Caldo, afa, deserto, allucinazioni. Sono solo alcuni degli elementi che accompagnano lo spettatore durante la visione di Gold, in sala dal 30 giugno e firmata dall’attore e regista australiano Anthony Hayes. Qui lo spettatore si accorgerà, fin dai primi minuti del film, di essere entrato in un mondo in cui il freddo, la pioggia e il ghiaccio sembrano solo un lontano e vago ricordo per la Terra e per i suoi abitanti. La storia, scritta, diretta e interpretata (come co-protagonista) da Anthony Hayes, abbraccia un mondo composto perlopiù da lande desolate, deserti in cui il clima torrido ne fa da padrone e in cui le vite di due persone s’intersecano, fino a far rivelare una realtà ancora più asfissiante del caldo a cui erano stati abituati.
Un elemento su tutti è però il più allucinogeno: l‘affascinante interpretazione di Zac Efron, qui alle prese con un lungometraggio che ne dimostra le rinnovate ambizioni. Già un paio di estati fa vi avevamo raccontato come l’attore cercasse di assegnarsi un ruolo da attivista hollywoodiano grazie alla serie Netflix dedicata al pianeta terra. Gli ultimi mesi lo hanno poi visto tornare al grande schermo con l’horror impegnato Firestarter, che non ci convinse affatto. Gold è però una meta riuscita e il nostro ex cestista con la passione per il canto potrebbe finalmente aver fatto centro. Ecco perché.
Tutti pazzi per l’oro!
Il film del 2008 di Andy Tennant, con Matthew McConaughey e Kate Hudson, non è di certo da mettere a confronto con l’opera di Anthony Hayes. L’opera prima di Anthony Hayes è tutt’altro che una commedia.
Tutto ha inizio quando, in un prossimo futuro non tanto distante dal nostro, Virgil, Zac Efron, arrivato in un avamposto di una terra desolata, chiede un passaggio per superare il confine a Keith, Anthony Hayes. Arrivati in mezzo al deserto, dopo essersi fermati a causa di un problema con il loro veicolo, Virgil scopre un enorme pepita d’oro sepolta sotto la sabbia. I due capiscono ben presto che la pepita in questione è inamovibile e che è necessario un’escavatore per tirarla fuori, il quale ovviamente non è alla loro portata, bensì a due giorni di viaggio in macchina. I due uomini raggiungono un accordo: uno farà la guardia all’oro mentre l’altro ritornerà in città per prendere l’escavatore, e tutto l’occorrente, per poi ritornare a recuperare l’oro e il compagno.
Dopo una breve trattativa si decide che sarà Virgil, Zac Efron, a fare di guardia all’oro. Egli avrà con sé solo lo stretto necessario per sopravvivere fino al ritorno del compagno. Ma si sa, l’oro così come il caldo e il clima ostile del deserto danno alla testa. E ciò avviene anche a Virgil; il quale ben presto inizia ad essere preda di allucinazioni che vedono come protagonista una giovane donna, ovvero Susie Porter, intenta, a detta di Virgil, a portagli via tutto l’oro.
Si ottiene così un vero e proprio survival thriller in cui il vero nemico non è l’oggetto, mcguffin, conteso dai due, ma è l’ambiente stesso, che circonda i due protagonisti, a ricoprire il ruolo di vero e proprio antagonista. Il clima ostile e la completa solitudine svelerà una realtà più accecante dell’oro stesso: una realtà dove l’uomo stesso si spingerà fin oltre i propri limiti pur di prevalere sul proprio rivale. Ciò che era nato come un evento fortuito che avrebbe potuto sistemare le vite di entrambi, diventerà la loro stessa rovina, una vera e propria discesa in un inferno ancora più caldo di quello che si erge in superficie.
Una vera e propria febbre dell’oro!
Come affermato in precedenza, Gold si presenta al pubblico come un survival thriller, sebbene l’opera abbia rimandi, riferimenti a generi antecedenti o perlomeno distanti dal genere sopracitato. Il film di Anthony Hayes abbraccia, o comunque prova ad omaggiare i grandi film western del passato. Impossibile non intravvedere una nota d’ammirazione, da parte del regista australiano, in alcuni movimenti di una regia, a tratti ispirata e al contempo non del tutto, che rimandano ai grandi capolavori di Sergio Leone o di John Ford.
Ciò lo si può denotare anche in una fotografia elegante e ispirata, firmata da Ross Giardina; ricca di dettagli che ci mostra da vicino gli effetti del clima sulla singola persona, i segni evidenti di un paesaggio che se a primo sguardo suggerisce allo spettatore un qualcosa di paradisiaco subito dopo gli fa capire che ciò che gli rimane di quel mondo altro non era che un miraggio.
Ma ciò che in realtà crea squilibrio nel piatto della bilancia finale di Gold, è che il lato tecnico sembra quasi voler compensare le mancanze o le sviste presenti nel comparto della sceneggiatura. Perché la nota dolente del film è proprio la sua storia; che risulta a tratti forzata o perlomeno mancante di un qualcosa di difficile comprensione per lo spettatore.
Il film regala immagini suggestive, accompagnate da una colonna sonora minimale ed elegante, ma che non bastano. Alcuni nodi narrativi forse risultano troppo prevedibili per lo spettatore; che ormai è abituato a soluzioni analoghe, o comunque si aspetta un colpo di scena finale che Gold effettivamente regala al pubblico ma che non lascia il segno. Non tutto scompare nel deserto, perché Gold ha messo alla dura prova un attore che, dopo essersi avventurato in una carovana non del tutto ben organizzata, arriva all’oasi sano e salvo.
Zac Efron come non l’abbiamo mai visto
Da anni ormai le celebri teen star nate nei primi anni duemila, divenute famose grazie a saghe rivolte perlopiù a un pubblico prettamente adolescenziale, cercano in tutti i modi di scrollarsi tale nomea rinnegando talvolta gli stessi ruoli che gli hanno permesso di entrare nel fantomatico mondo dell’industria cinematografica mondiale.
Robert Pattinson lo si può considerare come l’emblema, il porta bandiera per eccellenza di tale fenomeno. Egli, divenuto celebre grazie al ruolo iconico di Edward Cullen nella saga di Twilight, è da anni che cerca di entrare di diritto nella cerchia dei grandi attori, proponendosi in ruoli limite e di grande impatto. Basta vedere le sue ultime interpretazioni, come in The Lighthouse (2019) di Robert Eggers, o le varie interpretazioni in Cosmopolis (2012), Maps to the stars (2014), entrambe opere di David Cronenberg. E si può tranquillamente affermare che il celebre attore londinese è riuscito in tale impresa, tanto che ad oggi è considerato tra i migliori attori della sua generazione.
Uscire dalla gabbia della teen star non è affatto un’impresa utopistica. Anche l’ex Troy Bolton, Zac Efron, di High school musical sta da anni cercando di dimostrare alle grandi major hollywoodiane che gli anni da ragazzo ribelle son finiti ed è pronto ad avviare una nuova pagina della sua carriera.
Poiché va detto: in Gold, Zac Efron è riuscito a reggere sulle proprie spalle un film che lo ha messo a dura prova. Il film di certo non si presta a grandi scambi di dialoghi, anzi il silenzio è fondamentale ed è, così come l’ambiente, un personaggio a se stante. Ed è proprio negli attimi di silenzio e di movimenti lenti di macchina che l’ex attore di Disney Channel è riuscito ad entrare nello sguardo dello spettatore.
L’attore californiano non è la prima volta che si presta a un film il cui scopo sembra essere quello di porsi sotto una nuova luce. Già in passato aveva dato prova di essere molto di più di un giocatore di basket che canta e balla, basta vedere le interpretazioni in The disaster artist (2017) di James Franco o di Ted Bundy (2019) di Joe Berlinger.
Ormai l’attore ha sempre più voglia di far parlare di sé, attraverso pellicole che possano metterlo in difficoltà, regalando al pubblico interpretazioni sempre nuove e suggestive, degne di essere ricordate ed è quello che molti suoi fan si augurano, sperando ovviamente che l’attore faccia canestro e che non sbagli il prossimo tiro da tre punti.
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