Sono anni ormai che alla Mostra del Cinema di Venezia è stato sdoganato il genere della commedia all’interno della competizione ufficiale: pensiamo, ad esempio, a film come Philomena (Stephen Frears, 2013) e Finale a sorpresa (Mariano Cohn, Gastón Duprat, 2021), titoli che hanno lasciato il loro segno nella storia della storica rassegna, arrivando addirittura nel palmares, in alcuni casi, delle loro annate. Trois Amies, scritto e diretto da Emmanuel Mouret, rientra a pieno titolo nel genere della commedia sentimentale ed è stato selezionato per il Concorso, inserendosi così in questa precisa scelta editoriale del festival.
Trois Amies, le diverse forme d’amore femminile
Ambientato nella moderna Lione, Trois Amies racconta del rapporto e dei rapporti intrattenuti da tre amiche: Joan (India Hair) ha smesso di amare suo marito Victor (Vincent Macaigne); Alice (Camille Cottin) vive stabilmente la sua relazione senza amore col compagno Eric (Grégoire Ludig), il quale però intrattiene una relazione extra-coniugale con Rebecca (Sara Forestier), amica comune di Alice e Joan. Quando un evento tragico le complisce, le loro vite verranno inevitabilmente sconvolte.
Al centro della pellicola di Mouret vi è l’esplorazione del sentimento amoroso, delle sue diverse e complesse sfaccettature. Ognuna delle tre amiche, infatti, ha una propria idea di ciò che il sentimento amoroso è, e finisce per intrattenere diverse forme di rapporto ed esplorare diverse forme di amore: Joan si trova ad affrontare prima la fine dell’innamoramento e il senso di colpa che questo comporta, poi il timore di intraprendere una nuova storia; Alice, che non crede nell’amore, ne sperimenta una forma estremamente idealizzata, ai limiti del romanticismo e dell’impossibile di infatuazione, quasi fosse dettata dal destino; Rebecca si deve destreggiare tra il desiderio di essere amata e il senso di amicizia che ha verso Alice.
Anche le diverse controparti maschili sviluppano visioni e forme diverse di amore, legate anche ad immaginari più spiccatamente maschili: Eric sviluppa un problema con la gelosia, Victor manifesta un amore verso sua moglie (o meglio, verso l’idea che lui ha di sua moglie) talmente grande che non riesce a percepire i suoi problemi; Thomas (Damian Bonnard) deve adattare i propri sentimenti a quelli di una persona bloccata da un passato traumatico che sta provando a lasciarsi alle spalle.
Al netto di una dimensione maschile pure approfondita, a spiccare in Trois Amies è l’analisi del sentire e dell’amore femminile, amplificato dal senso profondo di amicizia che accomuna le tre protagoniste: a dispetto di tutto e delle rispettive e diverse sensibilità, il loro rapporto di amicizia – talmente centrale da dare il nome al film – si dimostra più forte di tutto, anche quando non è sempre limpido e perfetto.
Se in questa disamina del sentimento amoroso è il senso e il fine ultimo dell’opera di Mouret, è pur vero che, dopo un attacco in cui Trois Amies dimostra una certa sensibilità e raffinatezza, nella seconda metà la narrazione scivola in soluzioni inutilmente arzigogolate, che complicano la trama e l’intreccio a tal punto da far avvicinare involontariamente la pellicola ai toni del melò che smorzano la raffinatezza iniziale della scrittura.
Lo spettro di Rohmer su Trois Amies
Nel vedere Trois Amies è veramente difficile non pensare al cinema di Éric Rohmer – peraltro dichiarata ispirazione del regista e sceneggiatore. Echi del cinema del maestro d’oltralpe si possono riscontrare in una sceneggiatura indagatrice dell’animo umano, incentrata su esseri umani imperfetti, che sbagliano in continuazione; e in una regia piana, fatta di lunghe inquadrature e e figure intere che permettono ai suoi personaggi di respirare e muoversi nelle inquadrature.
Al netto dell’ispirazione e di elementi di richiamo, Trois Amies di Mouret presenta comunque elementi di originalità e di distacco da quello stile: dagli elementi di realismo magico che si insinuano nell’intreccio (le apparizioni fantasmatiche del personaggio di Vincent Macaigne, i sogni di Alice) al citazionismo cinematografico (oltre a Rohmer, Buster Keaton e i fratelli Marx) e letterario (Charlotte Brönte su tutte) che proiettano la pellicola nel postmodernismo – unitamente a una voce narrante impacciata di un personaggio secondario.
Questi elementi, tuttavia, finiscono per aggiungere poco in termini tematici ed estetici a una pellicola che funziona proprio nei momenti in cui riesce a insinuarsi nelle terre già battute dal mentore del suo regista: è proprio nel segno di Rohmer infatti che Trois Amies riesce a trovare il tono e la forma più congeniali per affrontare i suoi temi e le sue riflessioni.
Al netto di quanto suddetto, Trois Amies si presenta dunque come una deliziosa commedia “alla francese” fatta di relazioni extraconiugali e sentimenti delicati, portata avanti da un grande cast di attori d’oltralpe – spicca decisamente Sara Forestier, in un ruolo più istrionico delle colleghe, che non scade mai nel macchiettistico. Seppur abbastanza derivativo e non particolarmente incisivo, il film di Mouret risulta godibile e diverte con un’intelligenza, una sensibilità e una delicatezza tipica di una certa “francesità”.
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