Si è appena conclusa Dune: Prophecy, serie TV targata HBO e spin-off dell’universo cinematografico dei Dune di Denis Villeneuve. Niente deserto e vermi delle sabbie stavolta: Dune: Prophecy ci riporta molto più indietro, alla nascita del misterioso ordine delle Bene Gesserit, narrando di come esso abbia iniziato ad influenzare la politica dell’universo per i millenni a seguire.
Dal 18 novembre 2024 in streaming su Sky e NowTv.
Dune: Prophecy, o forse Game of Dune
10.000 anni prima degli eventi di Dune e Dune: Parte Due, prima di Paul Atreides, l’umanità è ancora scottata dal Jihad Butleriano, la guerra vinta contro le macchine che ha portato alla totale eliminazione dei computer (o macchine pensanti) e di tutte le tecnologie più avanzate. La Sorellanza delle Bene Gesserit esiste da appena un centinaio di anni: Dune: Prophecy segue due sorelle dell’ordine, Valya e Tula Harkonnen (Emily Watson e Olivia Williams), che lavorano per estendere l’influenza della Sorellanza a tutti i livelli dell’Imperium.
Imperium che, nel frattempo, sotto il regno di Javicco Corrino (Mark Strong), attraversa un momento di profonda instabilità, tra correnti ribelli interne e la comparsa di un misterioso soldato da Arrakis, Desmond Hart (Travis Fimmel), che sostiene di aver ricevuto poteri direttamente da Shai-Hulud, il sacro verme delle sabbie.
Inizialmente chiamata Dune: The Sisterhood, Dune: Prophecy è stata annunciata poco dopo il successo di Dune: Parte Uno e si ispira a Sisterhood of Dune, romanzo di Brian Herbert, figlio di Frank, il creatore della saga.
Dune è il titolo di punta della fantascienza attuale e parte del suo successo è dovuta anche all’enorme spettacolo visivo, dai vermi alle astronavi. Dune: Prophecy, al contrario, passa dal generale al particolare.
HBO sceglie di giocare in casa, distaccandosi dall’aura solenne che ammanta i due film di Villeneuve, in favore di un approccio molto più di Game of Thrones memoria: dalle vaste distese di sabbia si entra nelle sale del palazzo imperiale e negli stretti corridoi della Scuola Madre delle Bene Gesserit. Intrighi, complotti e sotterfugi s’intrecciano nei piani di personaggi moralmente grigi che agiscono negli interessi propri o di quello che ritengono essere il bene superiore. Dopotutto, lo stesso Paul Atreides, il protagonista maximo, è molto più un antieroe: i personaggi di Dune: Prophecy non fanno eccezione, Valya in primis.
Uno sguardo al vasto universo di Dune
Escluse brevi parentesi, i due film sono prettamente Arrakis-centrici. Del pianeta deserto, al contrario, non abbiamo che echi distanti e rapide occhiate: uno dei grandi meriti della serie, infatti, è quello di indagare più a fondo la mitologia dello sterminato universo nato dalla penna di Frank Herbert. Abbiamo così modo di approfondire il conflitto contro le macchine pensanti, che ha stroncato l’evoluzione tecnologica dell’umanità (ecco perché in 10.000 anni non vi sono sostanziali cambiamenti) e il ruolo centrale della spezia, che rimane il motore che muove il Sole e l’altre stelle, grazie alla sua capacità di potenziare a dismisura le capacità psichiche umane.
Ci si concentra di più su pianeti che avevamo visto brevemente, come Wallach IX, sede della Sorellanza, e Salusa Secundus, della Casa Imperiale, e altri inediti come Lankiveil. Il mondo artico natale di Casa Harkonnen richiama chiaramente le terre oltre la Barriera in Westeros; vengono anche esplorate le origini della millenaria faida con Casa Atreides – qui, però, si rischia di ricadere nell’errore di Star Wars: come fu per gli Skywalker, in un cosmo così vasto, sempre di Atreides e Harkonnen si finisce a parlare.
Dune: Prophecy introduce inoltre figure come i Danzatori del Volto, che torneranno nel terzo capitolo Dune: Messiah; viene approfondita la vita politica dell’Imperium attraverso il consiglio delle Grandi Case – il Landsraad – e soprattutto si segue il duro addestramento delle Bene Gesserit. Di loro si comprendono meglio le numerose capacità e le conosciamo prima che si disincarnino dietro ad un velo, come semplici accolite, giovani donne ambiziose, risolute o spaventate.
Infine, pur trattandosi di una serie più concentrata sul dialogo che sull’azione, quest’ultima è ben dosata, mentre gli effetti speciali restano di alto livello, da produzione cinematografica.
Dune: Prophecy, la Sorellanza prima di tutto
Dune: Prophecy è chiaramente una serie a trazione femminile, data la materia trattata, e il nucleo sono proprio le due sorelle, Valya e Tula, che conosciamo a 360 gradi, esplorandone anche il passato. Un plauso va al casting: le interpreti delle loro “versioni” giovani, Jessica Barden ed Emma Canning, sono eccezionalmente simili alle controparti del presente, grazie a due bravissime interpreti (è in particolare la Valya di Emily Watson a spiccare).
La sua Madre Superiora è glaciale ed implacabile, determinata a tutto in nome della Sorellanza, del cui piano genetico tesse i fili, ma soprattutto vuole ristabilire il prestigio di quella Casa Harkonnen caduta in disgrazia. Discorso diverso per il resto del cast: molto bene Olivia Williams e Mark Strong; altalenante Travis Fimmel (magnetico ma a tratti sopra le righe); rivedibili Chris Mason e Sarah-Sofie Boussnina, nei ruoli del Maestro di Spada Keiran Atreides e della Principessa Ynez Corrino.
Dune: Prophecy incappa in qualche passaggio a vuoto di scrittura, soprattutto nella parte centrale, e in alcuni punti pecca un po’ di mordente, ma riesce a tirare tutte le fila nel finale (nonostante sei episodi potessero sembrare pochi). Si conferma così un più che buon prodotto per espandere la storia di Dune, che ha tantissimo da raccontare anche al di fuori della timeline principale, in attesa di una seconda stagione già confermata, che parte da basi solide.
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