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The Avengers, 10 anni del film che nessuno ha saputo replicare

Il 25 maggio 2012 usciva nelle sale The Avengers, film iniziatore del grande progetto Marvel e fenomeno senza precedenti a Hollywood. Scopriamo perché

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17 minuti di lettura

Prima ancora dell’uscita di The Avengers nel 2012, nel 2008 Iron Man con Robert Downey Jr. fece il suo debutto nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, e sempre nello stesso anno uscì anche The Incredible Hulk con Edward Norton. Entrambi i film finivano, al termine dei titoli di coda, con una promessa, con una speranza allora impensabile: “it’s all connected”.

Il progetto a lungo termine di Kevin Feige, produttore e ideatore del Marvel Cinematic Universe, era sin da subito cristallino: questi personaggi, insieme ad altri, si sarebbero rincontrati “per formare un gruppo di persone straordinarie, per vedere se potevano diventare qualcosa di più, così, quando sarebbe servito, avrebbero combattuto battaglie per loro impossibili”. Il resto è storia: The Avengers debutta al cinema solo 4 anni dopo l’uscita di Iron Man, e ha cambiato, nel bene e nel male, il modus operandi di Hollywood, che continua ancora oggi ad adottare il famigerato metodo MCU.

La Marvel prima di The Avengers

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Avi Arad e Kevin Feige
Alex Berliner/BEI/Shutterstock

Prima che Kevin Feige tentasse la sorte con la creazione di un universo condiviso, il produttore è stato dietro a tutti i film Marvel usciti nel corso degli anni 2000: dalle trilogie di X-Men e Spider-Man ai film di Hulk, Daredevil, Punisher e il dittico dei Fantastici Quattro. Feige fu presto promosso ai piani alti della Marvel, a fianco di Avi Arad, il fondatore originale di quelli che oggi conosciamo come i Marvel Studios.

Questi film erano ovviamente a sé stanti, e facevano riferimento solo a film strettamente collegati (come Daredevil ed Elektra, ad esempio), e oltre a qualche piccola chicca come battutine ed easter eggs fumettistici, questi film non hanno mai suggerito di far parte di un mondo supereroistico più grande: si trattava di film contenuti e chiusi, che certo lasciavano aperte le porte ai sequel, ma mai ai crossover. Ogni film aveva il suo preciso stile e una propria estetica, non si lasciava influenzare da altri film simili: la New York dorata di Spider-Man è completamente diversa da quella crepuscolare e gotica di Daredevil. Ogni film creava il proprio mondo unico.

Visto il clamoroso successo che i film stavano riscontrando, Feige si accorse che, nonostante i diritti ceduti alla Sony e alla 20th Century Fox (ben prima che venisse acquistata dalla Disney), la Marvel possedeva ancora i diritti dei personaggi fondatori del team dei Vendicatori, e cominciò ad abbozzare un’idea per creare un universo cinematografico condiviso, proprio come quello che fu creato da Stan Lee e Jack Kirby nei fumetti. Il progetto è tanto semplice quanto ambizioso per l’epoca: realizzare un film individuale per ogni personaggio, in modo da permettere al pubblico di familiarizzare e di affezionarsi a loro, per poi fare un film crossover in cui tutti interagiscano per la prima volta.

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Robert Downey Jr. in Iron Man (Jon Favreau, 2008)

Dopo diverse discussioni, e dopo aver formato una commissione creativa composta da esperti di fumetti Marvel, Feige e soci decidono il piano di attacco: 5 film e 1 crossover, tutti prodotti indipendentemente dai Marvel Studios e distribuiti dalla Paramount Pictures (ad eccezione di The Incredible Hulk, i cui diritti appartenevano ancora alla Universal).

Anche in questo caso, pur accennando ad un universo condiviso, ogni film mantiene la propria identità stilistica e narrativa: ad Iron Man e Iron Man 2 spettano le ambientazioni ultra tecnologiche e l’eccesso di effetti speciali, a The Incredible Hulk un tono leggermente cupo e inquietante (Hulk rimane una minaccia spaventosa per gran parte del film), in Thor c’è una portata epica di largo respiro, elegante e più classica (non per niente la regia fu affidata a Kenneth Branagh), e infine in Captain America: The First Avenger viene utilizzata un’estetica nostalgica e retrò, che vuole omaggiare i fumetti della Golden Age.

Infine, nel 2012, debutta uno dei film più attesi di tutti i tempi, il crossover per eccellenza, il modello che tutta Hollywood cercherà di emulare e ripetere, fino alla nausea, e spesso con scarsi risultati: The Avengers approda finalmente nei cinema in tutta la sua gloria. Oltre a radunare protagonisti e personaggi secondari dai film precedenti, The Avengers è importante anche perché racchiude temi e idee visive che verranno ripresi, ricopiati, ricitati in tutti i film MCU successivi (sicuramente in tutta la Fase 2), abbandonando sempre più l’idea di dare un’identità singola ad ogni film, a favore della costruzione di un linguaggio visivo condiviso e uguale per tutti.

È interessante osservare come l’adozione di questa estetica sempre uguale e immutabile coincida con l’acquisto della Marvel da parte della Disney, che da The Avengers in poi distribuisce tutti i film ambientati nel MCU.

Il MCU dopo The Avengers

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Immagine promozionale per The Avengers (Joss Whedon, 2012)

The Avengers diventa immediatamente un grande successo, sia di pubblico che di critica, trovando il giusto equilibrio tra la gestione dei personaggi conosciuti e la creazione di una nuova trama che riunisca in modo non troppo forzato i nostri eroi. Il film ha anche il difficile ruolo di impostare un’estetica che non stoni troppo con i personaggi individuali: effettivamente riunire in uno scenario coerente un Dio della mitologia norrena, un soldato della Prima Guerra Mondiale e un tech-mogul avanzatissimo, oltre a diversi altri personaggi altrettanto peculiari, non è un’impresa facile.

Joss Whedon tenta di riunificare il tutto attraverso una fotografia colorata e vivace, che si potrebbe benissimo definire pop: il regista decide di esaltare la stravaganza di questi bizzarri esseri super potenti illuminando e colorando tutto. Solo la prima trasformazione di Hulk avviene nel buio, mentre invece l’epica battaglia finale, il climax tradizionale di tutti i film di supereroi, avviene in pieno giorno sotto il cielo azzurro e soleggiato di New York.

Sembra poco, ma anche solo questo dettaglio marca un punto di non ritorno per il genere supereroistico: infatti nei film pre-The Avengers (e pre-MCU) lo scontro finale tra buoni e cattivi avveniva sempre nel buio minaccioso della notte, rappresentava anche un climax temporale, poiché la notte spesso rappresenta la fine, la conclusione, il termine della giornata e, quindi, del film.

In The Avengers invece tutto questo non succede, e mentre nel film di Whedon queste scelte risultavano efficaci e innovative, tutti i film che sono venuti dopo, nel tentativo di emulare il successo del film, non riescono ad ottenere lo stesso risultato. Anzi, proprio perché cercano di essere copie derivative di The Avengers, risultano piatti, monotoni, formulaici, ancor più di quanto non lo fossero prima. Vanno a togliere il pathos dallo scontro finale, diventato prosaico e noioso.

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Immagine promozionale per Avengers: Age of Ultron (Joss Whedon, 2015)

Se prima dell’uscita di The Avengers i film Marvel creavano un’atmosfera unica e ad hoc per i propri personaggi, dopo il film invece si nota una rinuncia ad adottare un’estetica ricercata per ogni singolo film, rivestendoli invece della stessa patina consunta e stantia. I costumi, gli oggetti, la tecnologia, gli edifici, gli effetti speciali: sono tutti uguali, hanno le stesse texture, lo stesso design, gli stessi colori, lo stesso sapore, non c’è identità, non ci sono dettagli innovativi.

È tutto, abbastanza letteralmente, la copia di una copia di una copia. Anche i poster sono terribilmente derivativi: fotomontaggi di personaggi che si accavallano e si ammassano l’uno sull’altro, con la devastazione nello sfondo e la città protagoniste nel contorno.

Ci sono ovviamente delle eccezioni, come Captain America: The Winter Soldier, che con la sua estetica industriale ed elegante cerca, come può, di emulare i thriller politici degli anni ’70, o come Thor: Ragnarok, che riprende le architetture folli e colorate di Jack Kirby, rendendo un omaggio molto più sentito al compianto illustratore di quanto non abbia fatto Eternals.

Ma in linea di massima non ci sono molte distinzioni tra un film e l’altro, rendendo tutto l’MCU un enorme, lunghissimo serial a puntate, in cui la trama è uguale all’episodio precedente, le battute sono sempre gratuite e gli eroi sono interscambiabili (Tony Stark e Stephen Strange sono solo uno degli esempi più calzanti: entrambi arroganti e sarcastici, entrambi messia auto professati).

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Immagine promozionale per Avengers: Infinity War (Anthony Russo, Joe Russo, 2018)

Verso la Fase 3 si tenta di dare un po’ più unicità ai singoli film: in alcune sequenze di Captain America: Civil War, Doctor Strange e Guardians of the Galaxy Vol. 2 si possono notare degli sforzi per differenziare i film e creare delle scene memorabili. Tutto questo viene però ri-perso verso la fine della Infinity Saga, in film come Ant-Man and the Wasp e quell’auto-celebrazione che è Avengers: Endgame, in cui ovviamente vengono ripresi ed esaltati tutti i dettagli stilistici ed estetici del MCU.

Anche dopo la fine della Infinity Saga, con l’uscita delle serie su Disney+ e i film dedicati a nuovi personaggi, si può osservare una certa reticenza nel cambiare del tutto approccio, poiché ormai la “formula Marvel”, che ha assicurato così tanti successi, non si può più cambiare.

Tuttavia ogni tanto si nota l’occasionale chicca, che spesso si trova nei lavori in cui la Marvel ha concesso più libertà “autoriali” (purtroppo non si può mai veramente parlare di autori ad Hollywood, men che meno alla Marvel): Eternals, anche se è ben lontano dall’essere definito un successo, devia fortemente dalla solita formula ridondante del MCU, e forse proprio per questo è stato un flop. Anche l’ultima uscita del MCU, Doctor Strange in the Multiverse of Madness, regala qualche sorpresa, strettamente legata alla mano del regista Sam Raimi.

Con il franchise degli Avengers messo in archivio, chissà se la Marvel eleggerà a nuovo modello da seguire un qualche prossimo film o serie tv. O forse, con l’avvento del Multiverso in diversi prodotti Marvel (Loki, Spider-Man: No Way Home, Doctor Strange in the Multiverse of Madness), si deciderà pian piano di abbandonare la formula Marvel e di esplorare qualche altro stile. Certo è che l’estetica di The Avengers ha lasciato un segno indelebile nel MCU, e non solo.

Come The Avengers ha cambiato Hollywood

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“Joss Whedon needs you to find the difference between this motion picture and this motion picture”

Il successo ottenuto da The Avengers e dall’universo cinematografico condiviso ha ispirato diversi studios a copiare la formula crossover, con risultati, però, spesso e volentieri disastrosi. L’esempio più eclatante è il DCEU, l’universo cinematografico della DC iniziato nel 2013 con Man of Steel. La scelta di mantenere i toni cupi e pseudo realistici di Zack Snyder e Christopher Nolan per tutti i primi film della saga non si è rivelata propizia: dopo i flop di critica clamorosi di Suicide Squad e Batman v Superman: Dawn of Justice, la DC approfitta dell’uscita dalla regia di Zack Snyder per Justice League per affidare il film a Joss Whedon, guarda caso proprio il regista di The Avengers.

Il risultato è un mostro di Frankenstein che copia in tutto e per tutto i film Marvel, relegando i personaggi DC a scialbe copie degli eroi Marvel: Bruce Wayne diventa Tony Stark, Aquaman diventa Thor, Flash diventa Spider-Man, e così via. Il risultato è così disastroso da spingere la Warner Bros. (i dietro le quinte li abbiamo raccontati qui), quattro anni dopo, a rilasciare la lunghissima versione del regista originale, Zack Snyder’s Justice League, per la gioia e la disperazione del pubblico.

Quello della DC rimane l’esempio più lampante, ma i casi di imitazione di The Avengers sono tanti: i reboot dei Power Rangers e The Mummy del 2017, Glass di M. Night Shyamalan, ma anche film realizzati al di fuori degli Stati Uniti, come il russo Guardians (Защитники) uscito nel 2017. Anche all’interno della stessa Marvel si è provato a ricreare la magia del primo Avengers, realizzando il crossover Netflix The Defenders, un esperimento riuscito a metà: le interazioni tra i personaggi funzionavano bene proprio come quelle di The Avengers, ma purtroppo la trama e molte scelte narrative lasciavano l’amaro in bocca.

Dopo 10 anni dalla sua uscita, l’eredità di The Avengers sembra si stia estinguendo, anche se ogni tanto emerge ancora qualche influenza nei recenti prodotti Marvel, spesso per evocare nostalgia (si pensi alla ricreazione della battaglia di New York in Hawkeye). Invece sembra che, per ora, Hollywood abbia imparato la lezione, e che stia lasciando alla Marvel il lavoro di gestire un universo cinematografico condiviso, ormai consolidato ed esistente da quasi 15 anni.


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Nato a Roma, studia attualmente al DAMS di Padova.
Vive in un mondo fatto di film, libri e fumetti, e da sempre assimila tutto quello che riesce da questi meravigliosi media.
Apprezza l'MCU e anche Martin Scorsese.

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