Il Rotoscopio è una tecnica che sembra ormai persa nel tempo, anche se ogni tanto capita di incontrarla con autori come Richard Linklater che l’ha scelta anche per il suo ultimo film, Apollo 10 e mezzo. Vedere le immagini di animatori e tecnici, intenti a disegnare su quei strani macchinari produce un effetto di straniamento e di distanza simile a quella provata quando si assiste ai making of di un’altra tecnica di animazione “esotica”, la stop motion.
Ma in cosa consiste il rotoscopio, rotoscope o giroscopio? È una tecnica apparentemente complessa che in realtà si lega alle origini del cinema, alla base della tecnica di ripresa che oggi tutti noi conosciamo, e che in qualche modo ha influito su futuri utilizzi della tecnologia in CGI, non solo nel cinema d’animazione ma anche in quello live-action.
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Che cos’è il rotoscopio
Il Rotoscopio è una tecnica di animazione, usata per creare un cartone animato, in particolare usate per dare un senso di realtà al movimento che si vuole raffigurare. La tecnica consiste nel ricalcare fotogrammi appartenenti a una pellicola filmata in precedenza. Viene quindi girata una pellicola del movimento che si intende restituire in animazione. La pellicola viene suddivisa in fotogrammi, che vengono in seguito proiettati su un supporto trasparente, in modo da essere facilmente ricalcati. Questo rende il movimento animato più fluido e realistico.
La tecnica fu inventata da Max Fleischer, animatore statunitense di origine polacca, che impiego la tecnica per la prima volta nella serie di cortometraggi Out of the Inkwell. Suo fratello Dave venne registrato mentre ballava e sopra al suo ballo Max disegno la figura del Clown Koko, creando il celebre corto.
No rotoscopio no Disney: esempi storici di una tecnica unica
Fleisher continuo a impiegare il rotoscopio in numerose sue produzioni animate. Anche Walt Disney e il suoi gruppo di artisti utilizzo la tecnica per film come Biancaneve e i sette nani (1937). Fu poi impiegata in molti classici Disney come Cenerentola (1950). La tecnica però venne poi gradualmente abbandonata.
L’animazione Disney iniziava ad essere più stilizzata e meno realistica e la tecnica fu utilizzata solo in determinate sequenze movimentate. Divenne quindi un supporto per piccoli utilizzi e non più una tecnica con cui si producevano interi corti e film.
Di rado uscivano film completamente costruiti e animati con quella tecnica, come Heavy Metal di Ivan Reitman nel 1981. Uno dei principali utilizzatori del rotoscopio fu Ralph Bakshi, che lo impiego nei film Wizards (1977), Il Signore degli Anelli (1978), American Pop (1981), e Fire and Ice – Fuoco e ghiaccio (1983). Bakshi costruiva mondi fantastici e tenebrosi, fondendo il realismo di movimento del rotoscope all’utilizzo di colori accesi e tal volta fluo.
Venne utilizzato anche i video musicali, come il celebre video di Yellow submarine dei Beatles. Con il passare del tempo la tecnica divenne meno costosa e venne utilizzata da studi meno prestigiosi come Filmation, per creare prodotti come Blackstar, He-Man e Flash Gordon.
Il rotoscopio oggi
Il rotoscopio si è evoluto nel tempo. Dall’avveniristico marchingegno con cui si proiettavano i fotogrammi su di una superficie trasparente per facilitare il processo di disegno e creazione dell’animazione, si è passati a computer che renderizzano l’immagine in quel formato creando lo stesso effetto. Il rotoscope però ha il bonus di aver creato un modo di fare che viene usato tutt’oggi per tecniche completamente diverse.
Quello che è rimasto di questa tecnica nel cinema e nell’animazione è il concetto di reference, cioè il concetto di riferimento. Insieme agli story board, il rotoscopio ha inventato questo concetto e lo ha inserito nel processo industriale di creazione delle pellicole.
Quando si pensa un film, attraverso gli story board si inizia già a pensare alla resa grafica che il film avrà. Mentre durante la realizzazione di film con alte componenti di effetti visivi, si utilizzano sempre reference visive, che aiutano sia gli attori a calarsi nella parte, sia gli animatori a ricreare poi sopra la reference il modello Cgi.
Un esempio può essere il motion capture: durante le riprese del film l’attore che presterà le fattezze e le movenze al personaggio, indossa una tuta con sopra tracker che poi serviranno da reference agli animatori per ricreare da quelle movenze il personaggio in CGI.
Possiamo ricordare il lavoro fatto per Hulk nei film Marvel, a cui Mark Ruffalo presta voce e movenze, o ancora Smaug il drago nei film de Lo Hobbit. Ovviamente la tecnica viene ancora usata nel suo modo originale come nei film di Linklater Waking Life e A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare, o in serie tv come la fantastica Undone del creatore di Bojack Horseman Raphael Bob-Waksberg.
In questo caso la tecnica, per il suo essere anacronistica e dispendiosa, diventa una cifra stilistica importante che regala artisticità a prodotti di questo tipo. Quello che quindi il cinema ha assimilato dalla tecnica del rotoscopio e la ingegnerizzazione del processo di animazione. Non a caso i puristi dell’animazione tradizionale non vedevano di buon occhio il rotoscope in quando credevano si perdesse l’unicità del disegno animato.
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