Canini aguzzi, pipistrelli, un oscuro castello in Transilvania. Dal 1897, anno di pubblicazione del romanzo di Bram Stoker, il conte Dracula continua ad affascinare e rapire metaforicamente fan e filmmaker, nonostante più di un secolo di adattamenti e trasposizioni. Quando si pensa che ormai il personaggio non abbia più nulla da dire, arriva sempre una nuova visione, un nuovo take sul vampiro più famoso della cultura pop: a cavallo di questo Halloween 2025, e a braccetto con l’uscita di una nuova iterazione dell’altro Mostro per antonomasia, Frankenstein, è il turno di Luc Besson con Dracula – L’amore perduto.
L’ispirazione al Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola è totale e manifesta, ed il regista francese la trasforma in una storia d’amore in piena regola attraverso lo sguardo malinconico e magnetico di Caleb Landry Jones. Dal 29 ottobre 2025 al cinema, con anche la nostra Matilda de Angelis.
Dracula – L’amore perduto: la storia la sapete, tanto

1480: Vlad II di Valacchia, eroico e temuto cavaliere romeno, difende la cristianità dall’invasione degli ottomani, salvo poi rinnegare furiosamente Dio dopo la morte della sua amata principessa Elisabetta (Zoe Bleu), uccisa in un’imboscata. Vlad viene così maledetto per l’eternità e trasformato nel primo vampiro, impegnando i seguenti secoli nella ricerca della reincarnazione di Elisabetta.
Besson è perfettamente consapevole di essere l’ultimo di una lunga serie di registi a prendere in carico la storia di Dracula, e non si dilunga nel narrarne gli antefatti. Dopo il prologo di Dracula – L’amore perduto, infatti, siamo subito all’arrivo in Valacchia dell’agente immobiliare Jonathan Harker, nella cui fidanzata Mina un avvizzito Dracula riconosce proprio Elisabetta, e che farà di tutto per riunirsi a lei.

Se le premesse vi sembrano familiari avete ragione: le somiglianze con Dracula di Bram Stoker sono talmente evidenti da far pensare ad un remake nell’apertura, o quantomeno ad un adattamento del film di Coppola, più che del romanzo di Stoker. Ciò è esemplificativo dell’importanza acquisita dal film con Gary Oldman in trent’anni, che si è consolidato come l’archetipo moderno della storia del Conte: Besson non fa nulla per nascondere l’ispirazione, scegliendone in toto la parte più romantica – il titolo originale, Dracula – A love tale, dichiara subito i propri intenti – e ambientandolo, non a caso, a Parigi, la città dell’amore.

Dracula è da subito il protagonista dichiarato e punto di vista principale, stavolta, senza neanche provare a fingere un qualche tipo di rilevanza per Jonathan. All’arrivo nella capitale francese, durante il centenario della Rivoluzione, il Conte affascina da subito Mina, aiutato da una delle sue vampire, Maria (Matilda de Angelis), mentre è braccato da un prete (Christoph Waltz) di un ordine votato alla caccia dei vampiri – una rilettura di Van Helsing.
Dracula – L’amore perduto si mette in difficoltà da solo

Seguire un modello di riferimento come quello espone chiaramente Dracula – L’amore perduto ad un confronto difficile da reggere. La scelta di trasformare quella che nelle opere precedenti è un’ossessione malata, quella di Dracula per Mina, o una travolgente passione, in vero e proprio amore focoso e inarrestabile trasforma il famelico Conte in un uomo dannato e dilaniato dal sentimento: Dracula di Bram Stoker combinava infatti alla perfezione il lato più romantico del vampiro con quello più bestiale, mostruoso, predatorio.
La scelta di mettere da parte quest’aspetto finisce inevitabilmente per depotenziare la figura di Dracula, che mantiene il proprio fascino malvagio – e le proprie attitudini da succhiasangue – ma mancando di una componente davvero spaventosa.
Riservare così poco spazio a Jonathan Harker, inoltre, lascia una strada fin troppo spianata a Mina per finire tra le braccia del Conte, privandola del conflitto morale dato dalla presenza del suo futuro marito.
Dal proprio predecessore Dracula – L’amore perduto eredita anche la componente più barocca e sopra le righe, che però non sempre funziona: ciò si verifica specialmente in un escamotage di trama volto a mostrare i poteri da incantatore di Dracula, ma che finisce per risultare estremamente fuori posto e più simile ad un lungo spot di profumi.

Un Dracula che sa comunque il fatto suo
Nonostante ciò, è corretto parlare di Dracula – L’amore perduto come film a sé stante, e non solo in riferimento alla sua ispirazione. Tolte le difficoltà summenzionate, questa nuova riproposizione del Conte si lascia più che guardare ed intrattiene, grazie soprattutto alla prova di Caleb Landry Jones. L’attore statunitense torna a collaborare con Besson dopo Dogman, portando in scena un Dracula affascinante e carismatico, di grande presenza scenica anche nelle situazioni più action e magnetico nei momenti con Elisabetta. Il loro legame è fulcro nevralgico ed emozionale di tutto il film.

Luc Besson porta in scena scorci estremamente suggestivi, come la visita di Dracula al convento, il finale ed il definitivo “ritorno di coscienza” di Elisabetta/Mina, amplificati a dismisura dalla bellissima colonna sonora di un certo Danny Elfman. In quest’ultima scena in particolare, il compositore statunitense veterano di collaborazioni con Tim Burton ripropone un tema musicale che richiama immediatamente la Ice Dance di Edward Mani di Forbice, coronando il punto apicale del film. Quando Besson prende la propria strada rispetto al film di Coppola si hanno i punti più interessanti, attuando una rilettura accattivante.
Il 2025 è stato un anno piuttosto prolifico per il genere vampiresco sul grande schermo, iniziato con Nosferatu, proseguito con I Peccatori e conclusosi ora con questo Dracula. Al netto dei suoi difetti strutturali, Dracula – L’amore perduto è un film che ha diritto di cittadinanza nella cosmogonia dedicata al vampiro, in particolare per chi può apprezzare questa visione più romantica e antieroistica: grazie alle interpretazioni dei suoi protagonisti e alla rivisitazione operata da Besson, che riporta al cinema sotto una lente ancora nuova ed efficace quello che è un mito senza tempo.
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