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L'imprevedibile viaggio di harold fry

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, si fa presto a dire gran film

6 minuti di lettura

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, opera prima della regista inglese Hettie Macdonald, e in sala dal 5 ottobre scorso, cavalca l’onda di un tipo di movies on the road che, purtroppo, ha ricevuto la sua poca, pochissima attenzione da parte del pubblico.

La storia dietro L’imprevedibile viaggio di Harold Fry

L'imprevedibile viaggio di harold fry jim broadbent in una scena del film diretto da Hettie macdonald

Harold Fry (Jim Broadbent) e sua moglie Maurine (Penelope Wilton) vivono nella loro tranquilla quotidianità da pensionati, dopo una vita che (si intuisce) ha donato più insoddisfazioni che altro. Da qualche parte dovrebbe esserci anche un figlio, David (Earl Cave, proprio il figlio di quel Cave di nome Nick). Harold, però, ex impiegato in una fabbrica che produce birra, sembra passare gli ultimi gloriosi anni della sua vita con frustrazione e nostalgia.

Un giorno, la sua ex collega ed ex amica Queenie (Linda Bassett), gli scrive una lettera dove lo avverte che sta morendo di cancro. Harold a fatica imbuca la lettera di risposta, quando ecco arrivare il lampo di genio: percorrere a piedi gli ottocento chilometri che dividono casa sua dalla clinica di Queenie, in un viaggio di sopravvivenza, che diverrà poi soprattutto un percorso di reminiscenza malinconica.

Mi è sembrato di vedere un…

L'imprevedibile viaggio di harold fry jim broadbent e penelope wilton in una scena del film diretto da Hettie macdonald

Ma non c’era già arrivato David Lynch, quando nel 1999 adattò e diresse il suo film più sottovalutato, Una storia vera, vicenda (appunto, reale) di Alvin Straight che dopo aver saputo della notizia del fratello appena colpito da un infarto, decise di dirigersi da lui sul proprio tosaerba?

E non era già nell’aria, ancora prima di Lynch, il tema del viaggio – un’autentica crociata – come cura placebo messa in atto dal regista bavarese Werner Herzog, che per raggiungere un’amica malata a Parigi, percorse l’intera distanza che lo divideva da lei a piedi, raccogliendo poi le memorie nell’autobiografia Sentieri nel ghiaccio? Per non parlare dell’epopea esistenziale di Alex Supertramp, raccontata da Sean Penn nel film campione d’incassi Into the wild.

(L’im)prevedibile viaggio di Harold Fry

L'imprevedibile viaggio di harold fry jim broadbent e i suoi fan

Tornando a noi: si fa presto a dire che L’imprevedibile viaggio di Harold Fry sia un grande film solo per la sua apparente originalità. C’è che, da Una storia vera prende molto poco, se non i soggetti interessati (due anziani, nel finire della loro vita), ma del resto Macdonald – che però trae il film dall’omonimo libro del 2012 di Rachel Joyce, la quale cura anche la sceneggiatura – approfitta dello schema, soprattutto di Herzog, per costruire una storia vuota d’idee, già vista e vissuta.

Harold Fry compie un viaggio esistenziale, lascia temporaneamente la moglie, si mette alle spalle una vita che vuole mettere in pausa, affronta i fantasmi del passato, almeno per il tempo necessario che servirà ad aiutare la propria amica. Poi, diventa famoso; da vissuto passa al visto. Non è in fondo la Germania divisa del 1974, e il viaggio di Harold Fry, cittadina dopo cittadina, diventa virale, facendo sì di raccogliere intorno a sé una marea di adepti, pronti nel seguirlo. Tuttavia, questa componente di critica sociale è inserita nel film per arrivare a un messaggio che alla fine risulta sciatto, banale, e che si esaurisce nel dibattito in live, in diretta streaming sui social.

Non basta il film “spegni-cervello”

L'imprevedibile viaggio di harold fry jim broadbent in una scena del film diretto da Hettie macdonald

Sì, un buon film, senza ombra di dubbio: Macdonald, che per anni ha militato in televisione (tra gli ultimi lavori la Serie TV irlandese Normal people), dimostra dimesticanza nel comporre l’inquadratura cinematografica. Ma un buon film non è per forza un bel film. Un buon film, anzi, si differenzia per essere piatto, confezionato bene per far felice chi sostiene (giustificando) di trovarsi di fronte a una pellicola “spegni-cervello”.

Quale destino più crudele può avere L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, che si presta nell’essere un film totalmente basato sulla riflessione a mente aperta dello spettatore, se l’unico effetto che può dare è quello di “spegnere il cervello”? Forse è lo stesso destino che si è intrecciato con il cinema politicamente impegnato, nella maggior parte dei casi in grado di rappresentare solo un’amarezza concreta di cos’è la vita, cosa vedere, e come vivere. Harold Fry, ne valeva la pena di partire per il tuo imprevedibile viaggio? Certamente, perdersi al cinema vale sempre la pena. Di sicuro non in questi termini.

Si chiede scusa per gli inutili interrogativi, ma non c’è niente di peggio di uscire dalla sala con più domande di quando si è entrati.


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Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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