Sul cinema si scrive e dice molto, da sempre. Libri sul cinema, articoli sul cinema, cinema sul cinema. All’immagine, da subito, si è risposto a parole. Il cinema si prende a parole. A volte male parole (c’è un romanticismo antico negli insulti lanciati allo schermo), spesso parole dolci. Anche per questo dei film migliori si dice che lascino “senza parole”. Come a sostenere che il loro più grande pregio sia di zittire tutti per un po’. Nel 1905, Giustino Ferri, in quello che si considera uno dei primi saggi italiani sulla settima arte, esordisce così: “Nella penombra della piccola sala correvano mormorii di curiosità e d’interesse; brevi frasi a bassa voce che commentavano”. Scorrono parole, prima che immagini.
Per questo fare un podcast sul cinema può vuol dire anche – senza timore di allontanarsi dallo schermo – parlare della critica. Ossia parlare di chi, per lavoro o passione, trasforma il momento convulso e inafferrabile del treno che attraversa il fascio di luce in sintassi organizzata in vagoncini di idee. Una dopo l’altra, in comunione e assieme in lotta con il film: la critica è anche epica, perché forza la processione di immagini – dove ogni frame può solo divorare il precedente – alla sequenzialità della scrittura – che concede alle parole di coesistere senza pratiche cannibali.
Un podcast sulla critica cinematografica significa duplicare l’eco che segue il film: parlare di parole che parlano di immagini. Uno sguardo obliquo che si pone più obiettivi: evitare l’ennesima recensione vocale non richiesta (e al contempo nasconderne una al suo interno), dare un volto alle penne che ancora oggi lottano per il diritto a stendere parole su quest’arte, interrogarsi sul ruolo e il potere a esse riconosciuto.
Si chiama Good Morning Cinema, perché esce ogni due lunedì all’orario peggiore per l’essere umano: le 7.30. All’annunciato tramonto del cinema e della critica, abbiamo preferito l’alba.
Good Morning Cinema è una rassegna stampa dedicata alla critica. A partire dal film o dalla serie del momento, tireremo lunghi fili rossi tra una recensione e l’altra, facendo comunicare, litigare, confrontare suggestioni ardite e posizioni militanti. Cosa ne pensa la critica può sembrare un interrogativo d’altri tempi, ma se qualcuno continua a voler riflettere (sul)lo schermo è perché guardare non è ancora abbastanza.
Arriviamo oggi, lunedì 21 marzo, al secondo episodio, interrogando la critica sull’ultimo film di Paul Thomas Anderson. Abbiamo esordito però con la quintessenza della discussione critica: la possibilità che un film sull’uomo pipistrello possa essere opera d’autore. The Batman ci ha aiutato a introdurre Good Morning Cinema nelle pieghe della critica, scoprendo quanto prolifero può essere il pensiero quando è posto a sfida di un preconcetto. In molti si sono concentrati sulla diversità di questo film: dalla fotografia alle musiche, tutto in The Batman si dà in virtù di un’unicità di fondo. Paradossale poi che a conferma di ciò tanti corrano alla ricerca dei riferimenti, degli omaggi, delle citazioni che il regista Matt Reeves avrebbe usato a calco della sua opera. Dunque diverso dagli altri cinecomics supereroistici e unico perché simile a un cinema altro, già favorito dalla critica. La critica migliore si esprime per cortocircuiti, per questo Good Morning Cinema è un viaggio sempre imprevedibile.
Al contrario, di Licorice Pizza, indubbia espressione di un grande autore, abbiamo letto e riportato molto, seppur le parole tra un articolo e l’altro sembrassero spesso imitarsi, scambiarsi, persino copiarsi. Succede spesso con i grandi nomi. Per leggere due recensioni diverse su un film di Tarantino bisogna scavare a fondo. Ci sono registi che funzionano come brand: arrivano già impacchettati di pratiche discorsive a uso della critica e dello spettatore. Vi capita mai di avere in mente un giudizio che non vi appartiene? Quel “dicono sia bello” che giochiamo nelle conversazioni. Good Morning Cinema cerca la verità nel “dicono che”.
Non stupisce, ma affascina, che i canali social di promozione di questi film si trasformino spesso in suggeritori di aggettivi, causando poi una dissonanza non indifferente nello scambio di parole tra chi dovrebbe tentare la critica e l’interpretazione e chi fa semplicemente marketing. Ma è il marketing che si fa carico della critica o quest’ultima che si ritaglia ormai il ruolo di imbonitore, colui che fuori da un locale ti invita a entrare?
Non sono mancate però suggestioni inaspettate. Di Licorice Pizza si è scritto, nei casi virtuosi, come di una storia propriamente cinematografica. Un film che non potrebbe che darsi come forma di cinema. La “gratuità” di cui parla Roberto Manassero in un’avventurosa analisi per Cineforum riferisce di un cinema che nutre se stesso, tornando alla semplicità (altra parole con cui si è spesso incorniciato il film) “alla maniera del cinema classico”. Se così fosse, però, Licorice Pizza e The Batman vivrebbero degli stessi strenui tentativi della critica di riportare il cinema d’oggi (quello che piace) accanto a quello di ieri, dove risiederebbe un’arte tout court, semplice e gratuita, avvolta di mistero e bellezza.
Quando la critica non si ruba le parole, o non rapina le didascalie dei trailer, può accadere uno strano fenomeno: le frasi di recensioni diverse iniziano a completarsi a vicenda. Essendo ormai tutti immersi in un acquario fatto di social media e schermi, molte idee e riflessioni sembrano rispondere a un fuori campo, dove abitano le parole degli altri. Fioccano frasi che rispondono a domande sottintese, litigano con fantasmi, completano altre suggestioni. La critica non lo sa, ma sta già parlando e anche se non usa sempre i link esterni per rispondere ai colleghi, è già da tempo ipertestuale. Good Morning Cinema può provare a dimostrarlo, con la consapevolezza che gli attori di questa professione – da quando ha smesso di essere davvero tale – sono moltiplicati e agli scritti sarà sempre più necessario accostare i video commenti, gli altri podcast, persino i TikTok.
Tutti scrivono di cinema, pochi ne leggono. Lo facciamo noi e ve lo raccontiamo. Un giro strano, contorto e intrecciato, come lo è quest’arte.
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