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Immagine tratta da Joker: Folie a Deux, primo piano di Harley Quinn (Lady Gaga).

I film più divisivi del 2024, secondo noi

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20 minuti di lettura

Il 2024 è stato un anno cinematografico interessante da analizzare, caratterizzato da numerosi titoli che hanno polarizzato le opinioni di pubblico e critica. Un anno ricco di film divisivi, che troviamo in tante Top 10 così come in tante Flop 10. Politica, citazionismo, utopie – sequel anacronistici, opere teoretiche –, truffe e misteri. Film che infastidiscono o che esaltano, instant cult o “sopravvalutati”.

Con questa lista (titoli in ordine sparso) non intendiamo schierarci, ma parlare delle opere più dibattute dell’annata appena trascorsa, cercando di far luce sui motivi che hanno reso questi film i più divisivi del 2024. Perché il cinema è bello anche e soprattutto quando crea discussioni, quando attraverso sani confronti possiamo ampliare la nostra visione delle cose, senza ridurre il tutto a futili estremismi come “capolavoro” o “filmetto”.

Trovate le altre liste di NPC per la fine del 2024 qui.

The Substance

Immagine tratta da The Substance, uno dei film più divisivi del 2024: Elizabeth (Demi Moore) allo specchio mentre si toglie il rossetto.

Il genere horror sta attraversando una nuova giovinezza nell’ultimo decennio, grazie all’affermazione di autori come Robert Eggers, Ari Aster e Jordan Peele. Il 2024 non è stato da meno: solo per citarne alcuni, Longlegs, Maxxxine, Smile 2, A Quiet Place – Day One, mentre il 2025 si aprirà con l’attesissimo Nosferatu. In lizza per il titolo di horror dell’anno, però, c’è sicuramente The Substance, che si è imposto già a maggio tra i film più chiacchierati della 77esima edizione del Festival di Cannes, dove si è aggiudicato il Prix du Scénario. 

La prima opera in inglese della regista francese Coralie Fargeat, infatti, è una travolgente stoccata all’industria dello spettacolo mainstream e alla mercificazione del corpo femminile. Body horror di chiara ispirazione à la Cronenberg, grottesco, altamente citazionistico – da Shining a Il Ritratto di Dorian Gray – e sospinto dall’elettronica ed elettrizzante colonna sonora di Raffertie, The Substance affronta senza filtri temi come le dipendenze, l’ossessione moderna per l’apparenza e la giovinezza e l’accettazione (o non) dello scorrere del tempo. 

Seppur molto apprezzato dalla critica, The Substance è tra i film più divisivi per il pubblico, a causa dell’eccessivo citazionismo, delle immagini piuttosto forti (tra cui il molto discusso finale), e lo scadere, a tratti, nel didascalico. Nonostante ciò, un progetto del genere merita assolutamente una visione (in un’epoca in cui la lamentela costante riguarda la mancanza di prodotti originali), anche solo per le eccezionali interpretazioni delle protagoniste, le due facce della medaglia: Demi Moore e Margaret Qualley.  

Trap

Immagine tratta da Trap: Cooper (Josh Hartnett) e la figlia Riley (Ariel Donoghue) al concerto.

Dopo il Bussano alla Porta dello scorso anno, M. Night Shyamalan torna in agosto con un nuovo film horror, con cui consolida la tradizione di una carriera con tanti alti e altrettanti bassi. Questo Trap, tra i film più divisivi dell’anno, può essere considerato quasi una summa della sua filmografia: idee originali ed interessanti, rovinate però talvolta da un’esecuzione dimenticabile. Lo spunto di partenza, infatti, è più che accattivante: Cooper, amorevole padre di famiglia, accompagna sua figlia al concerto della popstar preferita, che si rivela ben presto essere una grande trappola per incastrare un efferato serial killer. Il Macellaio, però, com’è stato soprannominato, è proprio Cooper. 

Il problema di Trap non è tanto l’aver rivelato questo primo twist già nei trailer – la domanda del film passa da “Chi è il killer?” a “Riuscirà a fuggire?” – quanto il suo perdersi in forzature oggettivamente eccessive, anche con tutta la sospensione dell’incredulità possibile. L’uscire, ad un certo punto, dall’ambiente claustrofobico del concerto, è un’altra scelta infelice, seguendo personaggi che si comportano in maniera sempre più assurda.

Rimane quindi un po’ di rimpianto per quello che con una sceneggiatura più solida avrebbe potuto essere un thriller estremamente interessante, ma che si limita a un godibile popcorn movie, grazie anche all’ottima prova di un inedito Josh Hartnett nei panni di Cooper. Tra i film più divisivi dell’anno sia per il pubblico che per la critica, su cui spiccano però i Cahiers du Cinéma, che lo inseriscono inaspettatamente al nono posto nella loro consueta Top 10 annuale.

Megalopolis

Immagine tratta da Megalopolis. Ripreso dal basso, Cesar (Adam Driver).

Megalopolis è quel genere di film che, da una parte, non ci si aspetta che venga considerato negativamente, vista la firma di un regista iconico; dall’altra, invece, può capitare che le aspettative vengano deluse per una serie di fattori, rendendo, quindi, il film uno dei più divisivi di quest’anno. 

L’ultima fatica di Francis Ford Coppola presenta un montaggio molto dinamico, il quale, tuttavia, risulta parecchio farraginoso (come nella scena del trip psichedelico di Cesar) e sconclusionato, al punto tale che si avverte l’impressione di aver perso il filo logico della trama.

Un altro elemento che non ha convinto la critica è stata la visione d’insieme dell’ambiente del film, in quanto non davvero innovativo, come lo stesso Coppola ha paventato negli anni. Lodevole la metafora dell’antica Roma per rappresentare il declino della società, ma sono risultati divisivi gli elementi di futurismo eccessivo, che è un’idea propinata da molti film che si sono susseguiti da Blade Runner in poi.

Tuttavia, nella visione d’insieme del regista vi è la volontà di mettere in forma una serie di immagini che hanno sempre influenzato la sua poetica, innestandosi nel carattere di Cesar Catilina. Quest’ultimo provoca, egregiamente, una forte sensazione di crisi ai sensi dello spettatore, che si vede costretto a porsi delle domande circa la natura esistenziale dell’uomo, e dei suoi limiti.

Coppola firma un film spettacolare, auspicando per una nuova generazione di spettatori, quella figlia di Catilina e Julie, che sappia dove orientare lo sguardo. Solo così il suo cinema può continuare a farci sognare. Solo così Megalopolis può esistere.

Civil War

Immagine tratta da Civil War, in cui è raffigurata Lee (Kristen Dunst).

Non è un caso che un film come Civil War sia arrivato nell’anno di una delle elezioni presidenziali statunitensi più discusse di sempre, in un momento storico in cui il Paese è attraversato da profonde tensioni politiche, razziali e sociali. L’ultimo lavoro di Alex Garland incarna i timori del popolo americano, con tutti i suoi pregi e difetti, immortalati attraverso l’occhio di una macchina fotografica. 

È stata proprio la scelta del punto di vista il fulcro delle critiche e allo stesso tempo delle lodi a Civil War, anch’esso tra i film più divisivi del 2024. L’opera segue infatti una troupe di giornalisti in viaggio da New York a Washington DC, documentando gli Stati Uniti dilaniati dalla guerra civile, tra secessionisti e forze presidenziali. 

Al contrario di quanto ci si potesse aspettare dai trailer (accusati di aver pubblicizzato un film più d’azione di quanto fosse realmente), Garland non prende una posizione netta nel reale dibattito politico americano, concentrandosi invece nel descrivere gli eventi con lo sguardo distaccato di un vero reportage. Siamo già alle battute finali del conflitto, non ne conosciamo né le motivazioni, né le conseguenze, a malapena gli schieramenti coinvolti. 

Chi lo critica accusa l’assenza di un messaggio politico definito, il non schierarsi – forse ruffianamente – in un periodo così delicato per la società americana; chi lo ama, invece, apprezza proprio la prospettiva giornalistica, che riporta gli eventi dall’esterno, concentrandosi sulla descrizione di una guerra civile che ha sì vincitori, ma soprattutto vittime dello stesso popolo. Non vi resta che farvi la vostra idea riguardo a quello che resta un film di alto livello tecnico, dalla regia al sonoro e alle interpretazioni, soprattutto di una Cailee Spaeny in rampa di lancio.

MaXXXine

Immagine tratta da MaXXXine: primo piano di Maxine (Mia Goth).

Tra i film più divisivi dell’anno, troviamo il terzo e conclusivo capitolo della trilogia ideata da Ti West. Preceduto da X: A Sexy Horror Story e Pearl, entrambi del 2022, MaXXXine è un grande omaggio al cinema dell’orrore degli anni Ottanta, che scomoda anche Dario Argento e Mario Bava.

La corsa a Hollywood a tutti i costi di Maxine attraversa un 1985, a Los Angeles, ricostruito minuziosamente in toto, dalle musiche, ai costumi, alle luci patinate e brillanti. X e Pearl affrontavano temi come l’ossessione per la bellezza e la giovinezza, il ruolo della pornografia nella libertà sessuale e i pericoli della repressione di quest’ultima. MaXXXine, invece, attacca l’ipocrisia della società americana, cristiana e conservatrice, che cerca di mantenere la sua morale di facciata, mentre dall’altro lato è pronta ad inghiottire chiunque.  

Maxxxine risulta, però, meno efficace dei suoi predecessori quando si tratta del messaggio da trasmettere, in quanto si concentra spesso più sulla forma e sull’azione, distaccandosi così dalle atmosfere, più simili tra loro, di X e Pearl. Nessuno dei personaggi di contorno spicca particolarmente, lasciando la sensazione che avrebbero potuto essere usati diversamente (soprattutto considerati i nomi). 

In compenso, una scalata al successo prosegue spedita ed è quella di Mia Goth, stella assoluta dei tre film e ormai tra le regine dell’horror contemporaneo. Seppur, quindi, un mezzo passo indietro rispetto alla trilogia in sé, MaXXXine rimane un thriller-horror più che efficace, grazie all’interpretazione della sua protagonista e alla messa in scena operata da Ti West.

Kinds of Kindness

Immagine tratta da Kinds of Kindness: Emma Stone balla in un parcheggio.

Kinds of Kindness è tra i film più divisivi e polarizzanti di questa lista. Seconda fatica nello stesso anno per Yorgos Lanthimos -, arrivato appena sei mesi dopo il successo mondiale di Povere creature! -, Kinds of Kindness è difficile già da incasellare: è una commedia nera, è un dramma? 

I tre mediometraggi di un’ora ciascuno in cui è suddiviso il film rappresentano un ritorno alle radici della poetica del regista greco, con tutti i suoi pregi e difetti, pre-La Favorita e lontano dagli eccessi barocchi di Povere creature!.

Un cast in forma smagliante che vede volti nuovi e ritorni dall’ultima pellicola – spiccano un Jesse Plemons vincitore della Palma d’Oro a Cannes e una Emma Stone ormai musa di Lanthimos – si intreccia nei tre episodi con ruoli diversi (tranne uno, il filo conduttore, R.M.F.), attraversando situazioni surreali e grottesche. Si mostrano spaccati di vita della provincia americana, tra manipolazione, controllo e dinamiche di potere, offrendo spunti di riflessione e satira sociale sul comportamento umano e su quanto ci si possa spingere oltre per l’altrui compiacimento. 

Lanthimos torna quindi senza compromessi: chi lo ama probabilmente ritroverà lo Yorgos delle origini; chi invece non è grande fan del genere e/o vi ha preso familiarità con il più “pop” Povere creature! avrà difficoltà. La durata importante (tre ore), infatti, può pesare, soprattutto arrivati al terzo episodio, in cui bisogna ricominciare da capo un’altra storia. Inoltre, il film rischia spesso di ricadere nell’esercizio di stile, con una messa in scena asettica che può sembrare a tratti puro autocompiacimento

Qui, più che negli altri film divisivi di questa lista, si entra nel gusto personale: prendere o lasciare.

Joker: Folie à Deux

Immagine tratta da Joker: Folie a Deux. Harley Quinn (Lady Gaga) e Joker (Joaquin Phoenix).

Il pagliaccio che ha conquistato il lido di Venezia 5 anni fa è tornato alla ribalta con un duetto musicale. Ma le note erano tutte sbagliate: Joker: Folie à Deux, sempre diretto da Todd Phillips, è stato tra i film più divisivi del 2024, odiato soprattutto dagli amanti del primo Joker. Joker: Folie à Deux talvolta risulta, infatti, noioso e ridondante; Philips ritorna alla filmografia di Scorsese attingendo da prodotti come All that Jazz.

Il sequel in superficie si reinventa poco, ma il cuore della questione cambia radicalmente: Phillips non si accontenta di replicare la formula vincente del precedente capitolo, né di perpetuare l’idolatria avviata dai fan del primo film. Al contrario, il regista si confronta con il “mostro” che ha creato e lo demolisce, esponendolo nella sua fragilità e annichilendo l’immaginario collettivo che lo circonda. Joker torna ad essere un simbolo anarchico che sfugge a ogni tentativo di controllo. Allo stesso modo, Phillips si svincola dalle etichette che lo avevano ridotto prima a “il regista di Una notte da leoni” e poi a quello di Joker.

Parthenope

Immagine tratta da Parthenope, tra i film più divisivi del 2024: la protagonista, Parthenope, di profilo su un terrazzo che dà sul mare.

Paolo Sorrentino ci ha abituato negli anni alla sua poetica segnata dalla profonda lentezza con cui, in ogni film, mostra storie figlie del suo sguardo fatto di cinismo e critica. Tuttavia, se in È stata la mano di Dio è riuscito a donare allo spettatore un delicato senso di malinconia, tracciato dalla rappresentazione non tanto velata del proprio percorso autobiografico, con Parthenope, decisamente tra i suoi film più divisivi, spreca l’occasione di dare continuità alla propria visione.

Ma, forse, questo è l’elemento cardine del film, sciolto attraverso le emozioni della protagonista, una giovane ragazza piena di ambizioni e molto sensuale che cerca di trovare un fine, cercando di godere dei suoi anni senza rimpianti. Da una parte il regista napoletano riesce nell’intento di rappresentare la malinconica fuggevolezza della giovinezza, attraverso stereotipi e dialoghi da cui traspare una critica al tempo attuale; dall’altra, Napoli appare sempre più come un luogo idilliaco, dove vivono gli scheletri di un passato che, apparentemente, non è stato superato.

Furiosa

Immagine tratta da Furiosa. La protagonista Furiosa (Anya Taylor-Joy) e sullo sfondo altri personaggi.

In Furiosa, il regista George Miller torna a domandare: chi siamo noi, nell’immensità arancione del Wasteland? L’ex Thor Chris Hemsworth è adoperato perfettamente nel ruolo di Dementus: in una landa desolata popolata da mezze vite, il suo corpo è muscoloso e divino, ma dietro l’apparenza si cela uno stolto. Furiosa, bambina dalla pelle candida, sembra destinata a soccombere. Sarà indurita con l’esilio dal Luogo Verde, senza smettere mai di sognare un futuro migliore, volenterosa di crearlo.

George Miller continua a esplorare il mondo sterile e collassato della saga di Mad Max: nonostante qualche problemino, le scene d’azione sono mozzafiato, una prova incredibile per un regista di 79 anni. Furiosa sopravvive, lotta, entra nella leggenda, così come fa Max in Fury Road, ma lei è destinata a molto altro, una volta conquistata la cittadella. Alla fine, l’uomo muore o svanisce nelle dune; la donna eredita la Terra. E l’imperatrice governa nella Storia.

Un’entry atipica per questa lista, polemica se vogliamo. Furiosa non rientra propriamente tra i film divisivi, ma è stato tra i più grandi flop dell’anno al botteghino. Un vero peccato per un blockbuster costruito a regola d’arte, che vive nella solennità di una messa in scena che esiste per essere vista sul grande schermo.


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Classe 1997, appassionato di cinema di ogni genere e provenienza, autoriale, popolare e di ogni periodo storico. Sono del parere che nel cinema esista l'oggettività così come la soggettività, per cui scelgo sempre un approccio pacifico verso chi ha pareri diversi dai miei, e anzi, sono più interessato ad ascoltare un parere differente che uno affine al mio.

Classe 2000, marchigiano ma studio Comunicazione all'Università di Padova. Mi piacciono la pallacanestro, i cani e tanto tanto cinema. Oh, e casomai non ci rivedessimo, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!

Dalla prima cassetta di Spielberg che vidi a casa di nonna, capii che il cinema sarebbe stata una presenza costante nella mia vita.
Una sala in cui i sogni diventano realtà attraverso scie di luce e colori è magia pura, possibilmente da godere in compagnia.
"Il cinema è una macchina che genera empatia", a calarmi nei panni degli altri io passo le mie giornate.

Classe 2000, vivo a Milazzo e sono dottore magistrale in Scienze dello spettacolo. Ambisco a diventare giornalista specializzato in critica cinematografica. Ho anche una vita sociale quando non sono immerso nella visione di qualche film e/o nella lettura di libri.

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