Volverèis è il nuovo film di Jonàs Trueba sulla fine di un amore, con protagonisti Itsaso Arana e Vito Sanz

Volverèis, un matrimonio al contrario nel segno della ripetizione

15 minuti di lettura

Le storie d’amore nei film, si sa, non mancano mai. Amori che nascono, amori che continuano fino alla morte, tradimenti, infedeltà… Ma quanto è difficile parlare di un amore nel momento in cui sta per finire, in cui stiamo per dire addio a chi abbiamo amato? Il compianto Massimo Troisi ha usato un’immagine bellissima per parlare di un amore che finisce, il “calesse”, perché, detto con le sue parole, «bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male… Ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio».

Uno dei motivi per cui è difficile parlare di un amore che finisce è perché, in fondo, un amore non finisce mai veramente, anzi, finendo giunge a una nuova fase evolutiva, dove si ripete sotto forme diverse, un po’ come fanno Tommaso e Cecilia in Pensavo fosse amore…invece era un calesse, che decidono di continuare ad amarsi sancendo la fine della propria unione. Ci ha provato a tematizzare questo aspetto il regista spagnolo Premio Goya Jonás Trueba con il suo nuovo film Volverèis, che ha debuttato al Festival di Cannes nel 2024 e che recentemente è arrivato nelle sale italiane grazie a Wanted Cinema.

La trama di Volverèis

Itsaso Arana e Vito Sanz in una scena di Volverèis di Jonàs Trueba.

Ambientato a Madrid, Volverèis racconta la storia di Alejandra (Ale) e Alexander (Alex), rispettivamente regista e attore. Dopo quindici anni di felice convivenza, i due decidono di separarsi. Per l’occasione, organizzano una festa di rottura il 22 settembre – data in realtà significativa, ma ci si tornerà su in un secondo momento –, seguendo la balzana idea del padre di Ale secondo la quale sono le rotture che andrebbero celebrate e non le unioni, perché le prime segnano il ritorno alla libertà, e in Mauritania, ad esempio, per ogni unione si celebra sempre una separazione.

I due, allora, iniziano a comunicare la loro idea ai propri amici, familiari e colleghi di lavoro, fra cui figura persino Francesco Carril, l’attore di Dieci capodanni, serie tv di Rodrigo Sorogoyan – e anche su questo elemento si tornerà in seguito. Tutti loro restano sgomenti e sorpresi da questa idea e, sebbene la coppia comunica di stare comunque bene e di aver preso questa decisione di comune accordo, non sembra in fondo del tutto convinta.

A complicare le cose è anche la realizzazione di un film – forse l’ultimo, chissà – che narra appunto di un amore che è giunto al capolinea. La realizzazione dello stesso porta i due a ritornare sul proprio passato, a sfogliare i ricordi di quindici anni di vita trascorsa assieme, e a chiedersi se effettivamente questo loro amore stia finendo oppure si stia semplicemente evolvendo sotto altre spoglie.

Volverèis, idee e legami dietro una storia d’amore quasi classica

Una scena del nuovo film di Jonàs Trueba, Volverèis.

L’idea attorno a Volverèis nasce attorno a una frase che il padre del regista, Fernando Trueba, ha pronunciato veramente, ovvero «le coppie dovrebbero festeggiare le separazioni, non le unioni». Come spiega nelle note di regia, Jonás Trueba prende ispirazione da commedie d’amore classiche come L’orribile verità di Leo McCarey – citato ad un certo punto nel film come uno dei dvd che Alex vuole vendere al mercato dell’usato:

La posta in gioco sta nella necessità di mettersi alla prova con questa idea di separazione, perché probabilmente è l’unico modo per perdonarsi e riscoprire il loro amore. Nel mio film, era chiaro che non volevo un vero motivo per la rottura. Doveva restare una domanda sospesa su tutto il film.

Il regista di Volverèis ha dichiarato inoltre di aver tolto qualsiasi cliché e luogo comune relativi ai film sulle coppie e sulle rotture. Nel film, infatti, non sapremo mai come mai un amore durato quindici anni finisce, in quanto a Trueba non interessa la motivazione, ma il processo, ovvero come si sviluppa la fine dell’amore, e allo stesso tempo gli interessa inscenare la messa in scena di questa separazione.

Volverèis e il capovolgimento della narrazione del rapporto di coppia

Itsaso Arana interpreta Ale in Volverèis di Jonàs Trueba.

Jonás Trueba opera in Volverèis un capovolgimento della narrazione del rapporto di coppia. Lo si capisce, per esempio, da elementi come il sottotitolo, il titolo spagnolo e quello inglese. Il sottotitolo recita difatti «una storia d’amore quasi classica»: racconta in effetti una semplice crisi di un rapporto di coppia, ma lo fa in modo inedito nel momento in cui inscena la difficoltà di raccontarlo senza cadere nel banale.

Quanto ai titoli, invece, ovvero Volverèis e The Other Way Around, attraverso di essi ci viene data una chiave di lettura fondamentale. Se solitamente la rottura di un legame di coppia viene raccontata in maniera catastrofica e distruttiva, qui, invece, il regista ci racconta come non soltanto questa rottura sia in realtà un matrimonio al contrario, ma anche come i due amanti torneranno – “volverèis” è il futuro del verbo “volver”, che in spagnolo vuol dire “tornare” – ad amarsi.

Se scomponiamo la parola “volver”, troviamo un altro verbo, “ver”, cioè “vedere”. Quello che faranno i protagonisti attraverso questa preparazione alla fine del proprio rapporto di coppia è tornare a vedere i propri sentimenti e ciò che di bello si è creato con il loro legame, e dunque paradossalmente ad amarsi di nuovo. I protagonisti di Volverèis faranno ciò semplicemente come Tommaso e Cecilia in Pensavo fosse amore…invece era un calesse: rinnovando la propria promessa di amarsi rompendo con le convenzioni. Amarsi per i due protagonisti del film di Trueba significherà probabilmente rompere questo loro inossidabile legame, tornare liberi e amarsi accettando di non avere vincoli.

Volverèis e l’elemento metacinematografico

Itsaso Arana e Vito Sanz interpretano Ale e Alex in Volverèis di Jonàs Trueba.

Per raccontare questo processo, Jonás Trueba inscena in Volverèis un aspetto metacinematografico molto forte in tutto il film. A recitare in questo film e a scriverne la sceneggiatura assieme a Trueba sono Vito Sanz e Itsaso Arana, che hanno da sempre collaborato con il regista, ma questa volta anche in veste di sceneggiatori, quasi a dimostrare come, dopo film come La virgen de agosto e Teneis que ir a verla questa volta si siano voluti inserire in toto nel processo creativo del film per capire fino in fondo come si possa parlare di un amore che finisce.

Un altro aspetto metacinematografico è da legarsi alla presenza di Francesco Carril, altro attore molto amato e usato da Trueba, che all’interno di Volverèis recita una scena di Dieci capodanni. In questo caso, invece, non soltanto Trueba mescola realtà e costruzione della finzione, ma ci vuole mostrare due facce dell’amore in contrasto fra loro: un amore che nasce nell’arco di dieci anni da un lato e un amore che giunge alla fine dall’altro.

Il breve intreccio con Dieci capodanni è da leggersi nell’ottica della preparazione del film che Ale sta realizzando assieme ai suoi collaboratori. Ale discute con loro le inquadrature, le musiche – che spesso si chiede se i diritti per usarle siano stati pagati – l’ambientazione e anche il modo di recitare delle persone coinvolte nel film che sta realizzando. Tutto questo lo fa per cercare di capire non soltanto come si fa un film d’amore, ma allo stesso tempo per trovare la formula perfetta per realizzarne uno sulla sua fine.

Ultimo aspetto metacinematografico presente in Volverèis è il padre di Ale, interpretato da Fernando Trueba. Proprio lui, il padre di Jonás Trueba, colui da cui parte l’idea del film del regista e che anche nel film recita la frase detta una volta al figlio. Non è un caso la sua presenza, in quanto Fernando Trueba è fra i più rinomati registi spagnoli e padre della Comedia Madrileña, una corrente che intendeva rappresentare nei suoi film la vita in Spagna dopo il franchismo. Fra i temi della Comedia Madrileña figura la rottura con le convenzioni sociali. La presenza di Trueba, dunque, è funzionale alla riflessione del figlio su come rompere le convenzioni sulla rappresentazioni dell’amore al cinema.

L’amore è nella ripetizione

Volverèis

In Volverèis non c’è soltanto tanto cinema, ma anche un pizzico di musica e tanta filosofia. Come si diceva, non è un caso che Ale e Alex abbiano scelto il 22 di settembre come data della loro festa d’addio: a ricordarlo è anche il padre di Ale, che ricorda la canzone Le 22 septembre di Georges Brassens, la cui strofa finale recita in questo modo:

Oramai il pezzettino di cuore che mi resta
Non attraverserà più l’equinozio funesto,
Ricordandovi per non saper più che fare…
La sua fiamma muore, la cenere si spegne,
Al più, ci si potrebbe arrostir due o tre castagne:
Del 22 settembre, oggi me ne fotto,
Ed è triste non esser più triste senza di voi.

La canzone del cantautore francese narra di un amore che finisce con la fine dell’estate, un amore di cui non resta nient’altro che cenere e foglie morte, un amore destinato a non nascere più. Ale e Alex, però, sembrano rovesciare questo paradigma nel momento in cui incappano nella lettura di La ripetizione di Søren Kierkegaard, in particolare del seguente passaggio: «L’unico amore felice è quello che si ripete, poiché non è tormentato dall’incertezza della speranza o dalla nostalgia del ricordo, ma vive nella beatitudine dell’istante».

L’idea di amore come ripetizione che Volverèis ci illustra si intreccia con l’idea di “rimatrimonio”, concetto coniato da Stanley Cavell nel suo Alla ricerca della felicità. La commedia hollywoodiana del rimatrimonio, libro che Ale riceve in dono dal padre assieme a quello di Kierkegaard, dove il rapporto di coppia diventa qualcosa di dinamico che si rinnova non solo nel riconoscimento del fallimento del legame amoroso in sé, ma anche nell’istituzione di un nuovo accordo. Se Ale e Alex alla fine si separeranno lo si scoprirà vedendo il film, fatto sta che, separazione o meno, i due non vedranno mai cenere e foglie secche attorno a loro come Brassens, ma semplicemente troveranno un nuovo modo per continuare ad amarsi.

Tornerete ad amarvi, ma al contrario

Itsaso Arana e Vito Sanz in una scena di Volverèis di Jonàs Trueba.

La leggerezza e il metacinema di autori come Woody Allen e Nanni Moretti, la malinconia di Georges Brassens, la solennità di Søren Kierkegaard e la filosofia di Stanley Cavell fanno di Volverèis un film ironico, intelligente e fresco. Jonás Trueba riesce nell’impresa di raccontarci quanto sia difficile confrontarsi con la fine di un amore, e allo stesso tempo quanto sia difficile raccontarlo e inscenarlo.

Perché difficile? Perché in fondo un amore non finisce mai. Il concetto di fine in amore è qualcosa che sfugge a ogni rappresentazione. Che sia una rottura consensuale o meno, un amore continua nei ricordi che ci lascia, nel rispetto e nell’amicizia che nutriamo verso chi abbiamo amato tutta una vita. Un amore, alla fine, non fa altro che prendere direzioni diverse e rinnovarsi sotto altre forme, magari lasciandoci liberi, ma allo stesso tempo lasciando aperta ogni possibilità di un nuovo inizio che in realtà altro non è che la continuazione di un sentimento che non morirà mai.


Seguici su InstagramFacebook e Telegram per sapere sempre cosa guardare!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.