Dopo mesi di trepidante anticipazione, esce finalmente nelle sale l’atteso Doctor Strange nel Multiverso della Follia, nuovo capitolo del MCU che cambia, ancora una volta, le carte in tavola per i personaggi e le storie dell’Universo Marvel. Il film infatti, diretto dal mitico Sam Raimi, che vent’anni fa ci ha graziato con la sua trilogia di Spider-Man, e ancora prima con i suoi cult horror-comedy, riprende ed evolve in modo intelligente personaggi affermati dell’Universo Marvel, riuscendo anche a raccontare una storia sorprendentemente contenuta, nonostante i numerosi easter eggs e la portata mastodontica del Multiverso, finalmente introdotto in maniera ufficiale nel canone MCU.
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Doctor Strange è tornato, e non perde tempo
Doctor Strange nel Multiverso della Follia non perde tempo ed inizia subito da dove avevamo lasciato i diversi eroi ed eroine nelle loro ultime apparizioni, dopo Spider-Man: No Way Home e WandaVision. Senza troppi convenevoli infatti veniamo subito introdotti alla nuova eroina America Chavez (Xochitl Gomez), e poco dopo il combattimento iniziale Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) chiede aiuto a Wanda (Elizabeth Olsen) per proteggere la ragazzina. Il film non allunga la minestra ma avanza speditamente per buttarsi subito nella storia. Questa strategia è insolita per la Marvel, che solitamente crea una lunga attesa prima di arrivare al sodo del film o della serie tv.
In Doctor Strange nel Multiverso della Follia invece non si perde tempo, neanche nelle scene d’azione: forse per merito di Sam Raimi, i combattimenti sono essenziali e concisi, non confusionari e gratuiti come in tutti i film MCU. È evidente che c’è un pensiero più ordinato dietro ad ogni azione, ogni effetto speciale, ogni incantesimo: le magie di Strange sono molto più creative e variegate rispetto a quelle del primo film, e non si limitano solo al lazo arancione, anzi lo Stregone (non più Supremo, quel titolo spetta ancora a Wong) evoca creature serpeggianti e crea giochi d’illusione e di riflessi, mentre le allucinazioni create da Wanda si fanno più oniriche e horror, in chiaro stile Raiminiano.
La trama poi esula dalla solita anonimia dei film Marvel, per raccontare invece una storia che solo questi personaggi potevano raccontare: i traumi e l’ossessione di Wanda, il peso delle scelte che Stephen ha fatto nel corso del primo film e in Avengers: Infinity War (e anche in What If…?), e infine anche le abilità di America, anche se appena introdotta nel macrocosmo Marvel, si rivelano indispensabili allo svolgimento della trama e alla caratterizzazione dei personaggi.
In questo si può dire che Doctor Strange nel Multiverso della Follia non rientra nel classico film MCU, ma, grazie alla lunga esperienza di Sam Raimi, il film mantiene una sua identità costante, che si perde solo momentaneamente nelle sequenze ricche di easter eggs e di comparsate.
Insomma, per riassumere, la durata non eccessiva, l’originalità delle sequenze d’azione, la componente horror, le transizioni non convenzionali, e soprattutto una storia che non si disperde e non affoga nella sua stessa autoreferenzialità (sia questa diretta ai prodotti Marvel o alla filmografia di Raimi) rendono Doctor Strange nel Multiverso della Follia una piccola madeleine per i fan di lunga data di Sam Raimi, e anche per chi è stato testimone dei primi film anni 2000 sui supereroi, che riuscivano a raccontare una storia semplice e divertente, spesso sbizzarrendosi con effetti speciali e sequenze d’azioni e musicali.
Sam Raimi, dopo un decennio di film di supereroi triti e ritriti, sempre uguali e poco originali, ci ha finalmente ricordato di come un cinecomic deve essere: divertente, inventivo, originale.
Nel Multiverso della Follia
Ovviamente, trattandosi di un film Marvel, il film è zeppo di riferimenti, personaggi, e, inevitabilmente, di grossi spoiler. In realtà Doctor Strange nel Multiverso della Follia non sguazza in un oceano di easter eggs come fanno i suoi consanguinei, ma si limita a concentrare tutta la ciccia in una sola sequenza. Come largamente anticipato e suggerito dai trailer, gli Illuminati fanno il loro prepotente ingresso nel MCU, anche se in modo molto confuso e sbrigativo. Tra i membri dell’organizzazione infatti sono presenti molti volti noti, anche tra i più insospettabili, ma non è chiaro se vengano tutti dallo stesso universo canonico.
Senza fare troppi nomi, i personaggi che appaiono in questa sequenza sono un miscuglio di attori nuovi, attori che riprendono i propri ruoli, e attori che si appropriano di ruoli interpretati originariamente da altri attori, per non dire addirittura da altre voci. Anche se i fan sobbalzeranno più volte sulle loro sedie, ancora una volta la Marvel fa più confusione che chiarezza. Tutta la sequenza è un sogno che si avvera per i lettori di fumetti, ma allo stesso tempo lascia un sapore amaro in bocca, che si addolcirà, forse, nel futuro prossimo, una volta visti i prossimi progetti architettati da Kevin Feige.
È indubbio che la Marvel nonostante tutto sia ancora una volta riuscita a gestire le proprie diverse proprietà intellettuali in modo intelligente e a creare ancora aspettative dopo l’apoteosi di climax raggiunta con Avengers: Endgame. In Doctor Strange nel Multiverso della Follia la posta è ancora più alta: le porte del Multiverso sono state aperte, e verranno sicuramente riattraversate molto presto, forse già in Ant-Man and the Wasp: Quantumania, in uscita il prossimo anno, e forse, chissà, anche nel reboot dei Fantastici Quattro, annunciato nel 2019.
Non è chiaro quanto il futuro della Marvel voglia capitalizzare sul concetto di Multiverso e di personaggi alternativi (o Varianti, per utilizzare il lessico della serie Loki), e gli Illuminati sicuramente non hanno aiutato a chiarire l’argomento, ma Doctor Strange nel Multiverso della Follia è un interessante spunto di riflessione sulle potenzialità, e sui rischi, di questa narrazione.
La mano autoriale di Sam Raimi
Quello che sorprende di più di Doctor Strange nel Multiverso della Follia è che è in tutto e per tutto un film di Sam Raimi: non solo il regista ha mantenuto il suo personale stile e i suoi piccoli marchi di fabbrica, ma la Marvel gli ha anche permesso di autocitarsi spudoratamente e senza ritegno.
Se i fan di lunga data riconosceranno i movimenti di macchina dinamici e gli zoom rapidi, la sorpresa più grande sta nella presenza di trucchi ed oggetti già utilizzati nella filmografia del regista: il look di Strange nella battaglia finale non può non ricordare i Deadites della saga di Evil Dead (composto dai film La Casa 1, 2 e L’Armata delle Tenebre e dalla serie tv Ash vs. Evil Dead), così come la presenza del Darkhold, sebbene sia un artefatto mistico presente nei fumetti da decenni, non può non ricordare il Necronomicon.
In gran parte del film infatti è presente l’elemento horror, certe volte così eccessivo da risultare comico o ridicolo, come Sam Raimi è solito fare. Inoltre la presenza di Bruce Campbell in un piccolo ruolo, anche questo deliziosamente autoreferenziale, non fa che avvalorare lo stile autoriale che la Marvel ha concesso al regista.
Anche la colonna sonora di Danny Elfman evoca un senso di familiarità che fa sentire i fan a casa: Elfman, oltre ad essere un collaboratore di lunga data di Raimi, ha composto la gran maggioranza dei primi film di supereroi (prima che Hans Zimmer e i suoi allievi prendessero il suo posto), e anche in Doctor Strange nel Multiverso della Follia riecheggia un modo di comporre musica che non si sentiva da troppo tempo: divertente, coinvolgente, originale, Elfman gioca con i generi filmici e i temi preesistenti Marvel, oltre che con Bach e Beethoven, in una delle sequenze più divertenti e originali del film.
Nonostante la solita formula Marvel, che vuole stuzzicare i fan con comparse ed anticipazioni vacue, Doctor Strange nel Multiverso della Follia è una ventata d’aria fresca per il MCU, sicuramente grazie alla regia e all’inventiva di Sam Raimi e dei suoi colleghi, ma anche grazie ad una storia contenuta, concentrata sui soli personaggi principali, e che sa sfruttare al meglio anni di storie narrate dai film e serie tv, accrescendo la mitologia Marvel in più di un senso.
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