Per la regia di S.J. Clarkson e con protagonista Dakota Johnson, arriva il 14 febbraio nelle sale Madame Web, il nuovo capitolo del Sony’s Spider-Man Universe (SSU), l’universo condiviso che (almeno in teoria) dovrebbe portare l’Uomo Ragno, dopo il “prestito” dei diritti alla Marvel, allo scontro con le sue nemesi storiche. Quello che avrebbe dovuto essere uno snodo fondamentale si è rivelato però invece l’ennesimo grossolano passo falso di un franchise che stenta a decollare.
La trama di Madame Web
Cassandra Webb (Dakota Johnson), un paramedico di New York, dopo un incidente inizia ad avere strani poteri di chiaroveggenza, grazie ai quali si intreccerà con le vite di tre giovani studentesse (Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e Isabella Merced). Dovrà proteggerle dal misterioso Ezekiel Sims (Tahar Rahim), potente milionario che dà loro la caccia per impedirgli di diventare Spider-Women e che arriva dal passato di Cassandra, dagli studi di sua madre sui ragni dell’Amazzonia.
Madame Web finisce nella sua stessa tela
Madame Web è ambientato nel 2003, in universo non meglio specificato. Il fatto è che sembra di assistere a un film di supereroi realizzato nel 2003, con tutti i difetti del caso: per quanto, da un lato, sia lodevole il tentativo di distaccarsi dalla saturazione odierna del genere e proporre una storia con una propria estetica e identità (oltre che una relativa autonomia: i collegamenti ad altri film e le caratteristiche scene post credits sono assenti), dall’altro visivamente sembra di assistere a un incrocio tra un fan film, un episodio ad alto budget dei Power Rangers e una serie della CW.
Viene francamente da chiedersi come sia possibile, con un budget di 80 milioni di dollari (non esagerato, per il genere, ma di certo non basso), un prodotto finale che risulti così finto negli effetti speciali, nei costumi e in un montaggio da mal di testa: frenetico e confusionario, soprattutto nelle scene d’azione, con stacchi repentini, tagli casuali, frequenti errori e jump cut. La regia di S.J. Clarkson non aiuta, con movimenti di macchina continui e roboanti più per vezzo che vera utilità, che finiscono solo per confondere lo spettatore, contribuendo a restituire un’immagine quasi da videoclip musicale dei primi anni Duemila (un paio di scene non stonerebbero nel Daredevil del 2003).
La sceneggiatura non dà ritmo al film, dilungando eccessivamente i primi due atti e portando il terzo a una conclusione veloce e raffazzonata, oltre a non caratterizzare a sufficienza i propri personaggi. La pellicola ha chiaramente subito dei pesanti tagli e modifiche e lo si nota sia nello svolgimento degli eventi (sbilanciato) che nella realizzazione tecnica (sconnessa).
I riferimenti e legami a Peter Parker, soprattutto nei personaggi interpretati da Adam Scott ed Emma Roberts, non hanno una vera utilità nella storia, ma vengono inseriti per puro fanservice, come a voler ricordare che sì, c’entra ancora Spider-Man, promesso.
Madame Web e le sue mademoiselles
Dakota Johnson nei panni di Cassandra ci prova, ma anche lei sembra non crederci fino in fondo, quasi consapevole di come l’intero film venga lasciato a se stesso. Stesso discorso vale per le sue tre coprotagoniste: la chimica interna al trio e con Cassie è la parte migliore del film grazie al loro affiatamento e alla buona prova delle tre interpreti, che fanno del loro meglio pur ritrovandosi con dei personaggi piuttosto irritanti e stereotipati (la ribelle, il genio cool e la timida impacciata – nota a margine: il film fa spesso troppo affidamento alla bellezza di Sydney Sweeney, invece che al suo talento), che a conti fatti non hanno una vera credibile ragione per trovarsi lì.
Il villain è un’altra nota dolente. Avere come antagonista quello che a conti fatti è molto simile a un Uomo Ragno ricco e malvagio poteva essere uno spunto interessante, rovinato però da un Ezekiel Sims che è tra i cattivi più piatti e anonimi di casa Marvel-Sony. Le sue motivazioni sono abbozzate e blande e viene liquidato in fretta e furia nell’imbarazzante combattimento finale; ciliegina sulla torta, non è aiutato dall’interpretazione monoespressiva di Tahar Rahim, di Stanis La Rochelle memoria.
Lo strano caso di Dr. Jekyll e Mr. Sony
È inevitabile interrogarsi, a questo punto, su quali siano le differenze produttive di casa Sony in ambito Uomo Ragno tra il dipartimento d’animazione e quello live action. Perché se nel primo caso ci ha consegnato due perle come Spider-Man: Into the Spider-Verse e Spider-Man: Across the Spider-Verse, nel secondo il tanto atteso SSU inanella un flop dietro l’altro: per quanto i due Venom siano stati se non altro un successo economico (grazie anche al richiamo di una star come Tom Hardy), non hanno di certo incontrato il plauso della critica, seguiti a ruota dall’ormai tragicomico Morbius.
Il problema principale è che le modalità con cui questi fallimenti si ripetono sono sempre le stesse: interferenze della produzione, pressappochismo, personaggi e storie deboli, continue riscritture di sceneggiatura anche in corsa e drastiche modifiche in post produzione e al montaggio (primo giorno e già le dichiarazioni di Dakota Johnson sul prodotto finale fanno rumore), tutti fattori che portano a un risultato inevitabilmente confusionario, piatto e dimenticabile, se non addirittura dannoso per il bigger picture.
Gli stessi errori che, corsi e ricorsi storici, per restare in casa Sony, azzopparono Spider-Man 3 nel 2007.
Madame Web riesce a vedere il futuro. Ebbene, se Morbius, almeno, aveva generato un’enorme ondata di memes, il destino di Madame Web sembra quello di finire nell’oblio molto presto, poiché in tutto il film (e già dalla scarsa campagna marketing) si ha la sensazione che sia la stessa casa produttrice la prima a non crederci, gettandolo fuori per toglierlo di torno il prima possibile. Il percorso che dovrebbe portare ai Sinistri Sei continua a non avere una direzione chiara, a partire dalla presenza di Spider-Man nel nome: al quarto lungometraggio, di Spider-Man non solo neanche l’ombra, ma non si ha nemmeno idea di quale sia l’Uomo Ragno in questione.
Le prospettive verso Kraven – Il cacciatore (in uscita quest’estate) non sono certo delle migliori: sembra sempre più grigio il futuro di uno dei vari universi condivisi nati con alte aspettative e potenzialità, per inseguire disperatamente il successo del modello Marvel. Progetto che però, com’è stato per DCEU e Dark Universe (mentre il MonsterVerse di Legendary sembra reggere), sta naufragando a causa del disinteresse e del pressappochismo di una casa di produzione molto più orientata al profitto che alla qualità, dimenticando il discorso su poteri e responsabilità tanto caro al suo personaggio principale.
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