È il 2012, o forse il 2013, tra le tante serie disponibili su canali più o meno legali, ce ne è una il cui primo episodio si apre sul primo piano di questa ragazza a cena coi genitori, mangia in maniera scomposta e famelica e le viene comunicato, in maniera non del tutto inaspettata in verità, che non potrà più fare affidamento sui loro soldi, che se la deve cavare da sola; tra lo sgomento, la paura e la presunzione, quella che si scoprirà poi essere la protagonista, risponde che ha bisogno di quei soldi per poter diventare la voce della sua generazione, o almeno una voce di una generazione.
Era il primo approccio di molti di noi con Girls, serie andata in onda dal 2012 al 2017, scritta, diretta e interpretata da Lena Dunham che può essere considerata a tutti gli effetti la voce della sua generazione, o almeno Girls è stata la serie di una generazione.
In questi quasi 10 anni che ci separano dalla fine di Girls si è sentito parlare a vario modo, e in maniera più o meno sporadica, di Lena Dunham, più che per le cose create, per la sua persona, la sua vita sentimentale, le sue apparizioni e dichiarazioni; è stata definita nei modi più disparati che coprono l’ampio arco che va da genio a problematica. Ora è tornata, con una serie per Netflix, da lei scritta e diretta, Too much.
Di cosa parla Too much

Too much racconta la storia d’amore tra Jessica, interpretata da Megan Stalter, una trentenne che si trasferisce a Londra da New York per lavoro, dopo che la sua ultima storia seria è finita, e Felix, Will Sharpe, un musicista indie; è liberamente ispirata alla vita di Dunham, che ha 39 anni e vive a Londra dove è sposata col musicista Luis Felber, ma non solo.
Per stessa dichiarazione di Dunham molta influenza l’hanno avuta le grandi rom-com da lei stessa amate, da Notting Hill a Il diaro di Bridget Jones, prese a modello ma riviste dal suo punto di vista, con la sua scrittura arguta, cinica, dissacrante e divertente. Come Girls era debitore di serie tv come Sex and the city, ma sostanzialmente ne ribaltava il concetto di fondo, così anche Too much scardina i clichè a cui siamo abituate, è il modo tipico di operare di Dunham, prendere il suo immaginario di riferimento (che è anche il nostro) e distruggerlo citandolo continuamente, calando quei riferimenti e citazioni in un mondo che è fastidiosamente reale e veritiero seppur dichiaratamente inventato.
Too much non è Girls

Ovviamente Too much è molto di più della storia d’amore al centro del racconto, importante è la rappresentazione della condizione della protagonista, come delle persone che frequenta e che entrano a far parte della sua vita, tutti più o meno trentenni in continuo equilibrio precario tra storie d’amore, lavori incerti, famiglie disfunzionali. Too much è una miniserie da 10 episodi e ovviamente non c’è il tempo per approfondire ogni argomento messo sul piatto, così anche la condizione dei trentenni è sì un tema ma non centrale, non problematizzato in maniera compiuta, non centrale al fine del racconto.
In questo Too much si distingue in maniera sostanziale da Girls ed è, infatti, una serie con un intento completamente diverso. Girls è diventata una serie generazionale perché descriveva e rappresentava quella generazione sotto ogni punto di vista, da quello economico a quello sentimentale, passando per il rapporto con la famiglia, con gli amici, il futuro, il lavoro e la salute mentale, aveva anche il tempo e il respiro per farlo visto che è una serie di 6 stagioni per un totale di una sessantina di episodi.
Too much, invece, ricalca il modo tipico in cui vengono costruite le serie oggi, nascono tutte come miniserie autoconclusive ma al contempo devono avere un finale che lasci una possibilità di sviluppo futuro, così che se la serie funziona e ha successo si possa proseguire con altre stagioni con la medesima impostazione. È cambiato il modo di fruire le serie tv, è cambiato il nostro approccio, ma questo modo di realizzarle rende più difficile che queste possano davvero diventare un prodotto influente, generazionale, che cambia le regole della serialità così come è stato con serie come Twin Peaks, I Soprano, Mad Men, Lost e Girls, appunto.
Essere troppo

Nonostante questo, ci sono almeno due aspetti di Too much che vale la pena notare. Il primo è sicuramente la decisione di mettere al centro del racconto un personaggio come Jessica, una trentenne esuberante, emotiva, esagerata, ossessiva, too much, appunto. Ovvio che il titolo si riferisce a come viene percepita, in realtà come viene percepita ogni donna, che almeno una volta nella vita si è sentita dire di essere troppo qualcosa.
Questo sappiamo essere un tema caro a Dunham che più volte ha affrontato tematiche femministe e portato al centro la rappresentazione della donna e il suo ruolo nella società; certo ai tempi di Girls è stata anche molto attaccata per rappresentare quello che si può definire “femminismo bianco”, un tipo di femminismo escludente visto che incentrato su interessi e problemi solo di donne bianche. Una delle grandi problematicità di Girls era infatti la presenza esclusiva di persone bianche, irreale in una città come New York, una critica che era stata già mossa a programmi come Sex and the city e Friends.
Con Too much la situazione è cambiata ma al centro c’è sempre come una donna bianca viene percepita e come lei, invece, rivendica ciò che è. Jessica sotto alcuni aspetti ricorda Hannah Horvath, questo perché entrambe sono probabilmente ispirate a Dunham stessa, una donna che è stata per molto tempo al centro dell’attenzione ed è stata, appunto, molto critica per molte cose, in primis per il suo corpo e per la sua costante esposizione in Girls.
Come detto, la regista stessa ha dichiarato l’ispirazione dalla sua vicenda privata, quindi non stupisce la sovrapposizione tra lei e la protagonista, così come non era difficile immaginarla tra Dunham e Hannah, seppur con le debite distanze, ovvio che non era la trasposizione fedele della sua vita, ma c’era molto di lei e del suo sentito nel personaggio che interpretava.
Too much, una buona rom-com

Al di là di queste riflessioni e rimandi, l’intento principale di Dunham con Too Much sembra quello di realizzare una buona rom-com contemporanea, naturalmente a modo suo. I riferimenti interni alla serie sono i più disparati, come la passione di Jessica per le commedie romantiche inglesi, soprattutto quelle in costume, che ha visto e rivisto innumerevoli volte: da Notting Hill a Bridget Jones, passando per Ragione e sentimento con Alan Rickman. Di questi film vengono ripresi i trope e i cliché più tipici, calati però in un mondo contemporaneo, con protagonisti ben scritti e che funzionano davvero, pur con tutte le esagerazioni tipiche della regista a cui siamo abituati.
Dunham non inventa nulla di nuovo: tutto inizia con il più classico dei boy meets girl, ridicolo e improbabile, che avviene nel bagno di un pub inglese e culmina con un incendio provocato da Jessica; ovviamente, dopo il fuoco iniziale i due capiscono di essere agli antipodi, il tipico caso in cui gli opposti si attraggono, lei molto dedita al lavoro, lui un musicista indie senza soldi e senza casa, fin da subito i protagonisti devono, quindi, affrontare problemi non risolti o conflitti interni, rappresentati dalle innumerevoli red flag di Felix ma anche dall’ex fidanzato di Jessica, Zev (interpretato da Michael Zegen).
Col proseguimento della storia avviene parallelamente anche la crescita personale e la scoperta di sé: Jessica capisce di non essere sbagliata o “troppo”, come le hanno sempre rimproverato, mentre Felix fa i conti con il proprio passato e con la famiglia. Come da copione, dopo la metà degli episodi arriva la crisi e il momento di rottura, quando tutto sembra perduto, fino ad arrivare al classico lieto fine, con un gesto eclatante da parte di Felix e l’amore che trionfa su tutto, nonostante tutto.
A fare da corollario, ci sono personaggi secondari divertenti e a tratti un po’ macchiettistici, ambientazioni idealizzate e da sogno, dialoghi brillanti e ben scritti, e perfetti montaggi musicali (la colonna sonora è curata da Luis Felber). Inoltre, non mancano le apparizioni di star come Jessica Alba, Andrew Scott, Kit Harington, Rita Ora, Carlos O’Connell (membro dei Fontaines D.C.) e molti altri.
Too much è un buon ritorno per Lena Dunham, ma forse i fan di Girls si aspettavano qualcosa di più oltre che una buona, ma tutto sommato innocua commedia romantica.
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