Foto di gruppo della famiglia Comencini

Voci dal Cinema Ritrovato, le sorelle Comencini

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Quest’anno, una delle rassegne del Cinema Ritrovato è dedicata alla figura di Luigi Comencini. Dopo il successo del film autobiografico Il tempo che ci vuole, diretto dalla figlia Francesca, il nome del regista è tornato a circolare non solo tra gli appassionati di cinema, ma anche tra il grande pubblico. È nata così l’idea di organizzare la rassegna Prima la vita! Il cinema di Luigi Comencini, con le tre sorelle (Paola, Francesca e Cristina) a introdurre personalmente i singoli titoli nel corso delle giornate.

Chi era Luigi Comencini

Luigi Comencini è stato uno dei grandi maestri del cinema classico italiano. È con la serie di Pane, amore e fantasia che Luigi Comencini si affermò al grande pubblico, dando inizio al Neorealismo Rosa e dirigendo interpreti come Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida. Un altro lavoro che lo ha reso celebre è lo sceneggiato televisivo Le avventure di Pinocchio, andato in onda nel 1972 in cinque puntate, un classico per generazioni a venire. Meno noto ma altrettanto importante è il suo impegno nel restauro e nella conservazione del patrimonio cinematografico: come ricordato dalle figlie durante il festival Il Cinema Ritrovato, Luigi Comencini fu tra i fondatori della prima cineteca italiana.

Il lavoro di Comencini è caratterizzato da un occhio di riguardo per i bambini e per le difficoltà dell’infanzia: non a caso esordì con una serie documentaristica per la RAI, I bambini e noi, in cui percorreva l’Italia per raccontare le condizioni sociali dei più piccoli. Film come Incompreso e La finestra sul Luna Park rivelano il suo intento pedagogico, ma mai moralista, nel mostrare al paese le vicende che riguardano i bambini traumatizzati dalla fame, dalla guerra, dalla mancanza delle figure genitoriali.

Inuadratura del film di Comencini Incompreso

Chi sono le sorelle Comencini

Le quattro figlie di Luigi Comencini (tre delle quali presenti a questa edizione del Cinema Ritrovato) hanno tutte seguito, in modi diversi, la tradizione familiare legata al mondo del cinema. Paola, la primogenita, è scenografa e costumista, e ha firmato i costumi di film importanti come Romanzo Criminale, ACAB e C’è ancora domani. Cristina ha iniziato come sceneggiatrice per alcuni lavori del padre, come Cuore e La storia, per poi passare alla regia: il suo film La bestia nel cuore è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2006.

Eleonora ha lavorato soprattutto come production manager, il cui lavoro più importante consiste nel premio Oscar Nuovo Cinema Paradiso. Francesca ha esordito con Pianoforte, con cui ha vinto il premio De Sica alla Mostra del Cinema di Venezia del 1984. Ha collaborato con il padre fino al suo ultimo film, un remake di Marcellino pane e vino, e ha recentemente presentato alla festival di Venezia il suo film autobiografico Il tempo che ci vuole, dedicato al complesso rapporto con il padre durante un difficile periodo della sua vita.

La piccola Francesca stringe la mano al burattino pinocchio tenuto dal padre Luigi in una scena del film Il tempo che ci vuole

La valigia dei sogni, la presentazione di Paola e Francesca

Le due sorelle hanno presentato, il primo giorno di festival, il film del padre La valigia dei sogni, preceduto dal corto Il museo dei sogni. La tematica principale dei due film, ossia la preservazione del patrimonio culturale, ha portato Paola e Francesca a parlare di questa dimensione della curatela altamente cara a Luigi, spesso dimenticata quando si ricorda la sua figura. Il padre, insieme a Mario Ferrari e Alberto Lattuada, è stato infatti il fondatore della prima cineteca italiana: la Cineteca di Milano.

All’inizio non c’erano cineteche, quella di Milano è stata la prima. Mio padre diceva che non fosse possibile che i film venissero visti e poi buttati. Le pellicole erano anche pericolose, tenerle in un deposito rischiava di far saltare tutto in aria. Ma Luigi comunque nascondeva le pellicole sotto al letto di nonna rischiando di far prendere fuoco alla casa.

Paola Comencini
Inquadratura del La valigia dei sogni
Inquadratura di Umberto Melneati nel film La valigia dei sogni

Luigi trascorse la sua infanzia ad Agen, nella Francia Meridionale. A circa 11 anni fece il suo incontro con il cinema: stando alle parole di Francesca, aspettando una ragazzina per un appuntamento (che alla fine non si presentò), entrò nel frattempo al cinema Majestic, il cinema della città. Questo primo incontro fu per lui fulminante. Anni dopo, tornato a Milano, incontrò un gruppo di cineamatori (per l’appunto, Marco Ferrari e Alberto Lattuada) che si posero come obiettivo quello di raccogliere quante più pellicole possibile, belle o brutte che fossero.

Questi ragazzi andavano al macero, mostrato in entrambi Il museo dei sogni e La valigia dei sogni, dove la pellicola veniva lavata per recuperarne la celluloide, perdendo per sempre le immagini impresse, e cercavano di salvare le copie dalla distruzione, talvolta trovando dei veri e propri capolavori. Un aneddoto raccontato da Francesca riguarda la Seconda Guerra Mondiale, durante cui la celluloide era fondamentale per svariate produzioni, e di conseguenza molte più pellicole venivano distrutte. I tre ragazzi presero il loro tesoretto di film e lo nascosero in una cascina, proprietà di una zia di Lattuada. Tornati dalla guerra trovarono ciò che avevano sepolto, e con esso fondarono la Cineteca di Milano.

La valigia dei sogni, sesto film del padre, è stato fatto per sostenere veramente la Cineteca. Ha un aspetto documentaristico, pedagogico nel senso nobile della parola; spiega come sia importante conservare i film. C’è anche un accenno di commedia e ironia. C’è già l’idea umile di intrattenere il pubblico e divertirlo.

Francesca Comencini
Pellicola che brucia nel corto Il museo dei sogni

L’infanzia del cinema raccontata da Cristina e Francesca

L’incontro successivo è stato con Cristina e, nuovamente, Francesca Comencini, questa volta per introdurre una serie di cortometraggi ritrovati dal padre, che hanno poi costituito il primo nucleo della Cineteca Italiana di Milano. Contremaître incendiaire (1909), La piccola vedetta lombarda (1915), Tournée électorale (1906) e L’Écrin du Radjah (1906) sono stati depositati da Comencini alla base della Cineteca Italiana nel 1947, nell’atto di fondazione della cineteca.

Le due registe hanno condiviso i primi ricordi legati al padre cineasta e le loro memorie d’infanzia connesse al cinema. Cristina ha ricordato che, alle feste per bambini, il padre proiettava film come Il monello di Chaplin: un modo, per lui, di condividere la propria passione per il cinema senza imporsi. Proprio a Il monello si collega l’immagine di Luigi come “regista della paternità”: entrambe le sorelle hanno evidenziato come nei suoi film ricorra costantemente la tematica del rapporto tra genitori e figli, spesso segnato da un’assenza o da una ricerca reciproca. Una dimensione che affonda le radici nella perdita del padre di Luigi in giovane età, una ferita mai completamente guarita. Film esemplare di ciò è Incompreso.

Il monello di Chaplin
Il monello di Chaplin, film che le sorelle Comencini associavano alla figura del padre.

Secondo me è un film perfetto. Noi lo abbiamo fatto vedere ai nostri figli. Piangere, come diceva Suso Cecchi D’Amico, fa bene. è un film geniale che papà ha rigirato da un polpettone, un melodramma e ne ha fatto un film personale, suo. […] In Incompreso la cosa straordinaria sono i bambini di fronte alla morte. Luigi ha perso il padre a 13 anni e con questo film voleva dire che i bambini hanno la capacità di dimenticare la morte.

Cristina Comencini

Le sorelle hanno continuato parlando dell’esperienza personale del padre di fronte al cinema, le sue ansie, le sue paure riguardo le prestazioni dei film. In famiglia, quando in estate Luigi doveva girare, c’era un’ansia palpabile, al punto che la madre delle Comencini ripeté più volte, attraverso la carriera del marito, “Odio il cinema“. Parole forti, ma contraddistinte dalla situazione di un regista che, seppur riconosciuto, viveva una grande precarietà, un costante alternarsi tra alti e bassi.

Inquadratura di Incompreso

Oltre a presenziare sui set, le sorelle andavano anche in giro a raccogliere il consenso dei film di Luigi. Un regista consapevole di essere bravo nel suo lavoro, ma contraddistinto anche da una particolare insicurezza: Comencini non faceva i film per i soldi, bensì per il suo pubblico, ed era per lui fondamentale che fossero graditi a quest’ultimo. Un aneddoto raccontato da Francesca riguarda Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano: “Papà mandò me ed Eleonora in sala a vedere se c’era gente. Quel film non andò bene, e in sala non c’era nessuno. Non sapevamo come dirglielo. Era un uomo calmo, forte, ma molto fragile su queste cose.

Delle parole sono state ovviamente rivolte a Le avventure di Pinocchio, film di cui Francesca ha parlato in abbondanza ne Il tempo che ci vuole. La regista ricorda come il primo momento in cui ha compreso il lavoro del padre, come un invito a percepire la libertà dell’infanzia attraverso i passi ritmati del piccolo Pinocchio nel fango. Per entrambe le sorelle è uno dei film preferiti del padre, per Francesca è il film su cui ha fondato i ricordi di tutta la sua vita.

Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano

Io credevo nella fiaba e la vedevo costruirsi sotto i miei occhi. Nostro padre non ha solo fatto cinema, ha salvato le pellicole, è stato fotografo, aveva una grande conoscenza e rispetto dell’aspetto artigianale. Quello che colpiva in Pinocchio è che, pur essendo uno sceneggiato, era un kolossal per l’epoca, un super film pieno di effetti speciali. Il mio ricordo è tutto questo artigianato del cinema per creare la magia con la materia, anche rudimentale che fosse. Quest’aspetto è quello che forse veramente mi ha fatto innamorare del cinema.

Francesca Comencini

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Dalla prima cassetta di Spielberg che vidi a casa di nonna, capii che il cinema sarebbe stata una presenza costante nella mia vita.
Una sala in cui i sogni diventano realtà attraverso scie di luce e colori è magia pura, possibilmente da godere in compagnia.
"Il cinema è una macchina che genera empatia", a calarmi nei panni degli altri io passo le mie giornate.

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