L’inclusività oggi al cinema è un tema tra i più discussi e trattati. Non è una novità. Lo dimostra d’altra parte anche la programmazione ufficiale di Venezia80, in cui i film che affrontano tematiche “di tendenza” sono molti (se non tutti).
Basta citare il Povere Creature di Yorgors Lanthimos, che traina con fierezza i film del Concorso in un mondo dove piacere e passione vengono scoperti da zero, senza intrusioni degli schemi sociali di forma. Kobieta Z…, titolo in polacco che significa letteralmente Donna di…, dell’accoppiata Małgorzata Szumowska e Michał Englert, si prodiga invece in una maniera più eversiva e documentaristica rispetto a tutte le altre produzioni.
Cosa aspettarsi da Kobieta Z…
Kobieta Z… è la tragica storia di Aniela (nata con il nome di Adam), una donna transgender che fin dalla giovane età ha combattuto per veder riconosciuti i propri diritti. All’interno di una Polonia anch’essa in transizione, che conosce il periodo storico della caduta del Muro di Berlino, Aniela si trova combattuta in un mondo e un corpo che non gli appartiene. Quella di Szumowska e Englert è una storia che quindi fa eco non solo a un certo cinema di riscatto sociale, ma anche a una determinata posizione politica anticonformista (la Polonia, ricordano i due registi, è “il paese più omofobo e transfobico dell’Unione Europea”).
Il film si muove così attraverso un arco temporale lungo più di quarant’anni, in quello che è un periodo cruciale per la Polonia, paese rinato ufficialmente dalle ceneri dell’ex Unione Sovietica. Kobieta Z… mostra proprio questo: uno stato in (ri)formazione, concentrato sulle sfide del domani e che cerca però di stare al passo con il presente.
Nondimeno una realtà sociale che non ha mai fatto i conti con le proprie insicurezze e le sezioni più bigotte della società. Tra le tante, il profondo legame con il mondo cattolico conservatore, che in certi casi assume voragini estremamente discriminatorie (si osservino le scene in tribunale, dove un processo legale diventa quasi un processo farsa istituzionalizzato), che tracciano, almeno in parte, un ritratto universale della questione – ancora aperta – sulla transizione di genere.
Soggetti del contemporaneo
In questo lo splendido team di Kobieta Z… è impeccabile, e con coraggio sfida i tabù più nascosti di un mondo ancora lasciato in penombra. Gli attori/attrici che interpretano Adam/Aniela, ovvero il talentuoso ed esordiente Mateusz Więcławek per le scene da giovane e la splendida Małgorzata Hajewska per quelle da adulta, donano al personaggio una profondità quasi metafisica. Kobieta Z… è infatti una pellicola completamente incentrata sulla sua protagonista, alla quale viene data una tridimensionalità che riflette la sua sessualità fluida, mai troppo femminile né troppo maschile.
Adam/Aniela è un prototipo di soggetto contemporaneo, una mente imprigionata nel proprio corpo a cui viene impedito di liberarsene. Utile in questo senso la sua evoluzione caratteriale. Adam si ritrova nel corpo di un uomo e si comporta come tale: esce a bere con gli amici, si presenta per la leva militare – ma gli impediscono di arruolarsi perché si mette lo smalto sulle dita dei piedi – , fa sesso con la compagna Iza (Joanna Kulig) in scene di un erotismo dirompente. Nel frattempo, però, dimostra un’apertura nei confronti di un suo lato più vero e autentico, presentato in Kobieta Z… con tenace leggerezza. La stessa con cui il film si sostiene, e con cui presenta tutte le incertezze di Aniela.
Kobieta Z… è un film statico sulla transizione
Certo, nonostante l’esperienza ventennale dei due registi, i dubbi generati da una messinscena forse troppo insistente e didascalica, soprattutto nella parte centrale, ci sono tutti.
L’obiettivo (sacrosanto) di mettere in luce chiavi interpretative che sbugiardano le leggi in materia di famiglia e identificazione di genere, trovano un punto di forza nella storia processuale di Aniela. Tuttavia, gran parte del film procede con soffocata e placida discrezione, senza mai effettivamente arrivare a un punto di rottura o di conversione. In breve, c’è la transizione, sociale e strutturale di un paese, personale e universale di una donna; questo mutamento è però difficilmente individuabile all’interno della sceneggiatura e della regia di Szumowska e Englert. Eppure, nel cinema biografico ce ne sarebbe di un estremo bisogno.
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