“Danzi mai col Diavolo nel pallido plenilunio?” chiedeva il Joker di Jack Nicholson alle sue vittime.
Il regista Ryan Coogler (Black Panther) risponde uno scatenato sì a ritmo di blues con il suo I Peccatori: musica, (discrimin)azione e horror si fondono sulle (larghe) spalle di un doppio Michael B. Jordan, che affronta forze oscure e affamate nel Mississippi della segregazione razziale.
Nelle sale italiane dal 17 aprile, da non perdere.
I Peccatori dal tramonto all’alba
1932. I gemelli Elias “Stack” ed Elijah “Smoke” Moore (Michael B. Jordan), veterani della Prima Guerra Mondiale, tornano nella loro cittadina del Mississippi dopo un lungo periodo di loschi traffici a Chicago, ai comandi di Al Capone. Qui radunano un gruppo di vecchie conoscenze, tra cui l’ex moglie di Smoke, Annie (Wunmi Mosaku, recentemente in Loki e Deadpool & Wolverine), il pianista Delta Slim (Delroy Lindo) e soprattutto il loro cugino Sammie (l’esordiente Miles Caton), cantante e chitarrista talentuoso, per l’inaugurazione del loro nuovo jukebar: un luogo di socialità, musica e divertimento per la comunità afroamericana locale, in uno Stato ancora profondamente razzista.
Oltre però che dall’ombra di un Ku Klux Klan mai scomparso, i festaioli dovranno difendersi da qualcosa di ancora più malvagio e ultraterreno: l’attacco di un gruppo di famelici vampiri durante la prima, lunga notte di festa, capitanati da Remmick, immigrato irlandese trasformato.
I due volti de I Peccatori
I Peccatori si presenta come un horror atipico, perché per una buona ora di film, di horror c’è quasi nulla. Ryan Coogler ha da sempre a cuore le storie legate alla comunità di colore, dagli inizi con Fruitvale Station, passando per Creed e i due Black Panther, e ne I Peccatori non è da meno: tutta la prima parte, infatti, è dedicata alla costruzione dei personaggi che ci vengono presentati, a cominciare dal timido Sammie, figlio di un predicatore, e dai due gemelli.
Smoke e Stack tornano da vincitori, quelli che “ce l’hanno fatta”, in una città in cui per gli afroamericani la discriminazione è ancora pulsante sotto la superficie: MBJ è ormai “la musa” di Coogler (quattro film su cinque), al punto da ricevere due ruoli nello stesso film, compito che porta intensamente a compimento interpretando due fratelli uguali ma ben distinti e caratterizzati, come nell’amore verso Annie e Mary (Hailee Steinfeld).
Avere tempo di conoscere i personaggi, le loro stranezze e i loro affetti, fa sì di arrivare al momento in cui l’azione vera e propria esplode avendo effettivamente a cuore ciò che succede alle figure in gioco, invece di assistere a semplice carne da macello come spesso avviene nell’horror moderno.
The Rocky Road to Mississippi
Il cuore pulsante de I Peccatori, però, è nelle note vibranti della chitarra di Sammie e nel blues che pervade la pellicola dall’inizio alla fine. Nato come canto di protesta degli schiavi delle piantagioni, il blues diventa uno scudo per l’eterogeneo gruppo di protagonisti, che suonano e cantano per darsi coraggio e riaffermare il proprio spirito contro l’oppressione: la minaccia, non a caso, rappresentata da un gruppo di predatori comandati da un bianco irlandese, Remmick (Jack O’Connell), che rispondono con una scatenata Rocky Road to Dublin, uno dei canti irlandesi più celebri.
I momenti musicali non sono mai invasivi né forzati, ma anzi uno dei punti di forza più riusciti de I Peccatori, trasformando le note in un vero e proprio strumento in grado di aprire varchi tra epoche e mondi – anche a livello di trama, come in una memorabile sequenza in cui passato e presente convergono al suono della chitarra di Sammie. Il canto è coadiuvato dalla viscerale colonna sonora di Ludwig Göransson (Oppenheimer, Tenet), intensa e travolgente, che fa da sfondo alla calda e bellissima fotografia 35mm di Autumn Durald (The Last Showgirl).
I Peccatori: il vampiro che non passa mai di moda
I vampiri sono tra le creature più sfruttate e amate dal grande schermo, e il rischio del cliché è dietro l’angolo. La bravura di Ryan Coogler sta nel prendere tutti gli elementi del folklore legati ai predatori della notte e alle credenze hoodoo e calarli alla perfezione in tutto il contesto che abbiamo raccontato finora: non inventare niente di nuovo, ma reinventare. Come spesso accade, il come si racconta una storia conta forse anche più di cosa si racconta (vedi Avatar, per esempio).
Coogler mescola abilmente richiami a Dal Tramonto all’Alba e La Cosa, con una spruzzata di Django Unchained nel finale, confezionando un action-horror che combina sapientemente qualità ed intrattenimento. Nonostante un finale forse un po’ troppo cinematografico, I Peccatori è una delle uscite da non perdere di questo ricco aprile, specialmente in un periodo come questo in cui si lamenta spesso la mancanza di idee originali nelle nuove produzioni.
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