usa lo zombie rabbioso e scattante, tipico di film come 28 giorni dopo, come strumento di vendetta e di punizione verso un gruppo di codardi e pavidi filmmaker che nascondono aspetti oscuri o scellerati della loro vita.
L’aspetto metanarrativo di The Sin dà uno spessore tridimensionale a un revenge movie che si compie attraverso rituali proibiti e poteri sovrannaturali: non c’è perdono per le vittime e non si simpatizza per nessuno dei protagonisti che affronta orde di non-morti, poliziotti corrotti e fanatici religiosi. Dopo ogni colpo di scena, la vita di ciascun personaggio si rivela macchiata dal peccato e da una missione che comprometterà le loro vite, legandole in una spirale di sacrificio e violenza.
Le punte di diamante nel cast sono le attrici che hanno alle spalle studi di recitazione e danza: Kim Yoon-Hye è una giovane stella di alcuni k-drama di successo come Vincenzo e Shooting Star; Kim Bora è una coreografa conosciuta nel panorama della danza contemporanea in Corea con il suo progetto Art Project Bora, citato anche nel film. Il casting punta saggiamente su un gruppo di giovani attori che hanno conoscenze condivise sulla danza ed esperienze di set in comune.
The Sin, il fardello del peccato e i punti di contatto tra credi diversi
Il peccato è uno dei temi cardine su cui si è concentrato il regista poiché la Corea del Sud è un paese che ospita molte religioni e tutte quante condividono il messaggio di espiazioni dei peccati: Dong- seok prende il messaggio comune “vivi bene senza peccare” e, con piglio ironico, lo sovverte.
Lo fa attraverso la figura della protagonista, la cui backstory è ambigua e segnata dal dolore e da una madre folle che tenta in ogni modo di soffocare il lato oscuro della figlia, calamita vivente per disastri e crimini di ogni sorta. Verso la fine di The Sin, una delle rivelazioni cambia totalmente la trama, concentrandola in un cliffhanger che preannuncia una crociata contro il Maligno che cammina tra noi.
L’elemento più affascinante di The Sin rimane comunque quello della danza contemporanea, non solo trattata come performance artistica ma anche come veicolo spirituale dal grande potere di evocazione e richiamo: i miti e il folclore coreano vengono riportati sullo schermo grazie a questo elemento religioso, tipico dello sciamanesimo coreano, che si scinde tra magie di purificazione e di contatto con un aldilà popolato da fantasmi e demoni che fiutano il peccato e tormentano i mortali. La religione sciamanica riuscirà nel film a incontrarsi con quella cattolica, due fedi impegnate a sconfiggere il Male in ogni sua forma.
The Sin intrattiene e diverte un pubblico in cerca di storie che possano raccontare in modo originale temi profondi e riesce a fare suo un genere molto proficuo per l’industria, adatto alla sperimentazione e al contagio di altre arti. Uno dei messaggi che lascia, con molta ironia e schiettezza, è un invito all’azione e a non essere schiavi dell’attesa e di idee distorte e imposte da una cultura della vergogna. Inoltre, induce a riflettere ed espiare le proprie colpe, prima di incorrere in spiacevoli conseguenze.
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