Dopo oltre 28 anni, Leonardo Valenti ritrova una VHS che contiene il suo primissimo cortometraggio, Te L(e)o Comando, realizzato da ragazzo insieme agli amici. Da quel momento è passata una vita e una professione: ora Valenti è sceneggiatore professionista, ha lavorato in film e serie di grande importanza, come A.C.A.B. di Sollima, e Romanzo Criminale, e rivedere il suo primo lavoro, di cui era regista, gli ha mosso qualcosa.
Decide di inviare il cortometraggio a numerosi festival, partecipando anche a Cheap, sezione parallela del Milan Shorts Film Festival, nata quest’anno, dedicata a opere con budget molto limitato e indie. Noi di NPC ci abbiamo fatto una chiacchierata.
Come mai hai deciso di inviare il tuo primo cortometraggio al festival?
Leonardo Valenti (LV): Ho deciso di mandarlo proprio perché è un film cheap, quindi è coerente con il festival. Quando, per puro caso, l’ho trovato in una VHS, in una custodia tutta nera e nascosta nella mia vecchia casa, e ho poi ho visto che fosse il mio primo corto, ho deciso prima di metterlo sul tubo per condividerlo con chi conoscevo.
Dopo poco Fabio (Fieri, nda), attore presente nel film (è quello dentro alla TV) mi propose di farlo girare per qualche festival. Io la vedevo improbabile come cosa, un po’ per il tempo e la vecchiaia del lavoro, ma anche per la profonda amatorialità, invece qualcosa è accaduto. Negli ultimi anni c’è stato un grande aumento di festival, molti interessati a cose come questi lavori, era quindi interessante provare. Parecchi festival hanno risposto positivamente.
Eravate solo dei giovani appassionati o avevate appena fatto delle scuole di cinema?
LV: Nessuno aveva fatto scuole, è nato da una voglia di fare; uno dei due ragazzi, sempre Fabio, ha continuato a fare corsi di recitazione e ha trasformato questo interesse in passione, per me è poi diventato un lavoro.
La sceneggiatura è scritta a tre, poi la messa in scena e regia l’avevo fatta io, ma solo perché avevo una formazione cinefila più formata, ai tempi ero nel pieno della mia cinefilia e continuavo a guardare film quotidianamente, ed ero l’unico ad avere una conoscenza minima di regia.
Il corto è stato fatto nel 1997, avevamo tra i 18 e 22 anni ed eravamo tra fine scuole e inizio università, in quel momento in cui si cerca di capire cosa fare della propria vita. Poi dopo ho fatto altri corti e son entrato un corso di sceneggiatura in Rai, da qui è il cinema è diventato una professione.
Raccontaci della sua realizzazione: vi era una necessità dietro? C’era delle reference particolari a cui ti sei ispirato?
LV: All’epoca nasce dall’idea che la TV fosse gran parte spazzatura, eccetto qualche serie. Poi volevamo declinare in maniera comica l’idea di Cronenberg di Videodrome, di TV e dialogo con essa, una suggestione vaga ma che c’era.
Il primo interesse era raccontare con una storia virata sulla commedia che trattasse del rapporto di dipendenza che c’era tra uomo e TV, oggi direi con il cellulare. Per esempio, il protagonista appena arriva in casa accende la TV per avere qualcosa di sottofondo.
Reference poi ce ne sono molte altre, come nei movimenti di macchina, inspirati a Spielberg e Zemeckis; il tono del cortometraggio, sempre urlato, è quasi da manga o anime nel suo essere esagerato, soprattutto nella recitazione e nel coté relazionale che c’è sotto, tanto che in alcuni momenti abbiamo preso dei pezzi della colonna sonora di Jeeg Robot. Vi è uno stile generale preciso poi, che rimanda, appunto, alla televisione fin dai titoli di testa, che son fatti come il segnale statico dei tubi catodici.
Che effetto ha fatto rivederlo? Che ricordi hai di quel momento della tua vita? Soprattutto pensando al tuo interesse per il cinema.
LV: Quando l’ho rivisto, ammetto, non me lo ricordavo; nonostante i mille difetti lo trovai confezionato abbastanza bene, che ci fosse qualcosa di corretto. Mi sono sentito confortato che la strada intrapresa fosse corretta. Era un momento della vita strano, facevo studi altri, avevo la grande passione per il cinema su cui mi interrogavo, mi chiedo ora dove volessi andare con questo corto, però qualcosa c’era che è poi cresciuto. 5 anni dopo feci i primi lavori di sceneggiatore, per Distretto di polizia, avevo 27 anni.
Era la tua prima volta alla regia? Hai poi fatto altri lavori da regista?
LV: Ho fatto poi altri corti, co-regie con quella che divenne la mia ex moglie. Il primo era Amorsi, già più sofisticato di questo, trattava di un cuoco che deluso si cucinava per la sua moglie. Il terzo venne realizzato in seguito ad una call in cui bisognava mandare uno script e realizzare poi il progetto in pochi giorni. Il corto si chiamava Una questione di spirito e lo girammo in due giorni, montato poi in un giorno. È stata l’ultima esperienza di corto. Tutti e tre hanno avuto Fabio che vi recitava.
Rivedere questo lavoro ha mosso in te qualcosa di inaspettato? Hai mai pensato a tornare alla regia?
LV: Sicuramente sì, sto un po’ pensando di tornare dietro alla macchina da presa, ho un’idea su una storia che da anni ho nel cassetto. Ci sono dei film che ho scritto e che mi sarebbe piaciuto vedere sullo schermo per i quali non ho trovato registi interessati, così ho pensato che potrei tentare di farli io. Da anni fantastico su questa cosa, ma il ritrovo di questa videocassetta mi ha fatto venire la voglia di girare e riprovare. Non so in che tempi o quando, ma a 50 anni si ha anche voglia di rimettere in discussione delle cose.
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