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Inquadratura di Sciopero! raffigurante tre operai che prendono parte all'insurrezione con sovraimpressione di una ruota

Sciopero! La collettività contro i padroni

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12 minuti di lettura

La storia è nostra e la fanno i popoli” , questa è una delle ultime frasi pronunciata da Allende al popolo cileno prima del colpo di stato che gli avrebbe tolto la vita. Una dichiarazione che descrive molto bene l’idea di rivoluzione proletaria, in cui il potere è preso dal basso e restituito alla collettività che se l’è visto sottratto per troppo tempo dalla classe dominante. In virtù di ciò, la frase riassume lo spirito d’azione e di rivoluzione della filmografia, nella sua integrità, di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Nello specifico, del suo film che quest’anno diventa centenario: Sciopero!

Ėjzenštejn, la teoria dietro il montaggio

Prima di affrontare il film nello specifico, è utile una breve lezione di storia del cinema per ricordare adeguatamente la figura di Ėjzenštejn. Il suo cinema nasce in un frangente molto particolare, come cinema di stato dell’URSS nel suo periodo di massimo splendore. Dopo aver combattuto nell’Armata Rossa, Ėjzenštejn si recò a Mosca e iniziò la sua carriera artistica. Sciopero! fu il suo primo lungometraggio, e avrebbe dovuto fare parte di un ciclo di otto opere dedicato al movimento rivoluzionario russo, poi rimasto incompleto. Il vero e proprio successo, però, fu raggiunto dal regista con La corazzata Potëmkin, in Italia molto spesso ricordata dalla parodia che ne fa Fantozzi.

Celebre sequenza degli scalini di Odessa tratta dal film La corazzata Potëmkin
La celebre sequenza della scalinata di Odessa, poi ripresa in tono umoristico ne Il secondo tragico Fantozzi

La pellicola dedicata all’ammutinamento a bordo di una nave sembra consacrarlo come un nuovo gigante del cinema dell’epoca. Oltre che come regista, venne riconosciuto soprattutto come teorico e innovatore del montaggio. La sua tecnica si distingue dal comune montaggio “invisibile” della Hollywood classica, abbracciando piuttosto un montaggio evidente e sconvolgente. Questo montaggio “delle attrazioni” mira a far sì che la visione del film non sia solo un’esperienza passiva, ma che lo spettatore, chiamato all’attenzione, crei il senso della storia producendo lui stesso delle associazioni tra le immagini disordinate viste sullo schermo.

I film di Ėjzenštejn rischiano molto spesso di essere ridotti a semplici filmini di propaganda. Il regista parla sicuramente del messaggio rivoluzionario con un certo fervore ed entusiasmo personale, ma lo fa esaltando la profonda umanità dei personaggi. La celebre sequenza della scalinata di Odessa evoca un sentimento di pietà universale: non si cerca di inoculare una dottrina, quanto di evocare il sollievo dato dall’arrivo di una giustizia equa e per tutti, che avrebbe sostituito i lunghi anni di oppressione zarista. Oltre a ciò, bisogna di nuovo ricordare che il montaggio di Ėjzenštejn è tuttora una pietra miliare del cinema, e che anche si vuole ignorare il contenuto filmico, non si può di certo mettere da parte l’innovazione cinematografica.

Fotografia di Ėjzenštejn intento al montaggio di un film

Il ciclo di vita di uno sciopero

Sciopero! inizia mostrando la logorante e ripetitiva vita dell’operaio. Lo stabilimento in cui si muovono i proletari è simbolo universale dell’oppressione sul lavoro. Un evento sconvolge quest’ecosistema in cui i padroni fanno da predatori: un lavoratore è accusato di furto e, incapace di mostrare la sua innocenza, si toglie la vita. Si scatena il disordine sociale e gli operai, collettivamente, decidono di andare in sciopero: se nessuno lavora i potenti non avranno nulla da sfruttare.

Operai di Sciopero! impegnato sul lavoro

All’inizio, l’unione fa la forza, i lavoratori ritrovano la loro esistenza in quanto semplici esseri umani. Vediamo un padre che viene svegliato con dolcezza dal figlio e, consapevole di non dover lavorare, lo abbraccia, pronto a spendere finalmente la giornata con lui. Una parte del film è dedicata a mostrare ciò che è mancato alla vita di queste persone. Se fino a quel momento le loro giornate si consumavano interamente all’interno di una fabbrica grigia, dall’alba alla notte, ora la macchina da presa svela una realtà sociale fatta di contatto umano, sorrisi e leggerezza. Tutto ciò che era stato tolto loro dalla fabbrica, luogo dove gli operai non erano più padroni di loro stessi.

Tuttavia, la bellezza di questa realtà decade presto: senza un lavoro non vi è neppure modo di mettere il cibo sulla tavola e a stomaco vuoto è difficile socializzare o festeggiare. I padroni, nei loro comodi salotti, possono attendere con calma che gli operai, volenti o nolenti, accettino le loro condizioni. Alla fine del film, durante una pacifica manifestazione, le spie dei ricchi creano disordine sociale, dando così motivo alle forze dell’ordine di intervenire. L’ultima sequenza di Sciopero! è aspra e difficile da guardare: la massa popolare viene annientata, ogni proletario cade a terra senza vita.

Sovraimpressione di Sciopero!: il proprietario della fabbrica sembra divorarla

Le associazioni e i temi di Sciopero!

La regia di Ėjzenštejn mostra già segni evidenti di innovazione, che si concretizzeranno pienamente ne La corazzata Potëmkin. Il montaggio dimostra mancanza di maturità, ma ci sarà modo di migliorare per raggiungere poi la perfezione di Ottobre. Dei motifs e delle associazioni visive saltano comunque all’occhio. Gli operai sono costantemente associati all’immagine della ruota: elemento semplice e grezzo, senza cui però è impossibile anche il lavoro più semplice. La ruota è anche un elemento che non può esistere in singolo: per muovere qualcosa ne servono almeno due. L’operaio diventa automaticamente parte di una collettività: ogni proletario esiste solo insieme agli altri; separati, i lavoratori crollano sotto il peso (individuale) dei padroni.

Scena ambientata in fabbrica tratta da Sciopero!

La sequenza finale del film è un tripudio del tipico montaggio intellettuale di Ėjzenštejn, che gioca con tutti gli elementi filmici in un incessante dinamismo. Altro tratto distrintivo del cineasta è infatti il movimento costante, nell’alternarsi e succedersi di inquadrature, che danno vita quindi a questo montaggio disordinato e confusionale, ma anche all’interno dell’inquadratura singola. Nei suoi film, è frequente vedere oggetti o persone muoversi in direzioni opposte. In questo modo l’occhio dello spettatore ha mai tregua, è costantemente catturato dall’azione del film.

Il finale del film rappresentauna sorta di anticipazione della celebre sequenza degli scalini di Odessa. Abbiamo una sequenza in cui le forze dell’ordine massacrano l’intera folla – uomini, donne e bambini – con inaudita crudeltà. A ciò viene alternato il filmato di un bue che viene sgozzato. La massa sterminata diventa quindi letteralmente una bestia al macello.

Inquadratura finale di Sciopero! in cui un bue viene sgozzato

Le condizioni dei lavoratori tra ieri e oggi

Quanto tempo dovrà passare prima che il cinema di Ėjzenštejn cessi di essere attuale? Le richieste degli operai in Sciopero! non sono così inaudite come possono sembrare: riduzione degli orari di lavoro e aumento salariale. Ai padroni queste condizioni non stanno bene, preferiscono la distruzione totale di una classe che vive nella povertà al compromesso.

Celebre inquadratura di Tempi moderni in cui Chaplin rimane incastrato in un ingranaggio

Sciopero! si presta al confronto con i grandi film che hanno parlato dello sfruttamento della classe operaia. Quest’evocare costante della ruota rimanda anche a un ingranaggio, quello in cui rimane bloccato Chaplin in Tempi moderni. Al contempo, il distacco netto tra gli ambienti abitati dai padroni e quelli dei lavoratori ricorda la separazione fisica e sociale tra classi che contraddistingue la futuristica città di Metropolis nel primo atto del film omonimo. Gli operai uno di fianco all’altro a svolgere il proprio mestiere prima dello sciopero ufficiale rimanda a un altro grande film sulla tematica della lotta di classe nelle fabbriche, La classe operaia va in paradiso .

Viene spontaneo domandarsi dove sia finito il cinema politico in un momento in cui la coscienza di classe sembra più che mai dimenticata. Anche registi che hanno trattato il tema del classismo come Bong Joon-Ho si sono convertiti alla formula “Eat the rich” di Hollywood con Mickey 17. Vi è qualche speranza in film come Sorry to bother you di Boots Riley che parla delle condizioni dei nuovi (ormai vecchi) lavori telematici. Anche l’italiano indipendente Anywhere Anytime, per quanto insufficiente nella forma, si impegna ad attualizzare Ladri di biciclette calando il protagonista nei panni di un moderno rider.

Inquadratura estratta dal film Sorry to bother you raffigurante il protagonista
Inquadratura del film Sorry to bother you di Boots Riley

Ma questo non è abbastanza. Nel momento politico e sociale che stiamo vivendo, serve una classe di cineasti che si faccia avanti (e altrettanto pubblico che lo segua) per alzare la voce e fare un nuovo cinema politico come in Italia hanno fatto a loro tempo Rosi, Petri e molti altri. Ėjzenštejn faceva cinema di stato, è vero, ma ciò non significa che non trovasse risonanza nel proprio pubblico. Oggi è più importante che mai ricordare cosa vuol dire la collettività contrapposta all’individualismo. Le lotte, le manifestazioni in piazza e gli scioperi sono strumenti che noi tutti, sottostanti ai padroni moderni, abbiamo e dobbiamo usare.

Se gli operai non avessero agito in Sciopero! probabilmente non sarebbero stati uccisi brutalmente dalle forze dell’ordine, ma a quale prezzo? Avrebbero continuato a subire condizioni imposte dall’alto, in silenzio. Le condizioni lavorative di oggi, nettamente migliorate rispetto a 100 anni fa, esistono solo perchè qualcuno ha lottato per conquistarle. Anche se lo sciopero è l’ultima arma che abbiamo, non dobbiamo rinunciarvi: è attraverso l’azione collettiva che possiamo ancora oggi rivendicare dignità e giustizia sul lavoro.


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Dalla prima cassetta di Spielberg che vidi a casa di nonna, capii che il cinema sarebbe stata una presenza costante nella mia vita.
Una sala in cui i sogni diventano realtà attraverso scie di luce e colori è magia pura, possibilmente da godere in compagnia.
"Il cinema è una macchina che genera empatia", a calarmi nei panni degli altri io passo le mie giornate.

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