fbpx
Diabolik Chi Sei

Diabolik Chi Sei?, la trilogia dei Manetti finisce in bellezza (e va rivalutata)

11 minuti di lettura

È stata una bella scommessa, quella dei Manetti Bros., annunciare nel lontano 2018 la realizzazione di un nuovo lungometraggio su Diabolik, e in seguito di voler girare i due sequel back-to-back, ovvero l’uno subito dopo l’altro, dopo la tiepida accoglienza che aveva ricevuto il primo film.

Nonostante siano stati dei flop di critica e di botteghino (la maledizione di molti, troppi film nostrani), e nonostante i loro difetti, i film di Diabolik hanno un certo proprio fascino, e l’ultimo capitolo, Diabolik Chi Sei?, non è da meno. Anzi, questo film chiude in bellezza il percorso della trilogia, seguendo le regole classiche delle saghe e regalando un finale soddisfacente, soprattutto per i personaggi.

Origin story in fundo

Diabolik Chi Sei

Come i due capitoli precedenti, Diabolik Chi Sei? si apre con il nuovo colpo di Diabolik ed Eva Kant, mentre i titoli di testa scorrono sulle note della nuova canzone originale, stavolta per opera dei Calibro 35 e Alan Sorrenti. Questa volta però il colpo va storto, e con esso anche buona parte dell’inizio del film: nonostante l’azione e un montaggio vivace e da fumetto, anche i film precedenti soffrivano di un ritmo abbastanza lento. In Diabolik Chi Sei? si sente ancora di più, poiché in realtà l’antefatto, che si dilunga fin troppo in spiegazioni e scene non necessarie, è solo un pretesto per far partire il film.

Una volta che le sottotrame dei personaggi si sviluppano, Diabolik Chi Sei? entra nel vivo e riprende il ritmo che aveva inizialmente perso. Ogni personaggio infatti, anche quelli (apparentemente) più secondari, ha un proprio movente e un proprio percorso, che arricchiscono l’intreccio andando a creare delle trame parallele. In una di queste, Eva Kant e Altea formano un’improbabile alleanza per salvare i loro amati, ribaltando finalmente il classico copione della damigella in pericolo, rendendo le due donne le vere eroine della situazione. Nell’altra Diabolik narra alla nemesi Ginko le sue origini, rese nel film attraverso un elegantissimo bianco e nero.

Diabolik Chi Sei

Nel primo film abbiamo conosciuto Diabolik attraverso gli occhi di Eva Kant, nel secondo attraverso quelli di Ginko. Adesso, finalmente, in Diabolik Chi Sei? conosciamo veramente chi è Diabolik, qual è il suo passato, come è diventato il Re del terrore che Clerville teme. I Manetti Bros. in questo modo attuano una sorta di decostruzione della trilogia del cinecomic, narrando l’origin story non nel primo film, ma nell’ultimo. Così l’antieroe protagonista rimane sempre un mistero, inaccessibile e glaciale (forse proprio per questi motivi i film non sono stati accolti positivamente) in tutti i primi film.

Solo in Diabolik Chi Sei? si può finalmente accedere a Diabolik, ma una volta che l’enigma viene svelato, così finisce anche il mistero che avvolge il personaggio. È giusto quindi che la saga finisca una volta che il pubblico riesce finalmente a conoscere colui che fino ad ora era sempre stato un’ombra, un idolo irraggiungibile e inarrivabile.

Diabolik Chi Sei?, il cinecomic italiano e la chiusura di un cerchio

Diabolik Chi Sei

Girato back-to-back assieme al precedente Ginko all’attacco, Diabolik Chi Sei? condivide gli stessi difetti dei suoi predecessori: dalla recitazione sottotono ai movimenti di macchina traballanti, dai tempi morti alle sequenze d’azione statiche. Ma parte del fascino della trilogia di Diabolik è proprio questo: l’artigianato dei Manetti Bros., nonostante siano ormai registi navigati, ha lo stesso sapore dei film fan made, nel senso che condividono la stessa passione per l’opera originale. Il ritmo lento e i tempi morti riprendono (in?)consciamente le atmosfere algide dei fumetti della Astorina.

Ma la trilogia di Diabolik ha una marcia in più: oltre all’eredità fumettistica, i film si portano dietro anche quella cinematografica, specificamente quella dei film italiani degli anni ’60 e ’70: ecco quindi gli omaggi al giallo all’italiana e ai poliziotteschi. Il prologo infatti sembra uscire da un remake di un film di Dario Argento (i Manetti Bros. hanno già sperimentato con l’horror nei loro primi film, come ad esempio Paura), mentre il resto del film risuona di eco dai film d’azione e polizieschi, a partire come sempre dalla colonna sonora di Pivio ed Aldo Scalzi.

Diabolik Chi Sei

Immancabile poi la componente da film di spionaggio, che in Diabolik Chi Sei? è particolarmente forte nel flashback del passato di Diabolik, ambientato su un’isola sperduta dove il machiavellico King addestra il giovane ladro e architetta piani malvagi. Volendo, si potrebbe interpretare questa parte del film come un richiamo al Diabolik del 1968 di Mario Bava, che era praticamente un film di James Bond made in Italy, nonché uno dei primissimi esempi di cinecomics ante litteram, oggi rivalutato e molto apprezzato proprio per la sua qualità da pop art e per un production design avanti coi tempi.

Giocando con i generi e con le aspettative, i Manetti con Diabolik Chi Sei? concludono sapientemente la trilogia iniziata tre anni fa, regalando soprattutto negli ultimi minuti delle piccole chicche (o easter egg, come si voglia chiamarli) che saranno sicuramente apprezzate da chi ha seguito la saga sin dall’inizio, che vanno veramente a chiudere il cerchio e a dare un lieto fine a tutti i personaggi.

Una retrospettiva sulla trilogia

Diabolik Chi Sei

In conclusione, sembra opportuno fare un paio di considerazioni sulla trilogia dei Manetti Bros., nella speranza che si possa in futuro rivalutarla e apprezzarla per quello che rappresenta. Certo, va ribadito che questi film non sono perfetti, anzi hanno molti difetti nella messa in scena e nel ritmo incostante. Ma non nel contenuto: la trilogia di Diabolik è fatta col cuore, con affetto per i personaggi e con il massimo rispetto per i fumetti originali, che sono stati la principale fonte d’ispirazione e base per la sceneggiatura di ogni singolo film. A riprova di ciò, all’annuncio del primo film il direttore della Astorina Mario Gomboli affermò:

Quello che mi fece capire che finalmente avevo a che fare con le persone giuste fu la loro passione, la conoscenza del personaggio e delle sue peculiarità. Ho detto “finalmente” non a caso, memore di diverse infelici esperienze pregresse.

Diabolik.it

In un momento storico in cui le sale sono sempre più sature di film di genere vuoti e senza anima, pensati solo per incassare soldi e mungere una mucca morente, assistere ad un prodotto italiano che ci crede così in fondo, per giunta mantenendo costante una propria identità stilistica ben precisa e definita, è assai rincuorante. La trilogia di Diabolik è riuscita a mettere in scena una italianità sui generis, unica nella sua finzione, e ironica nel voler giocare con generi cinematografici storici strettamente italiani.

Diabolik Chi Sei

Un’altra peculiarità della trilogia di Diabolik è proprio quella di aver creato delle città fittizie eppure riconoscibilissime nella propria identità italiana: questo perché i Manetti hanno insistito sin da subito nel trasmettere quel senso di familiarità presente nei fumetti, e hanno scelto di girare in numerose città, principalmente Bologna, Milano, Trieste e Roma, ma anche numerose località diverse tra Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Calabria e Valle D’Aosta.

Con una produzione così vasta, e con l’appoggio delle varie Film Commissions territoriali, i Manetti Bros. non solo hanno portato vita ad un universo urbano italiano unico, dando valore alle città delle riprese, ma hanno anche portato lavoro e visibilità a buona parte dell’Italia, creando un senso di unità e legando strettamente l’identità italiana collettiva, in un prodotto che, se vogliamo, si può definire la glorificazione dell’immaginario collettivo italiano.

I Manetti Bros. quindi non ci hanno regalato solo l’ennesima saga cinematografica tratta da dei fumetti, ma anche un modo nuovo e unico di raccontare le nostre storie, prendendo spunto dalla nostra eredità culturale pop, utilizzando i nostri talenti e, soprattutto, i nostri territori, le nostre città, la nostra storia. E anche se la trilogia non è perfetta, e anzi ha fatto e farà storcere il naso a molti altri spettatori, con essa i Manetti Bros. hanno lasciato un’eredità nel cinema italiano, se non dal punto di vista cinematografico, almeno da quello culturale.


Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club

Nato a Roma, studia attualmente al DAMS di Padova.
Vive in un mondo fatto di film, libri e fumetti, e da sempre assimila tutto quello che riesce da questi meravigliosi media.
Apprezza l'MCU e anche Martin Scorsese.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.