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The Green Knight

The Green Knight, un’avventura cavalleresca immersa nel fantasy e nel folklore

Un film onirico e simbolico che riflette sulla paura e l'ipocrisia dei valori cavallereschi

8 minuti di lettura

A24 è una casa di distribuzione e produzione cinematografica indipendente statunitense, ha prodotto la serie tv Euphoria e film come The Lighthouse di Robert EggersIl sacrificio del servo sacro di Yorgos Lanthimos e il premio oscar Moonlight.

 Dall’altro lato invece sono dieci anni che si occupa di distribuire e promuovere nelle sale americane e in molte parti del mondo una specifica visone di cinema, più autoriale e originale rispetto allo standard Hollywoodiano. Tra i moltissimi film ci sono i due eccellenti horror di Ari Aster (Hereditary Midsommar), i film dei fratelli Safdie (Good Time Uncut Gems), Enemy di Denis Villeneuve e i film più profondi di David Lowery, regista che lavora anche in casa Disney e che dirigerà il nuovo live-action di Peter Pan. 

Dopo l’ottimo A Ghost Story, Lowery lavora all’adattamento del romanzo cavalleresco inglese Sir Gawain e il Cavaliere Verderisalente al quattordicesimo secolo e scritto da un anonimo. The Green Knight è uno di quei film pronti da quasi due anni, che ha visto la luce nei cinema americani e inglesi grazie alla perseveranza di A24 solo questa estate mentre in Italia è finalmente disponibile su Amazon Prime Video dal 16 novembre. L’universo esplorato dal romanzo in versi è quello di Re Artù, della famosa tavola rotonda, della vastissima Gran Bretagna difesa dai valori cavallereschi e del folklore simbolico e magico molto intrigante ancora oggi.

The Green Knight è un viaggio lungo e solitario

The Green Knight

In The Green Knight, Gawain (Dev Patel) è un giovane nobile, figlio di Morgana e nipote di Re Artù, che sentendosi escluso dalla vita regale e cavalleresca passa il suo tempo insieme a bottiglie di alcool e una prostituta (Alicia Vikander) di cui è segretamente innamorato.

Il giorno di Natale però viene inaspettatamente invitato dal Re a sedersi al suo fianco, ricevendo sincere scuse per non averlo trattato come uno della famiglia reale e lo sprona a raccontare una storia o un’avventura vissuta per farsi conoscere, ma Gawain non ha niente da dire, non ha ancora vissuto le gesta dei cavalieri seduti insieme a lui.

Il destino però non lo fa aspettare oltre perché la cena viene interrotta dall’intrusione a cavallo di un cavaliere verde, costituito lungo tutto il corpo da radici, foglie e alberi, che è venuto per fare un gioco: qualcuno potrà infliggerli un colpo, ma l’anno dopo lui potrà infliggere lo stesso colpo nella sua lontana dimora per poi separarsi in pace. Gawain è l’unico a farsi avanti, pronto a sfruttare la sua occasione, e con l’Excalibur taglia la testa del cavaliere verde, che però si rialza, raccoglie la sua testa e mentre ride ricorda la promessa fatta dal giovane nobile. 

Un anno passa velocemente e Gawain, ormai diventato famoso e acclamato dal popolo per aver sconfitto un cavaliere, cerca di non pensare al gioco, nel profondo spera vivamente che nessuno lo stia aspettando per toglierli la vita, ma il suo Re gli ricorda che deve mantenere la parola data e lo incita a partire verso l’ignota cappella verde.

Gawain così si mette in viaggio con il suo cavallo, lasciando a casa un intenso amore e il timore di non tornare più, ma anche con la viva possibilità di diventare una leggenda, di realizzare il sogno di essere nominato cavaliere da Artù. Il viaggio che affronterà Gawain sarà un’odissea mistica, al cospetto di una natura infinita e spudorata, dove conoscerà sé stesso sempre più nel profondo, dove farà esperienze che vanno oltre la realtà e dove incontrerà i due lati dell’uomo: la bontà e la cattiveria.

Morire da eroe o tornare da perdente?

The Green Knight

Il rischio maggiore che ha corso David Lowery è stato quello di trasporre una storia che ha precisi stilemi narrativi e da cui è difficile non cadere nella mera trasposizione moderna di una storia cavalleresca, composta dal viaggio dell’eroe che deve superare molte prove per dimostrare i suoi valori.

Un rischio che però Lowery supera costruendo un film riesce a rimanere fedele al complesso materiale originale, intriso di mitologia e simbolismo medievale, e allo stesso tempo conferire una personale identità a The Green Knight tramite una regia sublime e una sceneggiatura basata su ottimi dialoghi e che lascia spazio anche al silenzio del viaggio solitario di Gawain.

Un viaggio ai limiti dell’irreale, dinamica tipica del romanzo cavalleresco, dove simboli e folklore vengono utilizzati come grandi metafore di un messaggio che va al di sopra della singola storia. Il cavaliere verde, una volpe parlante, il gioco della decapitazione, la magia di Morgana e le vallate di uomini giganti sono simboli che affondano le loro radici in un’antica cultura che The Green Knight non riesce completamente ad approfondire, ma che sfrutta per diventare un film mistico e fantasy capace di trasmettere ciò che il romanzo voleva raccontare, cioè l’estrema lotta interiore di un uomo di fronte ad una scelta cruciale, abbracciare le conseguenze del suo comportamento o continuare a vivere nella menzogna?

Se la trama di The Green Knight risulta obbligatoriamente semplice e lineare, sono i personaggi e le loro interazioni ad essere profonde e interessanti. Dev Patel è stato perfetto ad interpretare le fragilità e i timori di un giovane uomo che, obbligato dal cognome che porta e dalle aspettative nobiliari, cade nel tranello del cavaliere verde e deve affrontare un qualcosa di misterioso, in bilico tra la morte e la gloria eterna, capendo piano piano che valori come l’onore e la lealtà non si conquistano con un titolo e che ogni gioco nasconde dietro di sé una trappola, un secondo fine. 

The Green Knight è un film denso, complesso e profondamente onirico, ma che tramite la regia e i giochi di colore si diverte rendendosi sperimentale così da staccarsi dalla tradizione classica cavalleresca e diventare un progetto che si regge sulle sue spalle trasmettendo allo spettatore qualcosa di speciale.


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Il cinema e la letteratura sono gli unici fili su cui riesco a stare in equilibrio. I film di Malick, Wong Kar Wai, Jia Zhangke e Tarkovskij mi hanno lasciato dentro qualcosa che difficilmente riesco ad esprimere, Lost è la serie che mi ha cambiato la vita, il cinema orientale mi ha aperto gli occhi e mostrato l’esistenza di altre prospettive con cui interpretare la realtà. David Foster Wallace, Eco, Zafón, Cortázar e Dostoevskij mi hanno fatto capire come la scrittura sia il perfetto strumento per raccontare e trasmettere ciò che si ha dentro.

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