Una still tratta da Anora, film Palma d'Oro 2024 di Sean Baker: in essa Vanya (Mark Ėjdel'štejn) e Anora (Mickey Maddison) sorridono abbracciati nel centro commerciale di Las Vegas

Anora, amore, sesso e soldi nell’era delle Green Card

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Era dal 2011, dai tempi di The Tree of Life di Terrence Malick, che al Festival di Cannes non trionfava un film americano. È successo di nuovo quest’anno, tredici anni dopo, con Anora, ottavo film del regista, sceneggiatore, produttore e montatore statunitense Sean Baker. Era un obiettivo che l’autore, fattosi conoscere tra i cinefili negli ultimi anni con opere indie di grande successo di critica come Tangerine, Un sogno chiamato Florida e Red Rocket, voleva raggiungere oramai da anni, da quando si è laureato alla New York University.

Questa sua ultima fatica rappresenta per Baker non solo il coronamento di un sogno oramai pluridecennale, ma apre una nuova fase della sua carriera artistica: Anora è, infatti, un punto di arrivo nella sua filmografia, una sintesi di tutto quello a cui ha lavorato fino a questo momento e, al tempo stesso, un nuovo punto di partenza per il suo lavoro artistico, l’inizio di una nuova, eccitante fase della sua carriera.

Anora, una screwball comedy per la contemporaneità

L’ultima fatica di Sean Baker racconta, appunto, di Anora (Mikey Madison, indimenticata protagonista del requel di Scream), una ragazza russo-americana di ventitré anni che si fa chiamare da tutti Ani e si guadagna da vivere facendo la sex worker e la stripper in un night club di Manhattan. La sua vita è fatta principalmente delle luci accecanti e coloratissime del night, delle conversazioni più o meno amichevoli con le sue colleghe e delle danze private per i suoi clienti.

Tutto questo però è destinato a cambiare dopo l’incontro con Ivan, detto Vanya (Mark Eidelstein, una sorta di “Timothée Chalamet russo“), figlio di ricchissimi magnati russi. Tra i due sembra che si crei un legame, al punto tale che finiranno per sposarsi a Las Vegas affinché il giovane possa non tornare più in Russia. Come non poche recensioni sottolineano, Anora sembra avvicinarsi a un altro film popolarissimo presso il grande pubblico, Pretty Woman: se, da un lato, la somiglianza tra i due a livello di trama è innegabile, dall’altro è facile constatare come in Anora questo sia solo il pretesto narrativo necessario per far partire il vero e proprio film.

Un'immagine promozionale di Anora, film di Sean Baker vincitore della Palma d'Oro 2024: Anora (Mickey Maddison) balla in un night club

Anora, infatti, si trova a dover affrontare le conseguenze di questa decisione: i genitori di Vanya, scoperta per caso la relazione tra il figlio e “una prostituta” e rimasti sconvolti da una notizia che getta in cattiva luce la loro famiglia, decidono di arrivare d’urgenza in America per far annullare le scandalose nozze.

Ad aiutarli ci saranno dei buffi e inconcludenti collaboratori fidati, di origine armena – sui quali spicca il non gopnik Igor, interpretato da Jurij Borisov, noto per il suo ruolo in Scompartimento n. 6. Anora, contro la sua volontà, si trova così a vagare assieme a questi personaggi per recuperare Vanya così da far annullare il matrimonio, in un viaggio a metà strada tra Uncut Gems e Fuori Orario.

Quella di Anora è una storia che intreccia, dunque, toni e generi molto diversi tra loro: il dramma sociale – genere cui il cinema di Baker si lega intrinsecamente – si mescola alla screwball comedy, popolare genere della commedia americana emerso dopo il New Deal roosveltiano. Esso si è contraddistinto nella storia del cinema per l’unione tra la commedia sofisticata e la farsa, mettendo in scena situazioni farsesche con dialoghi brillanti e recitati con grande ritmo da attori e attrici come Katharine Hepburn, Cary Grant e Barbara Stanwyck.

Il genere, fortemente innovativo per gli anni ’30 e che ha avuto un impatto fortissimo nella storia del cinema – si pensi a titoli come Accadde una notte di Frank Capra e La signora del venerdì di Howard Hawks -, ha avuto un evidente influsso anche sulla stesura della sceneggiatura, soprattutto nella seconda ora della pellicola, più votata alla commedia e all’equivoco, rispetto ad una prima ora legata invece agli stilemi della romcom e della storia d’amore.

Un'immagine tratta da Anora di Sean Baker: Anora (Mickey Maddison) è sdraiata sul letto, che guarda il suo nuovo marito Ivan (Mark Ėjdel'štejn)

Il tentativo di modernizzazione di generi e forme filmiche del passato non è assolutamente una novità nel cinema di Baker, il quale cerca sempre l’ibridazione con il cinema americano classico. Si pensi a Un sogno chiamato Florida, che richiama esplicitamente a Simpatiche canaglie, nota anche come The Little Rascals, popolare serie di film degli anni ’20, e al Neorelismo, movimento che è rimasto un’ispirazione cardinale per il regista statunitense, anche per Anora.

I cambiamenti di tono sono, dunque, repentini nella pellicola, senza risultare tuttavia fuori luogo o posticci: essi, anzi, risultano funzionali a far comprendere e immergere lo spettatore nello stato d’animo, nell’assurdità della situazione in cui la giovane protagonista si trova a dover affrontare. Il ricorso poi ai toni della commedia romantica e della screwball comedy permettono al film di avere una struttura, narrativamente parlando, precisa per quanto molto peculiare, e spendibile per un grande pubblico, vista la sua natura prevalentemente comica. Proprio quest’ultimo elemento rende Anora, a ben vedere, un vincitore atipico della Palma d’Oro, tradizionalmente riservata a pellicole pregne di profonda autorialità e difficilmente accessibili al grande pubblico.

Sex work, rapporti di classe e l’umanesimo di Sean Baker

L’esplorazione del mondo delle e dei sex worker nel cinema di Baker è un altro elemento costante e ricorrente: le sue pellicole più note, precedentemente citate, hanno per protagonisti attori di film a luci rosse, prostitute e gente che vende il proprio corpo per poter sopravvivere in America. È proprio quest’ultima la chiave di lettura attraverso cui interpretare questa scelta tematica: nei e nelle sex worker Baker vede gli ultimi di una società ancora ossessionata dal Sogno americano. L’unico modo che i personaggi di Sean Baker vedono per poter tentare un miglioramento delle condizioni di vita è proprio attraverso il sesso. È tuttavia una visione illusoria e fittizia, che blocca i protagonisti nella condizione in cui già si trovano.

La tragedia che i personaggi al centro delle storie di Sean Baker vivono è proprio questa: l’impossibilità di migliorare la propria vita in una società iniqua, dove pochi concentrano il potere assoluto a discapito dei molti, costretti a vivere nelle periferie e ai margini della società. Ogni tentativo di cambiare, di aspirare ad una vita migliore, viene inevitabilmente bloccato sul nascere, anche quando questo implica l’essersi veramente giocati il tutto per tutto con una forza e un’intraprendenza ammirevoli. Questa visione del mondo, pure presente in pellicole come Red Rocket e Un sogno chiamato Florida, in Anora si fa evidente, spiccata, ai limiti dell’esplicito.

Un'immagine tratta da Anora, film di Sean Baker: Anora (Mickey Maddison) si guarda allo specchio col suo anello di fidanzamento

La protagonista, interpretata da Mikey Madison con una forza, un’energia, una vivacità e un’esplosività rare, attraverso il matrimonio con Vanya sembra illudersi di aver compiuto il grande passo, di essere riuscita a “vincere” nel sistema americano. L’amara realtà – il fatto che lei sia, in fondo, agli occhi di suo marito poco più che un giocattolo, un capriccio per andare contro i suoi genitori e per non iniziare a lavorare in Russia ottenendo una Green Card – le si rivelerà pian piano nel corso della lunga nottata trascorsa con gli scagnozzi della famiglia di Ivan, passata a ricercare un ragazzino, suo marito, per tutta la città.

Anora scende a patti con la realtà per la quale lei non può nulla in un mondo di ricchi e potenti, lei che fa un mestiere socialmente malvisto soprattutto dalle classi più agiate – le stesse, poi, che evidentemente usufruiscono dei suoi servizi – e che non ha un vero potere politico né economico. È in questo senso che va vista e interpretata la passività del personaggio protagonista: nel corso di tutta la pellicola, Anora sembra sempre subire le azioni e le decisioni altrui – dal lavoro con Vanya al loro matrimonio, passando per la nottata alla ricerca dello stesso e l’annullamento del loro matrimonio – proprio in virtù della sua posizione, specchio della sua agency in termini sociali.

Solo verso il finale, quando il ruolo di Anora diventa centrale per l’annullamento del matrimonio, lei inizia a compiere gesti che le permetteranno di affermare la sua agentività rispetto alle azioni che la circondano. Ma anche ciò, come il matrimonio e la sua supposta scalata sociale, è illusorio: nella straziante e malinconica scena finale – che ricorda le stesse sensazioni che lascia nello spettatore la conclusione de Le notti di Cabiria -, il ciclo ricomincia per Anora, che sfrutta la propria agency per ricominciare a usare il proprio corpo in un momento che si dimostra di forte autenticità e vulnerabilità, forse il primo visto in tutta la pellicola.

Un'immagine tratta da Anora di Sean Baker: un primo piano di Anora (Mickey Maddison)

La vicenda di Anora è vista attraverso lo sguardo profondamente umanista cui Sean Baker ci ha ormai abituato, fatto di inquadrature strette sui volti dei suoi personaggi – nel tentativo evidente di star loro vicini e di cogliere tutta la loro umanità -, di zoom e di un realismo nella messinscena che trova le sue radici nel già citato Neorealismo, aggiornato però ai mezzi della contemporaneità.

Questo approccio umanista permette a Baker di gettare uno sguardo non giudicante sul mondo delle sex worker, rappresentate con grande umanità e dignità, pur non ignorando il lavoro sul corpo che queste persone fanno, e anzi sfruttando l’opportunità per inserire nel film non poche scene di nudo, di sesso e di lap dance – andando così a sopperire la carenza di “cinema adulto rivolto agli adulti” da lui spesso denunciata.

Attraverso un approccio che si può definire oramai maturo per la sua carriera, affiancato da un cast in stato di grazia, Sean Baker costruisce con Anora il suo film più compiuto, più completo e da grande pubblico. Un’opera accessibile, umanissima e viva, fatta di sapiente e pregiata fattura, che rappresenta per Baker non solo un punto di arrivo e di perfezionamento del suo stile, ma appunto l’inizio della maturità artistica di un regista americano tra i più abili ed alti che la cinematografia contemporanea abbia.


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Classe 2001, cinefilo a tempo pieno. Se si aprissero le persone, ci troveremmo dei paesaggi; se si aprisse lui, ci troveremmo un cinema. Ogni febbraio vorrebbe trasferirsi a Berlino, ogni maggio a Cannes, ogni settembre a Venezia; il resto dell'anno lo passa tra un film di Akerman, uno di Campion e uno di Wiseman.

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