Il Gladiatore è un kolossal ancora amatissimo dal grande pubblico, anche a distanza di quasi venticinque anni. Nonostante non sia un film perfetto, né il migliore di Ridley Scott, fece incetta di premi nel 2000: divenne subito un instant cult – a maggior ragione nel nostro Paese -, settò uno standard per i film storici nel decennio successivo e lanciò nell’Olimpo la carriera di Russell Crowe.
Dopo un quarto di secolo, Scott riesce nell’intento di portare nelle sale un sequel, Il Gladiatore II, da lui a lungo inseguito in questi anni. Come fu per Crowe, il protagonista è, anche stavolta, un attore pronto alla consacrazione, Paul Mescal. Sarà riuscito a riempire l’ingombrante armatura di Massimo?
Il Gladiatore II ci riporta nell’arena
Sono passati sedici anni dalla morte di Massimo Decimo Meridio e Commodo. Il sogno di Marco Aurelio di restituire Roma al popolo e ritrasformarla in una repubblica, però, si è spento negli anni, e la Città Eterna è di nuovo in mano alla corruzione e a regnanti inadatti, in questo caso i due folli imperatori gemelli, Geta e Caracalla. Nel frattempo, Lucio Vero, figlio di Lucilla, vive in Numidia, dove si è ricostruito una vita (sotto il nome di Annone), che gli viene strappata dalla conquista romana. Fatto prigioniero, inizierà la sua ricerca di vendetta da gladiatore nella sabbia delle arene, ripercorrendo il filo che lo connette proprio a Massimo.
Tra gli aspetti migliori del film, ci sono proprio le sequenze di battaglia. La lunghissima carriera di Ridley Scott ondeggia tra alti altissimi e bassi rovinosi, ma quando si rituffa nel filone storico – Le Crociate, The Last Duel, Napoleon, anche lo stesso Black Hawk Down – si può avere la certezza che le scene di scontro non deluderanno le attese, indipendentemente dal valore del film. Il Gladiatore II non è da meno, alzando la posta rispetto al suo predecessore: battaglie navali, sia nel Colosseo che fuori, assedi, rinoceronti e babbuini, che indubbiamente mantengono alto l’intrattenimento, specialmente per la visione in sala. I problemi, però, arrivano quando si rinfoderano le spade.
Il Gladiatore II si incarta su se stesso
Lo sceneggiatore è David Scarpa, lo stesso di Napoleon, pellicola della quale Il Gladiatore II segue le orme: impatto visivo, ma a conti fatti poca sostanza. La storia del film presenta alcuni passaggi piuttosto forzati e dialoghi evitabili, andando a capitolare nel terzo atto, dove si incarta sul filone “del complotto”.
È lodevole il tentativo di Scott di proporre un film più politico (i richiami ai moderni Stati Uniti sono chiari), ma il risultato è piuttosto scialbo. Al che si potrebbe sottolineare che anche Il Gladiatore non brillasse certo per originalità; ciò era però compensato da una dimensione epica che trasudava da ogni fotogramma, che in questo sequel è quasi del tutto assente.
Il vero tasto dolente de Il Gladiatore II, infatti, è la mancanza di quel respiro monumentale che rese grande il suo predecessore: alle stesse battaglie, per quanto sicuramente efficaci, come già detto, manca quel mordente per reggere il confronto. Stesso discorso vale per i dialoghi e le musiche di Harry Gregson-Williams; il compito di fare seguito ad un lavoro iconico come quello di Hans Zimmer è sicuramente ingrato, ma di questa nuova colonna sonora resta poco impresso. Insomma, non c’è molto che possa riecheggiare nell’eternità.
A ciò si aggiunge una messa in scena che a tratti lascia piuttosto perplessi, con scene notturne girate chiaramente di giorno e poi adattate col filtro notte, scene oniriche abbastanza fuori posto e una CGI di pessimo livello. Il rinoceronte sarebbe anche ben riuscito, ma l’assedio navale iniziale ha effetti speciali da Forge of Empires e lo stesso vale per le scimmie nel Colosseo, che, per quanto ci si possa sforzare, sono davvero troppo finte.
Nota a margine: le critiche sull’attendibilità storica in un’opera di finzione lasciano il tempo che trovano e qui non ce ne saranno, specialmente in un lavoro di Scott, il quale non se n’è mai curato granché. Detto questo, almeno lo sforzo delle scritte in latino e non in inglese…
Il Gladiatore II, volti nuovi e vecchi ritorni
I problemi di scrittura de Il Gladiatore II si rispecchiano nei suoi personaggi. Il cast è variegato e permette di andare oltre la semplice divisione Massimo vs Commodo. L’unico ritorno è quello di Connie Nielsen nei panni di Lucilla (oltre a Derek Jacobi, senatore Gracco, che compare solo in un paio di scene). Tra le new entry abbiamo Joseph Quinn e Fred Hechinger, piuttosto sopra le righe ma efficaci nell’interpretare rispettivamente Geta e Caracalla, i due villain (almeno inizialmente).
Si aggiunge anche Pedro Pascal, nel ruolo del generale Marco Acacio: l’ormai onnipresente attore (“una volta c’erano i ruoli per gli attori, adesso li fa tutti Pedro Pascal…”) fornisce un’altra performance di buon livello, nei panni del soldato combattuto tra il dovere e il bene di Roma, ed è anche interessante l’evoluzione del suo rapporto con Lucio, ma, a conti fatti, resta la sensazione che il suo personaggio avrebbe potuto dare di più, se approfondito maggiormente.
Ecco, Lucio. Paul Mescal è un attore estremamente talentuoso, come testimoniano ad esempio Aftersun ed Estranei, ma stecca il suo primo confronto da protagonista in un grande blockbuster. Lucio Vero è, infatti, piuttosto monodimensionale: il suo cambiamento nell’arco del film non arriva davvero al cuore dello spettatore e lo stesso attore irlandese mostra una prova abbastanza incolore, che non va molto al di là della performance fisica. L’assenza di epica nel contorno non lo aiuta, elemento che invece aveva sicuramente contribuito, ai tempi, a innalzare la performance di Russell Crowe.
La nota più lieta del cast de Il Gladiatore II è certamente il Macrino di Denzel Washington. Il mercante di schiavi gode della migliore scrittura nel cast principale e risulta essere il personaggio più interessante e con l’evoluzione migliore. Inizia come una sorta di nuovo Proximo, per poi seguire il proprio machiavellico percorso, attraverso subdoli inganni ed intrighi: dove non arriva la sceneggiatura, poi, a compensare ci pensa l’esperienza di un gigante come Washington – nonostante ci sarebbe qualcosa da ridire anche su come si conclude il suo personaggio.
Il Gladiatore II, ne valeva la pena?
I sequel di cult del passato realizzati dopo molti anni sono, ormai da un decennio, la moda ad Hollywood, e stanno iniziando a saturare il pubblico. Per questo, ad ogni annuncio, le opinioni sono estremamente polarizzate e dominate da chi non aspetta altro di poterci sparare a zero, al grido di “certi film non si toccano!”, specialmente se il risultato finale non è all’altezza. Diventa sempre più difficile, quindi, dare giudizi equilibrati e non solo di pancia. Il Gladiatore II è un film pessimo? No, non lo è: rimane un film di Ridley Scott, nel bene e nel male.
L’amaro in bocca resta, per un’opera che, con maggiore attenzione ai dettagli, avrebbe potuto toccare un livello molto più alto: magari concentrandosi sul costruire una propria storia, piuttosto che ripercorrere la struttura del primo Gladiatore (battaglia iniziale, caduta, risalita dalle arene, complotto per deporre l’imperatore…), perché fare ciò istituisce inevitabilmente dei confronti, che Il Gladiatore II non ha la portata grandiosa per reggere.
Nonostante ciò, Il Gladiatore II resta comunque una visione d’intrattenimento, che si lascia guardare anche solo per le scene nel Colosseo. Non diamo per scontata la fortuna di avere figure come Ridley Scott e Francis Ford Coppola, che, a 87 e 85 anni suonati, hanno ancora la voglia e le energie di mettersi in gioco in progetti delle portata di Il Gladiatore II e Megalopolis.
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