Per inaugurare il 2023, Sky Italia punta sul remake di un’irresistibile Serie TV francese che ha già fatto il giro del mondo. Trattasi di Dix Pour Cent, disponibile su Netflix con il titolo Chiami il mio agente! e riadattata in Italia da Sky Studios e Palomar come Call My Agent: Italia. Dal 20 gennaio, ogni venerdì è disponibile un nuovo episodio on demand e su NOW per un totale di sei episodi che riflettono il format francese, padre di quattro fortunate stagioni dal 2015 al 2020. La formula stuzzica per il suo tono leggero e per la curiosità che spinge lo spettatore a sbirciare nel backstage del caotico mondo di attori, registi, sceneggiatori e dei loro immancabili agenti.
Di solito celati dietro le quinte, gli agenti sono gli ingranaggi organizzativi del lavoro di una star, del cui compenso prendono il 10%. La loro routine viaggia su una giostra di continui imprevisti a cui devono trovare una soluzione. Sono questi a pepare la quotidianità nella CMA (Claudio Majorana Agency), in cui vediamo Michele di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico e Marzia Ubaldi, rispettivamente nei panni degli agenti Vittorio, Lea, Gabriele ed Elvira, interfacciarsi con veri attori dello star system italiano. Ed è proprio questa la punta di diamante del format: vedere volti noti del cinema italiano gestire situazioni fittizie, ma verosimili, come farebbero con i loro veri agenti.
Ogni episodio porta il nome della sua star protagonista, che recita la parte di sé stessa in un’arena non così distante dalla realtà. Ecco quindi Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Matilda De Angelis e Corrado Guzzanti alle prese con capricci d’artista, scomode scelte registiche e altre situazioni variopinte che tratteggiano un prodotto con l’immancabile firma italiana. Nonostante sia molto fedele alla trama dell’originale, infatti, Call My Agent – Italia si differenzia per un ritmo e un’ironia sul mondo cinematografico che è tutta nazionale.
Spazio agli agenti!
Dalla Parigi di Chiami il mio agente! passiamo alla Roma di Call My Agent: Italia, dove la spettacolarità scenica si impone sin dal primo episodio. Gli uffici della CMA affacciano infatti su Piazza del Popolo, in un suggestivo panorama sul cuore geografico della città. All’interno, i ritmi sono frenetici, scanditi dal centralino di Sofia, interpretata dalla musicista Kaze e dal trottare degli assistenti tra una stanza e l’altra. Sono infatti Pierpaolo (Francesco Russo) e Monica (Sara Lazzaro) a dover tenere il ritmo dei rispettivi capi, Gabriele e Vittorio. Tuttavia, la più temibile tra gli agenti è Lea, artefice dei traumi delle sue assistenti, tra cui l’ultima, che scappa con tanto di insulti in dialetto.
A prenderne il posto, per amore del cinema o disperazione, ma più per la seconda, è Camilla (Paola Buratto), appena arrivata a Roma da Mestre. La ragazza è in realtà figlia di Vittorio, ma il padre non vuole nemmeno vederla, anche se presto sarà costretto a lavorarci fianco a fianco.
Così ritroviamo una cornice che, anche fisionomicamente, almeno per gli agenti, strizza l’occhio ai loro colleghi francesi. Sebbene il pilot con Paola Cortellesi rispecchi la trama verticale dell’episodio francese con Cécile De France, ci sono però degli accorgimenti di trama orizzontale nuovi. A partire dalla scelta di Claudio Majoriana di lasciare l’agenzia, ma non per una naturale dipartita, come accade nell’originale. Ed è anche questo il fascino del remake di Call My Agent.
Call My Agent: Italia, il fascino del remake
Già riadattato in cinque Paesi (Turchia, India, Polonia, Inghilterra, Sud Corea) e prossimo ai remake in altrettanti, tra cui Spagna, Cina e Germania, Call My Agent cattura, infatti, anche la fascinazione italiana. Alla regia troviamo Luca Ribuoli, il cui nome risuona nella serialità televisiva di Sky Italia per Speravo De Morì Prima, mentre in sceneggiatura la firma è quella di Lisa Nur Sultan, di recente approdata su Paramount+ con Circeo. Dietro la loro brillante combinazione creativa c’è prima però la progettualità di un’operazione vincente: mettere in scena lo star system del cinema italiano senza maschere attoriali o senza l’aura di intoccabilità che circonda un personaggio mitologico come Paolo Sorrentino.
Se l’originale format francese convince già pienamente il pubblico italiano, Call My Agent: Italia sedimenta ancora di più il legame tra spettatore e artista nella dimensione cinematografica che fa da perno alla cultura del Bel Paese. Questa combinazione è ancora vergine nel panorama audiovisivo ed è per questo che risulta così fresca nonostante sia figlia di un remake.
In tal senso, si potrebbe fare un paragone di forma con Lol – Chi Ride è Fuori, anch’esso riadattamento di un format giapponese e reso possibile da una cornice di celebri comici dall’interazione esplosiva. Se però Lol – Chi Ride è Fuori, si muove nel terreno unscripted del reality show, Call My Agent: Italia sfrutta lo stesso meccanismo sulla serialità di finzione. Il risultato convince.
Una ricetta a base di autoironia
Se oltrepassiamo invece la forma e passiamo al contenuto, quindici anni fa un’altra Serie TV introdusse nel panorama audiovisivo italiano l’autoironia dietro le quinte del cinema. Correva il 2007 quando Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo davano i natali a Boris, un prodotto che ha abbattuto la quarta parete, proiettando lo spettatore inconsapevole nella giungla del backstage. Il suo ritorno nel 2022 con la quarta stagione si sposa dunque bene al neonato Call My Agent: Italia per l’adozione di un tono narrativo che non ha eguali nella sottile arte del prendersi in giro. Ecco, quindi, che la raffinatezza del format francese ritrova nel remake italiano una natura elegante nella sua veracità.
Così assistiamo alla Cortellesi che risponde con un “sticazzi” al suo agente, quando le dice come la Serie TV con Brad Pitt sugli etruschi possa essere sessista, mentre Sorrentino si abbandona a un memorabile momento alla Nanni Moretti in cui definisce gli incontri genitori-figli a scuola come la cosa più prossima alla morte. In Call My Agent: Italia c’è quindi un’arena che favorisce l’ironia e l’autoironia incalzanti, in un contesto, come quello cinematografico, che si presta a non prendersi sul serio, raggiungendo gli addetti ai lavori e anche un pubblico più ampio. Davanti a loro le star si spogliano della patina artefatta dei loro ruoli attoriali e sposano un’umanità che gradevolmente accattiva lo spettatore.
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