Mercoledì 28 giugno arriva nelle sale italiane Indiana Jones e il Quadrante del Destino, quinto capitolo della celebre saga di film d’avventura e il primo a non essere diretto da Steven Spielberg, a più di quarant’anni dall’uscita del primo film, I Predatori dell’Arca Perduta, avvenuta nel lontano 1981.
Nel ruolo del protagonista ci sarà come sempre Harrison Ford, affiancato da Phoebe Waller-Bridge (la star di Fleabag, qui alla sua seconda prova hollywoodiana), Mads Mikkelsen e Antonio Banderas.
Ma da dove nasce il successo quarantennale del franchise di Indiana Jones? Scopriamolo insieme con una panoramica della saga, per poi vedere cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo capitolo.
I Predatori dell’Arca Perduta, la nascita del mito di Indiana Jones
I Predatori dell’Arca Perduta nacque negli anni ’70 da un’idea di George Lucas, che prese ispirazione dai B movie d’avventura degli anni ’40 che tanto aveva amato da ragazzino. Lucas in seguito propose l’idea a Steven Spielberg, il quale si affidò a Lawrence Kasdan per scrivere la sceneggiatura. Il protagonista in origine avrebbe dovuto chiamarsi Indiana Smith, nome che però non piacque a Spielberg, che propose di cambiarlo nel più orecchiabile Indiana Jones.
Per il ruolo di protagonista, dopo aver scartato l’opzione Tom Selleck (troppo impegnato con le riprese di Magnum P.I.), la scelta ricadde su Harrison Ford, affiancato da Karen Allen nel ruolo di Marion, l’amante del protagonista.
La trama, rocambolesca e avvincente, vedeva l’archeologo Indiana Jones, armato dell‘iconica frusta, scontrarsi contro i nazisti nella ricerca dell’Arca dell’Alleanza. Le scene da antologia si sprecano: da quella iniziale con il recupero dell’idolo peruviano che scatena la trappola della sfera rotolante, all’inseguimento nel deserto, fino a quella dell’apertura dell’arca con le sue disastrose conseguenze.
Punto forte della pellicola, oltre alle scene d’azione magistralmente dirette da Spielberg, erano le atmosfere vintage che catapultavano lo spettatore nel mondo dei vecchi B movie d’altri tempi, tra ambientazioni esotiche, cattivi da caricatura e le immancabili scene romantiche, il tutto raccontato ad un ritmo frenetico, che non lasciava un secondo di respiro. A completare il quadro, l’iconico tema musicale composto da John Williams, entrato ben presto nella memoria collettiva.
Il film ebbe un successo strepitoso, registrando il più grande incasso al botteghino del 1981. Le basi per la realizzazione di un sequel, dunque, c’erano tutte.
Indiana Jones e il Tempio Maledetto, un prequel eccentrico
Spielberg, però, effettuò un’operazione insolita, decidendo di optare invece per un prequel, oltre che per un completo cambio di atmosfere. Indiana Jones e il Tempio Maledetto, uscito nelle sale nel 1984, effettuava un deciso cambio di rotta rispetto al primo film.
Spariti i toni giocosi de I Predatori dell’Arca Perduta, così come i nazisti e l’ambientazione africana, la narrazione si sposta sull’Himalaya per lasciare spazio ad una storia particolarmente cupa, che vede Indiana Jones scontrarsi con una terribile setta dedita ai sacrifici umani. Anche a livello di ritmo il film differiva dal predecessore, con una narrazione decisamente più lenta che in alcuni momenti sembrava addirittura mostrare la corda, prima dell’arrivo dell’immancabile sequenza gore a scuotere lo spettatore.
Sia Spielberg che Lucas attribuirono i toni dark della pellicola ai problemi personali che stavano attraversando in quel periodo. Lo stesso Lawrence Kasdan, lo sceneggiatore del primo film, si rifiutò di lavorarci e in seguito dichiarò che per lui Indiana Jones e il Tempio Maledetto era «orribile» e che «non c’era niente di bello in quel film».
Il film si rivelò comunque un buon successo al botteghino, ma a Spielberg e Lucas apparve chiaro che per continuare la saga sarebbe stato necessario correggere il tiro e tornare ai fasti del primo capitolo. Cosa che puntualmente avvenne.
Indiana Jones e L’ultima Crociata, il gioiello conclusivo?
Nel 1989 uscì dunque Indiana Jones e L’ultima Crociata. Questo terzo capitolo riprendeva tutti gli ingredienti che avevano reso grande I Predatori dell’Arca Perduta, se possibile perfezionandoli ancora di più. Abbiamo quindi di nuovo i nazisti, impegnati ancora alla ricerca di un mitico manufatto (il Santo Graal), con Indy intento a contrastarli, al punto da recarsi nella Germania del Terzo Reich e ritrovarsi faccia a faccia col Führer.
Punto forte della pellicola è la presenza di Sean Connery nel ruolo del padre perduto di Indiana Jones, uno dei più iconici della sua carriera. La chimica tra il suo personaggio e quello di Ford fu magistrale e diede vita a un buddy movie tra i più riusciti di sempre. Come dimenticare la sequenza in cui padre e figlio lottano per sfuggire a un incendio legati a delle sedie, o quella del volo in aeroplano?
Indiana Jones e L’ultima Crociata è un riuscitissimo cartone animato, in cui il susseguirsi frenetico di sequenze da antologia rischia di sommergere lo spettatore, in un tripudio di trovate brillanti che riescono a far rimanere incollati allo schermo fino alla fine.
Il film era così ricco che con esso parve interrompersi il progetto della pentalogia originale immaginata da Lucas e Spielberg, per via dell’esaurimento di idee. Sembrava che tutto quanto si potesse dire con il personaggio fosse già stato detto, e i due autori si dedicarono ad altri progetti. Il personaggio dell’archeologo, però, rimase nel cuore dei fan di tutto il mondo, che continuarono a bramare un suo ritorno.
Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, un ritorno sfortunato
Con il terzo capitolo, dunque, la saga di Indiana Jones sembrava essersi conclusa. Negli anni 2000, però, sollecitato dai suoi figli che gli chiedevano quando sarebbe uscito il prossimo film di Indiana Jones, Spielberg iniziò a lavorare ad un nuovo capitolo. Questa volta la storia sarebbe stata ambientata negli anni ’50, con i sovietici a fare da villain invece dei nazisti. Il risultato fu Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo, uscito nelle sale nel 2008.
Il film vedeva un Indy visibilmente invecchiato fare la conoscenza del figlio, interpretato da Shia Labeouf, oltre a reincontrare Marion, la vecchia fiamma del primo film. L’antagonista era la spia sovietica Irina, interpretata da Cate Blanchett e il MacGuffin del caso era rappresentato, guarda un po’, da un manufatto ancestrale situato in Perù. Un’operazione all’insegna del fan-service, insomma, che però finì per deludere i fan storici della saga.
La storia, infatti, apparve fin troppo piena di cliché, e le interpretazioni piuttosto scolastiche. Ci sono poi alcune sequenze diventate a loro modo iconiche per il loro essere ai limiti del trash: pensiamo a quella iniziale in cui Indy si rifugia in un frigorifero per scampare a un’esplosione nucleare o a quella in cui riesce a tirarsi fuori dalle sabbie mobili aggrappandosi a un serpente.
Il film riuscì comunque a totalizzare un buon successo al botteghino. Ormai erano stati realizzati quattro dei cinque film pianificati in origine: mancava quindi solo il capitolo conclusivo. E arriviamo a oggi.
Indiana Jones e il Quadrante del Destino, cosa aspettarsi dal capitolo conclusivo della saga?
Come già detto, l’ultimo capitolo della saga sarà anche l’unico a non essere diretto da Steven Spielberg. Dietro alla macchina da presa troveremo invece James Mangold, noto per essere il regista di Wolverine, mentre Spielberg e Lucas figurano come produttori esecutivi. La colonna sonora, ancora una volta, è a firma John Williams. Anche Harrison Ford, sebbene ormai ottantenne, durante le riprese ha dato il meglio di sé, realizzando quasi tutti gli stand senza controfigure.
Con un budget colossale di 295 milioni di dollari, Indiana Jones e il Quadrante del Destino si qualifica come il film più costoso della serie e tra i più costosi mai realizzati. Per quanto riguarda la trama, invece, essa si svolge negli anni ’60 e vede il ritorno in scena dei nazisti. L’oggetto della ricerca, questa volta, è il Quadrante di Archimede, un artefatto in grado di far viaggiare nel tempo.
Insomma, sembra proprio che ci siano tutti gli ingredienti tipici di Indiana Jones. Per scoprire se questo capitolo finale della saga è all’altezza delle aspettative, non rimane dunque che correre a vederlo.
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