Parlare de L’amica geniale non è cosa semplice: confrontarsi con una materia tanto vasta e intensa richiede ordine, approfondimento e anche voglia di guardarsi dentro, perché uno dei più grandi pregi della tetralogia di Elena Ferrante è proprio quello di riuscire a toccare le corde emotive di chi si avvicina all’opera. È quindi complesso disunire l’attaccamento personale da un’analisi oggettiva, ma, giunta a conclusione la serie di Rai Fiction e HBO, è utile tirare le somme e fare il punto, per capire cosa ha significato e cosa ci ha lasciato quella che, indubbiamente, è una delle opere più importanti degli ultimi anni.
L’amica geniale, la tetralogia di Elena Ferrante
La tetralogia di Ferrante ha inizio nel 2011 con il primo volume, che poi dà il titolo all’intera saga, L’amica geniale. Seguono Storia del nuovo cognome nel 2012, Storia di chi fugge e di chi resta nel 2013 e Storia della bambina perduta nel 2014. La vicenda inizia nel 2010, quando la protagonista e io narrante Elena Greco apprende la scomparsa dell’amica d’infanzia Raffaella Cerullo, Lila. Elena allora inizia a scrivere la storia di Lila, della loro amicizia e la sua storia, andando indietro nel tempo fino alla loro infanzia, passata negli anni ’50 in un rione povero di Napoli.
Il primo capitolo della saga si conclude quando le due protagoniste hanno sedici anni e il tema centrale è quello dello studio, che le due vedono come via di riscatto personale e modo per tirarsi fuori dal rione. Ma, se a Elena è stato permesso di continuare la scuola, a Lila è stato invece negato. Il libro si conclude con il matrimonio di quest’ultima, che rappresenta l’unica via che ha trovato per la sua rivalsa sociale.
Storia del nuovo cognome racconta l’ascesa di Elena attraverso gli studi, fino alla frequentazione dell’università a Pisa e poi l’affermazione con la pubblicazione del primo libro. Dall’altra parte vediamo la discesa di Lila, prima in un matrimonio infelice con un marito violento, poi in una relazione adultera con Nino Sarratore, e infine nella fabbrica di salumi Soccavo, dove è costretta a lavorare in condizioni terribili.
Storia di chi fugge e di chi resta, ambientato tra gli anni ‘60 e ‘70, è intriso del clima politico e sociale di quegli anni, caratterizzato dalle rivolte operaie e studentesche e dai primi scritti femministi. Lila riesce ad abbandonare la fabbrica Soccavo e, insieme al nuovo compagno, Enzo Scanno, si avvicina al mondo della programmazione. Intanto, Elena si è sposata con Pietro Airota, ma presto si rende conto di essere intrappolata in una vita deprimente; rinnega allora tutto quello che ha costruito a livello sociale per vivere l’amore covato fin dall’infanzia per Nino Sarratore.
Storia della bambina perduta è l’ultimo capitolo della tetralogia e anche il più denso di avvenimenti. Elena e Lila vivono entrambe a Napoli: la prima, delusa da Nino, continua la carriera di scrittrice, affermandosi sempre di più, ma covando sempre un senso di inadeguatezza; la seconda all’inizio vive serena e finalmente appagata, per poi precipitare in un baratro sempre più profondo, che infine porterà alla sua totale cancellazione dal mondo.
L’Amica geniale, i punti di forza
Tema centrale della saga de L’amica geniale è l’amicizia tra due donne, un argomento trattato raramente, sicuramente non quanto l’amicizia maschile, e quasi sempre attraverso stereotipi che impoveriscono il discorso. Ferrante, al contrario, indaga questo rapporto nel profondo, senza filtri, riuscendo così a risuonare nella vita privata dei lettori.
La saga de L’amica geniale è ormai riconosciuta e celebrata da più parti, tanto che il New York Times lo ha dichiarato il miglior libro del XXI secolo, ma, nonostante questo, come spesso accade a opere realizzate da una donna e con protagoniste altre donne, i quattro volumi sono di frequente definiti “da femmine”, come se questa fosse una categoria specifica esistente. Questo, a conti fatti, porta i libri, e di conseguenza anche la serie, a essere fruiti soprattutto da un pubblico femminile.
Diversi e molteplici sono i punti di forza della saga de L’amica geniale: non solo i nuclei tematici, ma, anche e soprattutto, la scrittura di Ferrante stessa, una lingua universale e ricercata, ma allo stesso tempo legata alle sue radici napoletane, lineare e diretta. La sua voce è più che riconoscibile, stratificata e ricca; l’autrice lascia trasparire le diverse derivazioni e punti di riferimento letterari, utilizzando i meccanismi narrativi a suo favore. Questi vengono mescolati con il mito, la letteratura alta, di genere e di consumo, in modo da creare un’opera che è al tempo stesso romanzo di formazione, romanzo storico, saga famigliare e molto altro ancora.
L’Amica geniale, la serie televisiva
La serie de L’Amica geniale si sviluppa in quattro stagioni, ognuna delle quali ripercorre un volume della saga. Creata da Saverio Costanzo, si tratta di una collaborazione tra Italia e Stati Uniti per una produzione che vede concorrere Rai Fiction e HBO. La sceneggiatura è firmata dalla stessa Ferrante, Saverio Costanzo, Laura Paolucci e Francesco Piccolo, mentre la regia è affidata a Saverio Costanzo per la prima e la seconda stagione; ad Alice Rohrwacher per due episodi della seconda; a Daniele Luchetti per la terza e a Laura Bispuri per la quarta e ultima.
La serie è riuscita a replicare il successo dei romanzi, trovando tra il suo pubblico non solo i lettori già affezionati alla saga scritta, ma anche nuovi sostenitori, che si sono avvicinati alla storia di Lila e Lenù proprio grazie alla serie televisiva. Questo è stato possibile grazie alla cura e alla precisione con cui i romanzi sono stati adattati. L’impresa di trasposizione da romanzo a immagini, cinematografiche o televisive che siano, è sempre difficile e il più delle volte lascia insoddisfatto chi si era affezionato alla parola scritta. Tali prodotti visivi risultano infatti in qualche modo incompleti, inconsistenti o fallaci; L’amica geniale non rientra in questo gruppo.
La serie è così forte e potente perché è riuscita a dare forma all’immaginazione del lettore: le prime tre stagioni de L’amica geniale sono un lavoro di messa in scena del romanzo molto preciso. Restituiscono l’atmosfera del libro; i personaggi sono come tutti noi ce li eravamo immaginati; i luoghi e le musiche risultano perfetti. Anche la quarta stagione, che sicuramente risulta la più difficile, non può essere definita come un lavoro insoddisfacente. La materia di partenza, il volume Storia della bambina perduta, era sicuramente il più complicato da trasporre, il più denso di eventi e il più lungo temporalmente, ma nel complesso non si può parlare di uno sbaglio.
Forse il giudizio risulta viziato proprio per quell’attaccamento personale ed emotivo di cui si parlava all’inizio. Certo, alcuni passaggi avrebbero richiesto un tempo maggiore di approfondimento, data la vastità delle tematiche; la resa di alcuni avvenimenti risulta stereotipata e didascalica e, in definitiva, l’impostazione a dieci episodi imprigiona un racconto che avrebbe richiesto più spazio.
Tuttavia, anche in quest’ultima stagione, si ritrovano i punti fermi che hanno contribuito alla grandezza de L’amica geniale, a cominciare dalle musiche di Max Richter, ormai entrate nell’immaginario comune e immediatamente riconoscibili. Passiamo poi agli attori, da Margherita Mazzucco e Gaia Girace, che interpretano rispettivamente Lenù e Lila nella seconda e terza stagione (coloro che hanno davvero fatto affezionare molte persone a questi personaggi), passando per quelli più secondari, come Anna Rita Vitolo che interpreta Immacolata Greco, Francesco Serpico (Nino Sarratore), Eduardo Scarpetta (Pasquale Peluso), Giovanni Buselli (Enzo Scanno), Bruno Orlando (Franco Mari).
L’ultima stagione de L’amica geniale, forse, risulta un po’ più ostica anche per il cambio degli attori, vista l’età più avanzata dei personaggi. Se Irene Maiorino è da tutti applaudita come una perfetta Lila, infatti, Alba Rohrwacher e Fabrizio Gifuni destano qualche perplessità nei ruoli di Lenù e Nino; un plauso deve essere indirizzato invece per le attrici che interpretano le figlie di Elena e Pietro, Ludovica Di Meglio (Dede) e Adriana Trotta (Elsa).
Quello che ci resta de L’amica geniale
La grande materia al centro de L’amica geniale, si è detto, è l’amicizia tra due donne. Al suo interno, però, ci sono molte altre tematiche che risuonano a diversi livelli e vengono affrontate in modo puntale e preciso. Innanzitutto, il rapporto tra Lila e Lenù non viene mai idealizzato o descritto in modo idilliaco, anzi, è alimentato tanto da ammirazione e sentimento quanto da invidia, meschinità e risentimento. Quello raffigurato ne L’amica geniale è semplicemente un rapporto vero e, come tale, è composto sia da amore che da odio. È talmente reale che si prova vergogna a leggerlo o a vederlo rappresentato.
Lila e Lenù sono amiche da sempre, si sono scelte reciprocamente, si sono riconosciute e hanno visto l’una nell’altra qualcosa che a loro mancava e che desideravano per sé. Alla domanda “chi è l’amica geniale?” rispondiamo che entrambe lo sono, l’una per l’altra. Da sempre opposte e speculari, complementari, mai uguali ma sempre affini. Per questo, il loro rapporto sarà per entrambe l’unico che riusciranno a tenere vivo per tutta la vita, al contrario delle relazioni con gli uomini che, invece, finiscono sempre per essere deludenti.
L’Amica geniale è anche una storia di lotta femminile in un mondo in cui quasi tutti gli uomini sono gretti, miseri e avidi di potere. Ovviamente, il simbolo di tutto questo è Nino Sarratore, che risulta essere peggiore perfino dei fratelli Solara o di Stefano Carracci: questi ultimi, infatti, non nascondono la loro natura e rivendicano il credo patriarcale e violento che anima le loro scelte, le loro azioni e i loro pensieri.
Nino, invece, è l’approfittatore, il traditore, l’affabulatore, l’intellettuale di bell’aspetto, che si mostra avanzato nelle idee sociali, vicino alle lotte del femminismo, ma nella realtà si sente minacciato da una presenza femminile migliore di lui. Alla fine, è semplicemente un uomo che riduce la donna a oggetto, mera conquista sessuale, possedimento. Ci sono, ovviamente, personaggi maschili positivi, tra tutti Enzo Scanno, che, non solo nel libro ma anche nella serie, riesce a mostrare la sua natura buona. Lui è l’unico, oltre a Lenù, in grado di comprendere Lila, ma alla fine anche per lui è impossibile restarle accanto.
La lotta che Lila e Lenù devono combattere non è solo con gli uomini delle loro vite e contro il sistema patriarcale in cui sono nate e cresciute, ma sono anche costantemente in lotta con il luogo di origine. Questo è visto come luogo della povertà, dell’inettitudine, del dominio maschile e mafioso: è il rione napoletano, popolare, provinciale, in cui le resistenze tradizionali sono più difficili da modificare. Fin da bambine, Lila e Lenù cercano il modo di riscattarsi, ma c’è chi fugge e chi resta: chi riuscirà ad andare, (Lenù) per poi però tornare, e chi, invece, non riuscirà mai a staccarsi davvero, fino alla fine, quando l’unica soluzione sarà quella di cancellare tutto, perfino se stessa, e ricominciare.
Il legame con il rione è anche il legame con la famiglia, un confronto e uno scontro che riguarda tutti i personaggi: Lenù e sua madre, Lila e Melina Cappuccio (la vedova pazza sua lontana parente), Nino e suo padre. Ognuno di loro cerca di essere diverso dal progenitore, di staccarsi da quell’immagine, ma, inevitabilmente, si ritrova a essere esattamente come quella figura primordiale.
Come detto, parlare de L’amica geniale non è cosa facile: ci sarebbero molte altre questioni da sviscerare ed evidenziare, ma quello che più resta, forse, è la forza con cui Ferrante è riuscita a raccontare questa storia di formazione, di lotta e di sopravvivenza, non nascondendo le brutture, le umiliazioni e soprattutto i pensieri scomodi e malsani, che i personaggi hanno e che in fondo ognuno di noi sperimenta nella sua vita. La verità, scritta su carta con una tale sincerità e naturalezza, ci fa sentire rappresentati e vicini a queste donne geniali che spesso non sono state capite, sono state attaccate e umiliate per le loro parole e i loro pensieri, considerate sbagliate, crudeli e non abbastanza.
Ne L’amica geniale, Ferrante scrive degli sbagli di Lenù, della cattiveria di Lila, dei tradimenti, dei pensieri terribili. Ci fa intraprendere un viaggio all’interno del nostro profondo più oscuro, facendo risuonare in noi caratteristiche delle protagoniste, specchi distorti di noi stessi; ci fa fare i conti con gli errori e la crudeltà che segnano le nostre vite. Come dice Lila nell’ultima puntata de L’amica geniale, “solo nei romanzi brutti la gente pensa e dice cose giuste”: di cose sbagliate ne sono state dette e scritte tante, ma è quello che facciamo continuamente nella nostra vita, per poi aggiustare le cose, rialzarci e trovare un modo per restare nel nostro pezzo di mondo.
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