Una Battaglia Dopo l’Altra è l’ultimo capitolo rilasciato del sempiterno romanzo americano di Paul Thomas Anderson, che continua a peregrinare all’interno degli anfratti, degli spettri e delle diverse componenti della nazione America. Dopo aver attraversato diverse epoche passate lo sguardo ora si volge più che mai, con insistenza necessaria, al presente.
Una Battaglia Dopo l’Altra è uscito al cinema per Warner Bros. Picture il 25 settembre 2025.
Una serie di battaglie
PTA torna per la seconda volta al mondo di Thomas Pynchon, ma, al contrario di quanto accadeva per Vizio di Forma, Una Battaglia Dopo l’Altra non è un adattamento del suo romanzo Vineland: il regista e sceneggiatore prende in prestito solo qualche suggestione, l’atmosfera, qualche abbozzo di trama, ma poi scrive da zero la sua storia di lotta, rivoluzione, libertà, amore e odio.
Una Battaglia dopo l’Altra inizia verosimilmente nei primi anni 2000 quando il gruppo rivoluzionario French 75 compie più di un atto terroristico, prima contro le guardie di un centro di detenzione migranti, poi contro vari luoghi custodi del potere. L’uso indiscriminato della violenza e delle bombe è l’arma prediletta per far sentire la propria voce contro un nemico ancora più cattivo che, però, si nasconde dietro a un volere di Stato.
Animatrice del gruppo, folle e magnetica, è Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor), combattente di lunga stirpe impegnata in una relazione non convenzionale con Pat Calhoun, alias Ghetto Pat o Rocketman (Leonardo di Caprio), esperto di esplosivi; a completare il gruppo altre figure tra l’incredibile e l’improbabile tra cui Deandra (Regina Hall), Mae West (Alana Haim), Junglepussy (Shayna McHayle), Laredo (Wood Harris), Howard Sommerville (Paul Grimstad).
Il gruppo si scontrerà con un nemico in particolare, il colonnello Steven J. Lockjaw (Sean Penn) con cui soprattutto Perfidia e Pat intrecceranno un rapporto che si svilupperà a vario modo. Ma ogni lotta ha un suo prezzo e il gruppo è costretto a dividersi e disperdersi, assumere altre identità e nascondersi ai limiti della società. Sedici anni dopo, Pat è diventato Bob Ferguson e vive con sua figlia Willa in una casa in mezzo al bosco di un paesino al confine col Messico, dimentico del passato e della rivoluzione, dedito soltanto a alcol e marijuana. Il passato, però, non ha finito con lui e ritorna nelle vesti del colonnello Lockjaw per un’ultima incredibile battaglia.
Titolo: LA RIVOLUZIONE
Come sempre accade con PTA, ogni suo film è a sé stante, capitoli antologici di un’opera totale sull’America di ieri e di oggi; quest’ultimo capitolo potrebbe, a buon modo, intitolarsi “La rivoluzione”.
La prima parte di Una Battaglia Dopo l’Altra è quella dei grandi ideali, della lotta rivoluzionaria vista e sentita come unica via percorribile, non c’è scampo, non c’è scelta. Ma quando l’alternativa arriva sotto forma di una figlia, le priorità cambiano, la lotta politica diventa lotta personale e anche i legami che si credevano eterni si sgretolano come roccia erosa dal vento. Viene a galla anche la vera natura delle persone coinvolte, e tra infami, irriducibili e disillusi ognuno di loro prenderà una strada diversa.
La seconda parte del film, quella centrale, è quella più lunga e illustrativa, ci vengono presentati i vari personaggi coinvolti, il loro passato, le loro motivazioni, l’universo si espande coinvolgendo luoghi e gruppi diversi, si creano le basi per la resa finale, la più adrenalinica con una serie di inseguimenti assurdi, sfrenati, pazzi, che ci ricorderemo per molto tempo.
Il sottotitolo amaro di questo capitolo, però, potrebbe essere “Il sogno infranto”, perché dopo le grandi battaglie rivoluzionare, le discussioni intorno al fuoco, “La fica è per la guerra, è un’arma”, il sogno si rompe e ciò che rimane è cercare di salvarsi, senza pensare ai compagni, così si denunciano e si vendono i nomi, ogni patto stretto col nemico è un patto infame, meglio sparire per sempre.
A distanza di anni vediamo Pat, Bob Ferguson, stanco ex rivoluzionario che richiama in qualche modo il Drugo del Grande Lebowski dei fratelli Coen, il bombarolo del French 75 che dorme sul divano in hangover, totalmente e perennemente fatto, gli anni della lotta sono ormai lontani, tramandati alla figlia solo come ricordi. Ai suoi occhi deve apparire come un vecchio complottista, pieno di paranoie e parole segrete, che però non ricorda a causa della droga – incredibile la scena della telefonata in cui grida e si incazza con l’assistenza clienti del gruppo rivoluzionario che pretende la parola segreta che lui non ricorda.
Una battaglia dopo l’altra ci mostra l’idealismo della lotta armata così come la sua vacuità, la fermezza con cui si crede cecamente in certi valori estremisti distorti, mostrando, però, al tempo stesso, tutte le proprie contraddizioni interne. Ci sono due schieramenti in Una battaglia Dopo l’Altra, come sempre nelle storie, i buoni e i cattivi, ma PTA vuol far vedere come, in fondo, entrambi sono fatti della stessa pasta, come ogni radicalizzazione sia limitante, che le sfumature nel mezzo siano necessarie, che è impossibile rimanere fedele fino in fondo a valori assoluti perché la vita è più complicata e articolata.
Ma, quindi, gli ideali e i valori per cui si lottava sono davvero futili e dimenticati? Il finale di Una Battaglia Dopo l’Altra in realtà ci dirà di no, che ogni personaggio fa la sua scelta e prende la sua strada, chi li ripone in un cassetto accontentandosi di ricordare le glorie passate, chi li rinnega per salvarsi, chi rimane fedele alla linea, e chi li eredita, li fa propri e sposa la propria nuova battaglia generazionale.
Presente passato
Un film incredibile in questo momento storico, Una Battaglia Dopo l’Altra parla direttamente del presente americano e non solo. È lampante che quella messa in scena non è l’America di oggi, nessuna vera ed esplicita rappresentazione del presente, ma è in ugual modo chiaro quanto tutto parli della situazione odierna, dell’odio imperante, del razzismo diffuso, del problema di come l’immigrazione viene trattata e gestita, della politica con le sue idee così radicali e distanti, mai così estreme negli ultimi anni.
PTA non ha mai portato in scena con tanta insistenza e necessità una storia presente, forse solo Magnolia rappresentava l’allora America contemporanea, ma era comunque un racconto privato, intimo; Una Battaglia Dopo l’Altra è, invece, estremamente politico nel riflettere sulla situazione internazionale.
Non è un vero e proprio presente quello che vediamo in Una Battaglia Dopo l’Altra, è una sorta di mondo a metà tra i primi anni 2000, quando le ultime grandi utopie sono state distrutte, spazzate via da una storia che si è dimostrata sempre più assurda e inconcepibile, e l’oggi quanto mai segnato da estremismi beceri e populismo da quattro soldi.
È chiara l’intenzione di PTA di parlare del presente, ma lo fa mescolando l’oggi con l’ieri, creando un mondo che sembra più vicino al 2000 che alla contemporaneità, forse perché quello che siamo oggi è la conseguenza diretta di ciò che è stato, di scelte politiche e crisi globali che hanno tracciato una traiettoria che ancora seguiamo. In questo senso anche il finale di Una Battaglia Dopo l’Altra rientra perfettamente in questa visione un po’ romantica di PTA che ripone ancora una speranza che gli ideali possano ancora essere gli stessi e muovere una rivoluzione nuova, che le nuove generazioni possano prendere in mano un’eredità perduta e dare vita a una battaglia nuova.
Romanzo andersoniano
Emerge chiaramente la natura pynchoniana da Una Battaglia Dopo l’Altra, riecheggia nell’atmosfera sconfitta, fallita, grottesca che segna soprattutto la parte centrale del film, ma PTA si dichiara qui sì, grande amante di Thomas Pynchon, ma anche autore autonomo con una visione ben precisa; Vineland viene trattato esclusivamente come una traccia generale da seguire liberamente, tutto il resto è davvero opera di PTA che da vita a un universo realistico ma totalmente immaginato.
Ciò che colpisce in Una Battaglia Dopo l’Altra è la sua capacità di creare universi fantastici ma credibili, mondi paralleli abitati da personaggi incredibili, in primis, sopra tutti, Sensei, il Sergio St. Carlos di Benicio del Toro, davvero il personaggio che spicca sugli altri, ribelle e rivoluzionario a modo, che porta avanti la sua battaglia quotidiana, la sua ribellione personale e politica, senza però la rabbia che animava il French 75, un ribelle pacifico.
Ma anche il colonnello di Sean Penn, caricatura del militare integerrimo misogino, razzista e fascista, anche ridicolo in fondo nel suo modo di essere, o ancora le suore coltivatrici e consumatrici di marijuana alleate con i rivoluzionari e il ridicolo gruppo massonico I pionieri del Natale. Tutto in Una Battaglia Dopo l’Altra è al limite tra credibile e ridicolo, tra grottesco gratuito e ridicolizzazione delle radicalizzazioni, qualsiasi esse siano.
Si delinea un legame d’elezione tra Anderson e Pynchon, una sorta di lingua comune ai due autori che usano per dare vita a un universo comune in cui sviluppare le stesse riflessioni e ragionamenti. Ma in realtà PTA aveva già mostrato altrove, in altri film, la sua capacità di costruzione di un reale finzionale, un mondo parallelo che non esiste ma che intrattiene più di un punto in comune con la realtà a cui non possiamo che affezionarci in maniera totale, desiderando di passare ancora più tempo in quel mondo, di conoscere più luoghi e saperne di più dei vari personaggi.
Una Battaglia Dopo l’Altra è anche un’opera monumentale, coinvolge diversi generi mescolandoli tra loro sfuggendo a ogni possibile definizione. PTA si spinge in luoghi mai attraversati nella sua carriera, mettendosi in gioco in un genere, l’action, del tutto estraneo alla sua filmografia ma dimostrando di conoscerlo e stravolgerlo in maniera credibile, almeno all’interno del film. L’inseguimento (gli inseguimenti?) finali sono davvero qualcosa che ricorderemo per molto tempo. Degno supporto, immancabile presenza, è la colonna sonora di Jonny Greenwood che davvero non lascia mai stare i personaggi, onnipresente, incalzante e a tratti assillante è una delle componenti fondamentali del film.
Una Battaglia Dopo l’Altra è in tutto un’opera post moderna nel pieno senso della definizione, a cominciare dalla trama e dalle tematiche trattate, per finire con il modo in cui tutto viene messo in scena, lo scardinamento operato sui vari generi, la mescolanza, le moltissime citazioni e i rimandi, l’appropriarsi di storie, vere e inventate, per creare un’opera che in definitiva è totalmente originale.
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